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Quant’è brutta l’amnesia


5 Febbraio 2018 / Nando Piccari

Alla faccia della par condicio! Il modo in cui l’informazione locale sta trattando la candidatura di Mauro Ioli giustificherebbe l’arcinota protesta di Calimero. Ve lo ricordate il simpatico pulcino nero di Carosello, che ad ogni ennesimo torto subito se ne usciva con quel «è un’ingiustizia, peròoo»?

Fino a poche ore dal “pronti-via” si dava per scontato che in Emilia Romagna il centrodestra avrebbe presentato due capilista riminesi: per Fratelli d’Italia Gioenzo Renzi, giunto alla sua 59a “candidatura alla qualunque”, direbbero in Sicilia; per Noi con l’Italia (detta anche “la DC bonsai”) Mauro Ioli, perché «non ha resistito al richiamo dello scudo crociato». Se non che, all’ultimo minuto, a prendere il posto di Gioenzo è salita dalla Puglia tal Ylenia Lucaselli, già seguace di Emiliano e candidata PD alla Regione in sostegno a Vendola. Qualcuno ha parlato di “salto della quaglia” ma, al contrario, si è trattato di una scelta coerente, in quanto la ragazza deve aver pensato: “Anziché aiutare il centrodestra facendo campagna elettorale insieme a Vendola, mi sposto appena un pochino più a destra di Emiliano e così mi ritrovo direttamente fra le braccia della Meloni”.

Sia come sia, resta il fatto che a questo punto l’unica testa di serie è Ioli; il quale, nel nobile tentativo di portare i problemi di Rimini in Parlamento, ha meritoriamente sacrificato la carica di Consigliere Generale della Fondazione Carim, essendone scattata l’automatica decadenza.

Ma anziché valorizzare tale preziosa risorsa, gli organi di informazione riminesi che fanno? Prima si soffermano, con dovizia di particolari, sui candidati che tentano il ritorno a Roma, i cui nomi li conosciamo; poi passano a presentarci le new entries, fra le quali emergono la legaiola riccionese che rivendica il diritto di sparare in casa sua a chi le pare e l’esponente del “Popolo della Famiglia”, un pio movimento che si ispira al libro di Adinolfi «O capiamo o moriamo» (“l’hanno proprio capato nel mazzo”, avrebbe detto mia nonna). Solo alla fine due righe striminzite per far sapere che c’è anche Ioli, quasi che l’autore dell’articolo se ne fosse ricordato un attimo prima di chiudere il computer e alzarsi dalla sedia.

Non parliamo poi delle foto. Sui due quotidiani e sulle testate online campeggiano più di tutti un riflessivo Tiziano Arlotti che, iperattivo com’è, starà pensando: “Dai, fema prest sa tot stal foto!”; un ringiovanito Sergio Pizzolante, che da quando sta col centrosinistra sembra aver perso dieci anni; una smagliante Carla Franchini che, proprio a causa di quel suo radioso sorriso, per poco non veniva depennata dalla lista. Sì, perché il “non statuto del menga” della premiata ditta “Casaleggio & basta” prescrive che le grilline debbano esibire in pubblico la ghigna della Lombardi, la truculenza della Taverna (nomen omen) o l’aria perennemente malmostosa della deputatina riminese uscente. Ai grillini maschi è invece consentito sorridere, ma solo con la bocca, perché il resto del viso deve rimanenere in rassicurante sintonia con le tre tipologie più ricorrenti fra i “grillini doc”. Per questo, anche nel sorridere Di Maio mantiene lo sguardo da pesce lesso, Toninelli un’espressione incocalita, Di Battista le sembianze del bullo di periferia.

Ma oltre ad Arlotti, Pizzolante e Franchini, anche gli altri candidati locali si sono visti pubblicare qualche loro foto: tutti tranne Ioli! O meglio, per vederne finalmente una, a corredo di un intero articolo solo a lui dedicato, occorre andare su Rimini 2.0, dove però anche lì manca qualcosa, non di poco conto: un bel pezzo della sua biografia.

