Secondo Cesare Clementini accadde il 27 settembre. Ma per Luigi Tonini, poi seguito dagli storici moderni la data è da correggere al 28 settembre 1228. Sia come sia, quel giorno, davanti al Consiglio del Comune di Rimini si presentarono Buonconte da Montefeltro, in rappresentanza anche del fratello Taddeo, e Rainerio di Carpegna, per giurare la cittadinanza riminese nella mani del podestà Guglielmo Amati. Il "cittadinatico" era un patto frequente in questo periodo del medio evo. In sostanza si trattava di un'alleanza militare alla pari, piuttosto che una sottomissione. Firmando il patto, il Comune riconosceva come i suoi cittadini (e di riguardo: boni homines) personaggi che non erano nati fra le sue mura e si impegnava a difenderli insieme ai loro beni. L'alleanza implicava anche quella con i rispettivi "amici" e quindi l'obbligo di non aggredirli; come per i rispettivi nemici c'era l'impegno a combatterli. In cambio, i nuovi cittadini avrebbero fatto lo stesso con il Comune. I Conti di Carpegna e di Montefeltro venivano esentati da tasse, dazi e collette riminesi e non erano obbligati ad abitare in città, se non in tempo di guerra e se richiesti dal Consiglio. Spesso queste alleanze erano mirate contro un avversario comune, che in questo caso era Urbino. E potevano avere delle clausole e delle
Instancabile conquistatore morì a Rimini all'età di 63 anni.
Il 25 settembre 1983 al teatro "Novelli" di Rimini viene proiettato in anteprima assoluta "E la nave va" di Federico Fellini, alla presenza dello stesso regista, di Giulietta Masina e di Tonino Guerra, co-autore della sceneggiatura. I testi delle opere liriche cantate nel film sono del poeta Andrea Zanzotto. Il personaggio della Principessa Lherimia è interpretato alla ballerina e coreografa tedesca Pina Bausch. Il semiologo Paolo Fabbri definirà quella proiezione "memorabile". La trama: nel 1914: il piroscafo "Gloria N." salpa dal molo n. 10 di un non meglio definito porto di Napoli con a bordo le ceneri della "divina" cantante lirica Edmea Tetua. Meta della crociera: l'isoletta di Erimo nel Mar Egeo, nelle cui acque - per ottemperare alle ultime volontà del soprano - le ceneri dovranno essere sparse. A bordo della nave, celebrità varie, nobili e amici della defunta artista, descritti con un'ironia comprensiva e impietosa al tempo stesso dal giornalista Orlando, a bordo per redigere una cronaca dell'evento. A bordo è presente persino un rinoceronte, ammalato di tristezza d'amore, che saltuariamente viene visitato dai passeggeri. Il corso della Storia irrompe però con forza: a Sarajevo il granduca Ferdinando è ucciso e scoppia la Prima guerra mondiale; contemporaneamente, il comandante della nave si trova costretto a
Nato a Rimini il 24 settembre 1967, Igor Protti è più precisamente di S. Ermete, nel territorio di Santarcangelo. Igor debutta a soli 16 anni in Serie C1 nel Rimini, il 27 maggio 1984. Non ancora diciottenne passa al Livorno, dove resta tre stagioni. Dopo una breve parentesi in prestito alla Virescit Bergamo viene acquistato dal Messina, con il quale esordisce in Serie B, segnando 31 gol in tre anni. Nel 1992 passa al Bari: dopo due stagioni fra i cadetti, è promosso con i pugliesi in Serie A. Nella stagione 1994-1995 appare per la prima volta fra i marcatori di Serie A con una doppietta ai danni del Genoa. Nel corso della stagione successiva raggiunge 24 gol che gli valgono, assieme a Giuseppe Signori, il titolo di capocannoniere di Serie A; segna anche doppiette contro l'Inter, l'Atalanta e la Cremonese. Tuttavia i suoi gol non bastano a salvare il Bari (mai nella storia del campionato italiano di Serie A un capocannoniere era appartenuto a una squadra retrocessa), che sarà costretto a cedere proprio alla Lazio il calciatore per 7 miliardi di lire, dopo essere sfumato un contratto con l'Inter. Con i biancocelesti segna 7 gol, poi passa al Napoli; nel 1998 torna alla Lazio
