Questa mattina ho aperto il Corriere di Rimini e sono rimasto sconcertato dalla notizia che l’amico Bruno Tosi se ne era andato per sempre.
Ci eravamo sentiti una decina di giorni fa. Mi ero fermato al Bar sotto casa sua in viale Misurata, insieme e Maddalena, la mia compagna. Gli ho telefonato chiedendogli di poter salire per salutarlo. Mi rispose che era a letto e non stava bene. Gli promisi che sarei andato a trovarlo nei prossimi giorni. Qualche giorno dopo mi ha chiamato scusandosi perché non ci eravamo salutati. Si sentiva in colpa. Mi chiese di andare a trovarlo nei giorni seguenti perché Valeria, sua moglie, aveva piacere di salutare Maddalena. Quell’incontro non è avvenuto e oggi me ne dispiaccio tantissimo. Negli anni ’80 gli dissi che c’era un popolo di rifugiati, da anni, in uno dei posti più inospitali della terra a 2500 chilometri da Algeri nel deserto del Sahara. Era il popolo Saharawi che già da quei tempi era stato oggetto di interventi di solidarietà da parte di organizzazioni del volontariato riminese.
Bruno si buttò immediatamente a capofitto con numerosi atti ed iniziative di solidarietà. Da allora non ha mai smesso di occuparsi di questo popolo. Sono stato con lui nelle tendopoli Sharawi nel deserto dell’Hammada di Tinduf molte volte. Partecipammo anche all’ultima carovana che portava aiuti umanitari a quelle popolazioni. Era il 1990. Cento automezzi carichi di viveri, medicinali, materiale scolastico, abiti autoambulanze, autobotti piene di acqua, caricati su una nave che li sbarcò ad Algeri e da Algeri circa 120 persone portarono quei mezzi a Smara, la “capitale” nelle tendopoli Sharawi. Con Bruno condivisi per cinque notti una tenda insieme ad altri partecipanti alla carovana, prima di raggiungere le tendopoli.
Fu l’ultima carovana perché già da allora non si poteva scendere dagli automezzi nei villaggi che attraversavamo perché i fondamentalisti islamici avevano dichiarato guerra al governo algerino. Un paio di mesi fa Bruno pubblicò su Facebook la foto di me e di lui scattata in una delle numerose visite di solidarietà nelle tendopoli saharawi. Il gruppo di cooperanti che era con noi in quell’occasione aveva fatto ritorno in Italia. Noi due eravamo rimasti ancora per qualche giorno per mettere a punto alcune iniziative e che tornati poi in Italia avremmo realizzato. Con Bruno e con la Squadra di calcio della San Giuliano e Sanvis, “la squadra con la valigia”, come tutti ormai la chiamavano, perché aveva giocato su campi di calcio anche improbabili, in tutto il mondo, portando ogni volta testimonianze concrete di solidarietà agli ultimi di questa terra. Con loro sono stato in Brasile, Senegal, Mostar e Saraejvo.
Ogni volta ho toccato con mano l’entusiasmo, l’umanità e la passione di Bruno verso un’umanità spesso dimenticata. Ho conosciuto nella mia vita uomini e donne generosi. Bruno era uno di questi. Sicuramente di più. Ciao Bruno sta certo che ci saranno tanti esseri umani sparsi per il mondo e che tu hai incontrato e che non ti dimenticheranno mai.
Giorgio Giovagnoli