L’articolo si limita infatti a ricordare che Ioli nasce politicamente nella Democrazia Cristiana e che dopo la fine della “balena bianca” approda al Partito Popolare; ma omette di aggiungere “il dopo”. Ossia che quando Vichi impianterà poi a Rimini La Margherita, vorrà che Ioli ne sia il Segretario Provinciale; e sottace pure del suo successivo ingresso nel Partito Democratico, dove avrà modo di coltivare, senza fortuna, il sogno di diventare Presidente della Provincia, o quantomeno Sindaco della sua Santarcangelo.

Alcuni maliziosi attribuiranno tale omissione alla volontà di far dimenticare la sua convinta (almeno così pareva…) appartenenza al centrosinistra, proprio nel momento in cui egli si appresta a combatterlo elettoralmente. Altri, che invece sanno quanto Ioli aborra simili mezzucci, non dubiteranno che si sia in realtà trattato di una banale amnesia.

Del resto sembra che ultimamente l’amnesia stia diventando una vera e propria epidemia per Rimini 2.0, almeno a giudicare da altri due suoi articoli recenti. Uno di questi dà voce a Roberto Balzani, un forlivese con la tendenza a intromettersi in cose riminesi che per lo più fatica a capire, il quale nell’occasione si produce in una “marchettina” a favore di Chicchi e di LeU. Niente da eccepire, se non fosse che ha dimenticato in un sol colpo sia i polpettoni somministrati fino all’altro ieri in veste di super-renziano della primissima ora, sia le “robacce” che, da partecipante alle primarie per la candidatura a Presidente della Regione, aveva detto sull’eredità lasciata da Errani, oggi esponente di punta di LeU.

Ben più clamorosa è l’amnesia contenuta nell’intervista di Davide Brullo a Mario Guaraldi. Il tema è l’avvenuto restauro del Fulgor, che Guaraldi, ancora più spietato di quanto sia stato sul Carlino, demolisce con una requisitoria che ha come titolo sottinteso: “Ma che bisogno c’era di chiamare Ferretti? Non c’ero già io?”.

Forte della sua brillante prosa, Brullo introduce l’intervistato con un altisonante squillar di trombe: «Grattacielo di Rimini. 35 anni fa. Su quella specie di cementificato dito medio in faccia al progresso accade l’evento. Epocale. A una certa ora un raggio laser compone la scritta “Grazie Federico!”. Quella non è una scritta. Si tratta di spago chirurgico. Il segno visibile urbi et orbi che la ferita tra Rimini e il suo concittadino maximo, Federico Fellini, è sanata. Protagonista del progetto planetario, l’editore Mario Guaraldi», e via osannando.

Quando l’ho letto non potevo credere ad un autogol così clamoroso. Anzi di più: un autolesionismo allo stato puro, un auto-sputtanamento senza eguali. Non da parte di Brullo, sia chiaro, che 35 anni fa – beato lui – era forse ancora all’asilo e non ha dunque conosciuto il finale di quella “gloriosa storia”, di cui qualcuno gli ha evidentemente raccontato solo la prima parte.

Certo, tutta Italia seppe di “quell’evento planetario”, organizzato a porte chiuse dal “gotha della riminesità craxiana” di cui Guaraldi era illustre esponente. È vero, ci furono il raggio laser e il resto di una coreografia per la quale non si guardò a spese. Ma il tutto sarebbe rimasto nei limiti della “normalità” senza il grandioso finale mozzafiato: la consegna in pompa magna, a Federico e Giulietta, della chiave di una graziosa casetta sul porto, donata loro dai quei riminesi illustri!

Peccato che Fellini e consorte di quella casa abbiano ricevuto unicamete la chiave, perché i donatori…si scordarono poi di comprarla, provocando un altro evento epocale: la presa per i fondelli che ogni riminese dovette per anni subire andando in giro per l’Italia.

Post Scriptum

Certo che è ben sfortunato questo nuovo Fulgor: non solo non piace a Guaraldi e Chicchi, ma è stato addirittura costretto, venerdì scorso, a subire la maleodorante presenza di Salvini. Sarebbe un po’ come se uno che ci ha messo tanto ad agghindarsi a festa, si vedesse poi piovere una cacca di piccione sul vestito nuovo.

Nando Piccari