Il 23 settembre 1845 Luigi Carlo Farini (nell'immagine in apertura) pubblica quello che passerà alla storia come "Il Manifesto di Rimini". E' un lungo documento che ricostruisce la grave situazione della Romagna durante gli ultimi anni di governo della Chiesa ed è rivolto al pontefice, ai sovrani e ministri di Austria, Francia, Inghilterra, Rucssia e Prussia, oltre che a tutti gli italiani. Il Manifesto di Rimini si conclude con queste 12 richieste a Papa Gregorio XVI: 1° - Che conceda piena e generale amnistia a tutti i condannati politici dall'anno 1821 a questo giorno. 2° - Che ci dia codici civili e criminali modellati su quelli degli altri popoli civili d'Europa, i quali consacrano la pubblicità dei dibattimenti, la istituzione dei giurati, l'abolizione della confisca e quella della pena di morte per le colpe di lesa maestà. 3° - Che il tribunale del Santo Officio non eserciti nessuna autorità sui laici, né su questi abbiano giurisdizione i tribunali ecclesiastici. 4° - Che le cause politiche siano quindi d'ora innanzi condotte e punite dai tribunali ordinari giudicanti colle regole comuni. 5° - Che i consigli municipali siano eletti liberamente dai cittadini ed approvati dal sovrano; che questi elegga i consigli provinciali fra
Il re di Napoli Roberto d'Angiò detto "il saggio" in teoria avrebbe dovuto essere il leader assoluto della Parte Guelfa in Italia. Nipote di quel Carlo I che aveva abbattuto la potenza della casa sveva degli Hohenstaufen, umiliato l'impero e disperso i Ghibellini, lui stesso si era opposto agli Aragonesi, agli ultimi sussulti ghibellini a seguito delle calate in Italia degli imperatori Arrigo VII e Ludovico il Bavaro. E invece l'Angioino aveva convocato a Genova sia Guelfi che Ghibellini per spiegare a tutti che ormai queste etichette non avevano più senso. L'impero era fuori dai giochi, era evidente per tutti. E il Papa se ne stava ad Avignone. E allora, che l'Italia si governasse da se. O meglio: ciascuna potenza grande o piccola, guelfa o ghibellina, poteva benissimo cavarsela senza dover nulla nè a un pontefice francese nè a un imperatore tedesco. Se poi c'erano questioni da regolare, nella peggiore delle ipotesi ci poteva anche scappare una guerricciola. Ma intanto era interesse di tutti liberarsi di chi arrivava da fuori solo per drenare ricchezze non sue. [caption id="attachment_472338" align="aligncenter" width="800"] L'Italia si inchina a Roberto d'Angiò (Miniatura attribuita a Convenevole da Prato - British Library, Londra)[/caption] In quel momento, per essere più
Chi ha inventato la pasta alla carbonara? Sono in parecchi, e in diverse zone d'Italia, ad attribuirsene il merito. L'unica cosa certa è che nacque durante la seconda guerra mondiale in quei territori appena liberati dagli Alleati dove (finalmente) si potevano trovare gli ingredienti principali: a iniziare dal bacon, in dotazione a tutte le truppe anglo-americane. I più ritengono che la carbonara abbia avuto origine fra Lazio e Abruzzo, se non altro per lo straordinario successo che il piatto ha riscosso in Italia centrale. Ma lo chef bolognese Renato Gualandi ha sempre contestato queste tesi. Fu lui, sostiene, ad aver per primo preparato la ricetta e per un'occasione molto speciale: un pranzo con i comandanti supremi dell'Ottava Armata, che si tenne a Riccione il 22 settembre 1944. Gualandi ci ha lasciati nel giugno 2016, dopo una carriera che portò il gastronomo Luigi Carnacina a definirlo “uno dei più valenti chef europei". Aveva servito personaggi come Charles De Gaulle, la regina d’Olanda, Palmiro Togliatti, Enrico Mattei ed Enzo Ferrari. «Non è una ricetta romana», aveva ripetuto Gualandi fino alla fine, anche in occasione della festa per i suoi 95 anni tenutasi a Brescia in marzo. Gualandi era un giovane aiuto cuoco, quello che doveva pulire pentole e tegami. Arruolato allo scoppio della guerra, l’armistizio
