In occasione dell’anniversario della nascita del proto-martire riminese del Risorgimento Giovanni Venerucci, 2 novembre 1808, l’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano – Comitato di Rimini, l’ANVRG (Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini) – Sezione di Rimini, l’Associazione dei Mazziniani Sammarinesi, l’Associazione culturale “Giovanni Venerucci” e la R.L. “Giovanni Venerucci n. 849 all’Oriente di Rimini” (Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani) promuovono una iniziativa pubblica che si terrà il prossimo mercoledì 2 novembre con i seguenti appuntamenti:
deposizione di omaggi floreali nei luoghi cittadini che commemorano il martire operaio della Repubblica e della Libertà:
alle ore 16 – tomba del Cimitero monumentale;
alle ore 18 – lapide dell’Arengo;
alle ore 19 – busto di Giovanni Venerucci (Via Giovanni Venerucci, ang. Via Fratelli Bandiera).
Giovanni Venerucci, fabbro ferraio nato a Rimini, giovanissimo prese parte ai moti di rivolta che ebbero inizio il 3 febbraio 1831 a Modena e che si propagarono nelle Romagne. A Rimini, ad un miglio dalla città, con la compagnia comandata da Ercole Buonadrata, anch’egli riminese, affrontarono le truppe austriache che allora occupavano queste terre, ma furono costretti a deporre le armi dopo l’improvvisa capitolazione di Ancona. Nel 1832 combatté contro le truppe del cardinale Albani attaccando a Cesena le soldataglie pontificie. Sottoposto a una rigorosa sorveglianza della polizia pontificia, perse il lavoro; nel 1837 emigrò, per sfuggire alle polizie, prima a Trieste poi a Corfù. In quella terra conobbe altri esiliati tra i quali i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera. Lì, con altri valorosi, progettarono l’eroica spedizione nella Calabria che ebbe inizio il 14 marzo1844, ma furono sorpresi e circondati dai soldati borbonici a San Giovanni in Fiore, vicino Cosenza, giudicati da un Tribunale di guerra e condannati a morte il 24 luglio 1844. Il giorno dopo, il 25 luglio, in località Vallone di Rovito in provincia di Cosenza, fiero e imperturbato, con l’intrepida serenità del martire, di fronte al plotone di esecuzione, dopo aver baciato ad uno ad uno i compagni, si rivolse ai soldati gridando loro: “Fratelli, tirate al petto e risparmiate la testa; poi gridate come noi: Viva l’Italia!”. Per l’irregolarità delle scariche, morì per ultimo, di nuovo gridando: “Viva l’Italia, viva la libertà, viva la patria”.
Al martire risorgimentale la città di Rimini dedicò una targa, posta sotto il municipale Palazzo dell’Arengo, che fu inaugurata il 28 ottobre 1900 dalla Federazione “Giuseppe Mazzini” con una partecipazione di quattromila persone. A seguito del terremoto del 1916 e del conseguente restauro del municipio, la lapide fu rimossa e portata in un magazzeno. Il ripristino avvenne il 29 luglio 1961 per iniziativa dell’Associazione Veterani e Reduci Garibaldini.
I resti di Giovanni Venerucci, dopo l’insurrezione del 1848, furono traslati nel Duomo di Cosenza. Solo nel 1937 il catafalco posto fino ad allora nella cattedrale cosentina fu trasportato per treno a Rimini e, su un affusto di cannone, accompagnato da oltre diecimila persone, trasferito nel Cimitero monumentale.
Il busto di Giovanni Venerucci, la cui cerimonia di scoprimento è avvenuta il 17 marzo 2016, in occasione della data che richiama la proclamazione del Regno d’Italia e che dal 2012 è per legge la “giornata nazionale dell’Unità, della Costituzione, dell’inno e della bandiera, è stato donato alla Città dall’Associazione “Giovanni Venerucci”.

Busto di Giovanni Venerucci
In copertina: Ritratto di Giovanni Venerucci disegnato prima dell’esecuzione da uno dei graziati della spedizione dei Bandiera, Giovanni Pacchioni (1819-1887), litografo e scultore, repubblicano e Libero Muratore
Foto di Emilio Salvatori