HomeCulturaNoi di Riccione, comunisti a modo nostro


Noi di Riccione, comunisti a modo nostro


7 Novembre 2016 / Paolo Zaghini

Daniele Montebelli – Ezio Venturi (a cura di) con la collaborazione di Rodolfo Francesconi
Viale don Minzoni 1. Il Partito Comunista Italiano. Riccione.
Casa del Popolo di Riccione – La Piazza.

La storia dei partiti politici italiani sembra non interessi più ad alcuno. I libri su questo tema si sono fatti assai rari. Questo vale a livello nazionale, ma ancor di più a livello locale. Per chi ha presente la bibliografia riminese si accorge subito che i libri dedicati ai partiti locali ed ai loro protagonisti sono veramente pochi: qualcosa sul PCI (di cui io in diverse occasioni mi sono occupato), qualche pubblicazione sul PSI grazie alla penna di Liliano Faenza, quasi nulla sulla DC tracce alcuni piccoli saggi di Francesco Succi, nulla del tutto su PRI, PDUP, PSDI, PLI, MSI. Ma va detto che queste poche pubblicazioni sono riminicentriche.

Dunque ancor più importante diventa questo volume riccionese, a cura di Daniele Montebelli ed Ezio Venturi, che raccoglie la testimonianza di quaranta uomini e donne di partito e di pubblici amministratori comunisti (ma non solo) nel periodo che va dall’immediata fine della guerra (nel 1944) al 1991, anno dello scioglimento del PCI al Congresso di Rimini.

Non un libro di storia e tanto meno un repertorio: non ci sono tabelle dei segretari, degli organismi dirigenti, dei congressi. Ma solo e semplicemente un montaggio cronologico delle tantissime testimonianze dei militati comunisti riccionesi rese ai curatori nell’arco di oltre un decennio.

I temi dei principali fatti politici, anche quelli più “bollenti”, sono trattati tutti (dal ruolo e dall’azione del Sindaco Gianni Quondamatteo negli anni 1944-1951 agli arresti dei pubblici amministratori e dei tecnici comunali del 1962, dal non sempre facile rapporto con la Federazione di Rimini agli anni dei cambiamenti profondi della città con il Sindaco Terzo Pierani: solo per citare alcuni avvenimenti legati alla politica riccionese del dopoguerra e all’azione dei comunisti).

Ma c’è soprattutto grande attenzione allo sviluppo del turismo: “i comunisti e i socialisti riccionesi individuarono, sin da subito, al contrario dei riminesi, lo sviluppo del turismo come scelta prioritaria e strategica”, sposando da subito le idee innovative del segretario provinciale comunista Mario Soldati, poi portate avanti dal suo successore Augusto Randi.

Protagonisti assoluti della vita del partito, Gualtiero e Mario Masi, entrambi per lunghi anni alla direzione del PCI riccionese. E poi ancora Tiziano Solfrini, Arnaldo Cesarini, Daniele Imola, Nicoletta Coccia.

Il corpo centrale del volume è però dedicato alla lunga vicenda del cambio del Sindaco Pierani, sviluppatasi fra la fine degli anni ’80 e il 1991. In particolare è la lunga intervista a Sergio Gambini, in quegli anni Segretario della Federazione Comunista Riminese, a ricostruire la tormentata vicenda che assunse in alcuni momenti dello scontro politico toni assai drammatici.

Sostiene Pierani nella sua testimonianza: “Nella seconda parte della mia esperienza da Sindaco, i rapporti con il partito diventarono più difficili … ho riconosciuto da tempo di aver commesso l’errore di non lasciare la carica da Sindaco per mia decisione”.

Gambini rimprovera a Pierani “un’impronta leaderistica”, una “grande abilità nell’usare la stampa e i mezzi di comunicazione”, “una certa spregiudicatezza nei rapporti con l’imprenditoria locale”, una “capacità di intessere rapporti politici in proprio”. “Infine un esasperato campanilismo. Se non ci fossero stati elementi di contrapposizione con Rimini lui i avrebbe ‘inventati’”. Pertanto “il leaderismo di Terzo Pierani finiva nei fatti per sottrarre ai partiti ed in particolare al PCI locale, un compito che legittimamente esercitava e che sentiva come costitutivo del suo ruolo e della sua identità”. “Per noi la ricerca di un nuovo rapporto con i cambiamenti della società locale faceva perno sul partito, per lui sulla sua persona attraverso contenuti che spesso non condividevamo”. Fu un momento durissimo della vita politica del partito riccionese, in cui vennero bruciate diverse esperienze personali. Ma da cui emerse un nuovo gruppo dirigente, politico e amministrativo, che resse le sorti della Città nel ventennio successivo.

Il libro ha dato la parola a tutti i protagonisti. Le testimonianze sono vivaci, frutto di un dibattito politico, interno ed esterno, nel corso dei decenni vero e dove comunque il bene e lo sviluppo della comunità riccionese era sempre al primo posto. Anche le testimonianze dei leader democristiani e socialisti attestano questo.

Sul retro di copertina l’editore scrive: “E’ quasi una magia che un paese di ortolani e piccoli pescatori diventi uno dei marchi turistici più blasonati d’Europa. Avviene questo miracolo economico attraverso il governo del Partito comunista italiano di Riccione. Al termine della lettura si potrebbe tranquillamente dire: ‘E’ noto che i riccionesi sono dei romagnoli, anzi delle persone, con una marcia in più’”. Ah, maledetta “riccionesità”.

Paolo Zaghini