Scrive Nevio Matteini: «Alle ore 11 di un giovedì, con la pioggia e il vento sferzante, la prima pattuglia dell'esercito alleato, quella greca del 2° battaglione della III brigata di montagna, entra a Rimini e avanza verso le Celle, mentre i tedeschi approfittando della pioggia si ritirano oltre il Marecchia in piena. A guidarli è il segretario del Cn riminese Gomberto Bordoni. Alle 19,15 sventolano sul Comune le bandiere greche e canadese. Attraverso un'altra parte della città infatti erano entrati i neozelandesi, e più tardi i canadesi. A mezzogiorno la fanteria canadese era già al di là dl Marecchia». [caption id="attachment_58048" align="aligncenter" width="1238"] La chiesa della Colonnella[/caption] E il capo partigiano Decio Mercanti: «La città appariva completamente abbandonata dai propri abitanti. Dalla parte di Santarcangelo arrivavano ancora su Rimini frequenti le cannonate dei tedeschi. Nella città circolavano soltanto gli inglesi e i greci». [caption id="attachment_58046" align="aligncenter" width="1247"] Porta Montanara[/caption] Così invece gli stessi fatti sono riportati dai tedeschi nel bollettino interno della Wehrmacht (dai documenti raccolti da Amedeo Montemaggi): «In seguito al ripiegamento dell'ala sinistra del LXXVI Corpo Carristi dietro il Marecchia, la 10° Armata ha interrotto la battaglia intorno a Rimini, prima che venissero distrutte anche le ultime forze. Le truppe hanno avuto qualche ora di riposo perché il
Fu detto "riminese" o perfino "di Ravenna". Divenne uno degli "eroi di Porta Pia", ovvero uno dei caduti dell'esercito italiano nella "battaglia" del 20 settembre 1870 che pose fine al millenario potere temporale dei Papi e fece di Roma la capitale d'Italia. In realtà Andrea Alarico Ripa era nato a Verucchio il 5 settembre 1841. Quasi un destino nel nome impostogli dal padre Luigi Ripa: Alarico come il re dei Goti che più di 1400 anni prima (il 24 agosto 410 per l'esattezza) aveva conquistato e saccheggiato la Città Eterna; a sua volta otto secoli dopo (18 luglio 390, o 388 a.C) il sacco di Roma dei Galli di Brenno, anche loro partiti da queste parti. [caption id="attachment_226328" align="aligncenter" width="795"] Andrea Alarico Ripa[/caption] La madre di Andrea Alarico era Virginia Ugolini e i padrini erano stati Enrico Serpieri e Luigi Carlo Farini, entrambi fieri liberali. Serpieri, che aveva combattuto alla battaglia delle Celle del 25 marzo 1831, più volte incarcerato anche nella fortezza di San Leo, era stato deputato della Repubblica Romana nel 1849 e poi eletto dai riminesi nel parlamento del Regno d'Italia nel 1865, schierato con la Sinistra. Farini, che era di Lugo, era stato medico condotto a Montescudo e sempre
