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Scusate tanto se ancora porto la mascherina


19 Giugno 2021 / Lia Celi

Prima di beccarmi degli improperi perché prima mi lamento delle mascherine e poi mi lamento perché si avvicina il momento di archiviarle: io non mi sono mai lamentata delle mascherine. Come tutti, all’inizio le ho adottate per necessità e per obbligo di legge, e poi ne ho scoperto i lati positivi. Chiamatela sindrome di Stoccolma, ma ho finito per affezionarmi alla piccola carceriera di stoffa che mi porto in faccia da un anno e mezzo, e ora che le restrizioni si stanno allentando e si potrebbe girare almeno per strada a viso nudo o con la mascherina a mezz’asta, tirata sul mento, un po’ mi dispiace. 

E vi dirò che non sono la sola. Molti di quelli che a parole inneggiano alla ritrovata «libertà di respiro» sotto sotto avranno dei rimpianti per gli imprevisti «pro» di un presidio che all’inizio odiavano. Uno dei primi, per noi signore: ci ha consentito di ridurre al minimo il tempo e l’impegno per il makeup. Un po’ di mascara e via, niente più fondotinta, fard, cipria e e rossetto, con un bel taglio anche alle spese cosmetiche. In pratica basta lavarsi la faccia.

Oltretutto, la mascherina ha protetto la zona dagli zigomi in giù dal temuto photo-aging e dalle sue nefaste conseguenze, rugosità e macchie e, a conti fatti, ci ha tolto un anno di invecchiamento cutaneo, senza bisogno di punturine e trattamenti estetici, rendendo inutile anche il botox perché cedimenti e rilassamenti venivano strategicamente occultati.

Per me, che vado in bicicletta, tenere naso e bocca coperti durante l’inverno ha significato meno raffreddori e pizzicori, oltre a respirare meno polveri sottili quando pedalavo nel traffico. Ci sono altri vantaggi, di carattere più socio-psicologico. Ad esempio: nascondere la bocca permetteva di canticchiare per strada senza attirare sguardi perplessi o sconcertati, di fare boccacce di nascosto e, in genere di parlare fra sé, cosa che non farebbero solo i matti, se si potesse farlo senza sembrare matti.

Si poteva fingere di non riconoscere chi si vuole evitare, o non essere riconosciuti da persone sgradite, o addirittura circolare in un quasi-incognito, come i nobili veneziani durante il Carnevale. Nel caso peggiore, c’era l’alibi perfetto: «non ti avevo visto, scusa, cosa vuoi, con la mascherina…» E chi potrebbe dire che siamo veramente noi, quando metà della faccia è dietro un pezzo di stoffa? Facile negare di essere mai stati in un certo posto, e sostenere di essere stati confusi con qualcun altro, in fondo le mascherine sono tutte uguali. A meno che non siano diverse – e qui c’è un’altro aspetto simpatico delle mascherine, e cioè che hanno dato vita a una miriade di modelli e fantasie, originali e colorate, spiritose o no, ma in genere più delle facce che stanno sotto.

Certo, nessuna legge vieta o ha mai vietato di girare con una mascherina igienica, nemmeno prima della pandemia, ma ora l’umore pubblico sta rapidamente cambiando, e se fino a un paio di settimane fa veniva guardato male chi girava spavaldamente a viso coperto o lasciava fuori il naso, ora sono i mascherati ad attirare occhiate di rimprovero: ecco i chiusuristi, i menagramo, i covidioti inguaribili, gli ipocondriaci, i fan di Speranza che respingono la speranza, i vaccinati che non sono sicuri al cento per cento che i vaccini funzionino davvero. Per evitare brutte figure, in questo periodo di interregno porterò la mascherina abbassata sulle mascelle. Scoprirò la faccia, ma almeno così almeno nasconderò il doppio mento.

Lia Celi