Il 19 settembre 1971 si apre la prima edizione degli "Incontri internazionali" organizzati dal Centro "Pio Manzù" diretto dal ferrarese Gerardo Filiberto Dasi. Tra i coordinatori ci sono Sergio Zavoli e Silvio Ceccato, filosofo e linguista. La prima edizione degli "Incontri" si chiude il 26 settembre. Il Centro "Pio Manzù", con sede a Verucchio era stato fondato nel 1969 e intitolato al giovane designer scomparso a soli 30 anni, figlio dello scultore Giacomo, che aveva fra l'altro creato la linea della Fiat 127. Il Centro era riconosciuto quale "organismo in status consultivo generale con le Nazioni Unite". Negli anni Sessanta e Settanta, Dasi intrattenne un’intensa attività di promozione culturale e artistica. Entrò in contatto con critici e artisti, fra cui Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Leo Castelli e Ileana Sonnabend. Con questi personaggi fondò Biennali d’arte a San Marino e altre rassegne citate in seguito nei saggi di storia dell’arte. Per 44 anni, il Centro "Pio Manzù" portò a Rimini un incredibile parterre di potenti del mondo e vip, tra cui Lady Diana, Mikhail Gorbaciov, George Bush sr, Rania regina di Giordania, Henry Kissinger, il cancelliere tedesco Helmut Schmidt, Javier Perez de Cuellar segretario generale dell'ONU, Graça Machel Mandela moglie di Nelson Mandela, Giorgio Napolitano,
E' ormai morto il papa gran nemico di Dante, ovvero dei Ghibellini e della Parte Bianca. A Bonifacio VIII posto dal Sommo Poeta anzitempo nell'Inferno già quando ivi lo sognò l'8 aprile 1300 ed effettivamente giuntovi, sempre secondo Lui, l'11 ottobre 1303, gli era succeduto per breve tempo il mite Benedetto XI. Forse passato a miglior vita per un'indigestione di fichi, viene il turno del ben più incisivo Clemente V, che porta il papato ad Avignone e fa finta di subire la soppressione dei Templari da parte del re, francese come lui, Filippo IV "il bello". [caption id="attachment_284152" align="alignleft" width="873"] Busto di Filippo IV re di Francia in Saint Denis di Parigi[/caption] Tipi opposti, ma obiettivi identici: basta con le guerre fra fazioni. E non solo fra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri, ma perfino con gli aborriti Ghibellini. Quindi, come riferisce Luigi Tonini ("Rimini nella signoria de' Malatesti - parte prima" 1880) "a comporre le cose d'Italia Papa Clemente fin dal 1306 vi avea mandato in qualità di Legato il Card. Napoleone Orsini, di profession ghibellino, il quale era giudicato capace a riconciliar questi popoli". [caption id="attachment_284153" align="aligncenter" width="400"] Cavalleria fiorentina di Parte Guelfa[/caption] Purtroppo "niuna cosa gli avvenne di condurre a fine, nè
Scrive Carlo Tonini che i Riminesi ebbero grande «letizia per sì fatta cosa». Papa Paolo V, purtroppo, non aveva loro concesso l'esenzione dall'ennesima tassa "straordinaria", questa volta denominata «degli Utensili pei soldati Corsi», che però tanto straordinaria non era, se perdurava fin dal predecessore Clemente VIII, morto ormai da 12 anni. In compenso dal nuovo pontefice, eletto nella primavera del 1605 «ottennero per altro in quella vece la restituzione della terra di Coriano; e ciò per breve del 17 settembre 1605». [caption id="attachment_57481" align="aligncenter" width="665"] Il castello di Coriano[/caption] A questa gioia «se ne aggiunse altra ben maggiore in occasione che fu eletto Arcivescovo di Nazaret, e insieme insignito della sacra Porpora, il concittadino Michelangelo Tonti». Un cardinale riminese valeva ben più che il recupero di un castello e certamente nell'erigere la magnifica statua a Paolo V nella piazza della Fontana i cittadini ringraziavano più per questo che per Coriano. Fra l'altro, il prelato riminese da allora venne detto il Cardinal Nazareno. E il Collegio Nazareno sarà il suo lascito a Roma, il palazzo che nell'omonima via della capitale ospita la sede nazionale del Partito Democratico. Tornando a Coriano, per Rimini era da sempre il giardino di casa. E un gran bel giardino. Mentre i Corianesi ormai da troppo tempo erano separati dalla città