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I tempi di percorrenza tra Bologna e Rimini dei Regionali Veloci sono peggiori dei Diretti di trent'anni fa


Servizio ferroviario regionale: chi decide è mai salito su un treno?


3 Settembre 2024 / Roberto Renzi

Nello scorso mese di febbraio i sindaci di Santarcangelo, Savignano e Gambettola, spalleggiati da quelli di Verucchio e dei comuni dell’Unione Rubicone Mare, hanno indirizzato alle ferrovie una petizione per richiedere “alcune fermate necessarie per integrare fasce orarie della giornata che risultano prive” del servizio ferroviario regionale.

A prescindere dal dettaglio che la programmazione e il finanziamento di tale servizio sono in carico alla Regione (Trenitalia-Tper è l’impresa ferroviaria affidataria), ciò che viene denunciato è che in Romagna le stazioni “minori” sono ancora considerate come se fossero frequentate dai soli pendolari nelle ore di punta: in particolare durante la mattinata (dalle 8 alle 13 circa) queste stazioni sono saltate dalla quasi totalità dei convogli circolanti. Di qui la protesta, che si riferisce anche alla fascia serale, nella quale peraltro il “coprifuoco” riguarda anche le stazioni maggiori: l’ultimo treno da Rimini per Bologna parte infatti alle 22.

La stazione di Santarcangelo con un “Pop” in sosta sul primo binario.

La vicenda è emblematica. Negli articoli sul tema del trasporto pubblico locale pubblicati da Chiamamicittà.it  nel mese di agosto ho evidenziato come questo servizio sia fondamentalmente disprezzato dagli stessi decisori (ricordate la domanda di Massimo Giannini: siete mai saliti su un autobus?). Sui treni, anche quelli locali, siamo in presenza di una platea molto più ampia di utilizzatori ma qualche pregiudizio rimane, sopratutto nei piccoli centri che per forza di cose non sono toccati dai servizi a lunga percorrenza e nemmeno dai “Regionali veloci” (che, come vedremo, non sono poi così veloci…). In queste circostanze è difficile utilizzare il treno per spostamenti che non siano quelli obbligati dai tradizionali orari di studio o lavoro.

Il problema della Romagna è che la rete di servizi prevista dal Piano dei trasporti regionale (PRIT) con la finalità di avere treni frequenti e cadenzati su tutte le linee è stata realizzata solo in parte, diciamo al 60-70%, e a farne le spese sono soprattutto le stazioni “minori” della Romagna.

Per essere onesti, nemmeno il nodo di Bologna, sul quale la Regione ha investito ultimamente la maggior parte delle risorse destinate al trasporto pubblico su ferro, è ancora al top dei servizi pianificati, specialmente quelli di tipo “metropolitano”. Ma il divario con la Romagna è sensibile e va molto al di là della diversa intensità della domanda di trasporto che esiste tra un’area metropolitana e un territorio policentrico e comunque fortemente urbanizzato.

L’ossatura del servizio ferroviario regionale sono i treni Regionali veloci (Rv) che con cadenza di uno ogni ora percorrono tutta la spina dorsale della regione da Piacenza a Rimini. Molti, ma non tutti, proseguono su Pesaro e Ancona e pertanto la tratta Rimini–Cattolica è peggio servita dello “stradale via Emilia”.

Il materiale rotabile regionale ha un’età media molto bassa ed è in grado di assicurare prestazioni di tutto riguardo sia come velocità massima (160 km/h) che come accelerazione. Ma sulla linea Adriatica i treni regionali devono convivere con le “Frecce”, per cui le tracce orarie dei Regionali veloci sono rallentate per consentire il “sorpasso” da parte dei treni ad alta velocità, sorpasso che avviene regolarmente nella tratta Bologna–Rimini in entrambi i sensi di marcia. Il risultato è che la velocità commerciale dei treni Rv risulta piuttosto bassa e inferiore a quella che gli stessi treni, allora chiamati “diretti”, avevano più di trenta anni fa.

Gli allungamenti di percorrenza per recuperare i ritardi sono furbamente collocati in prossimità delle stazioni principali, dove vengono registrati i ritardi che possono essere oggetto di penali all’impresa ferroviaria previste dal contratto di servizio stipulato con la Regione: un treno che parte da Cesena con qualche minuto di ritardo arriva quasi sempre a Rimini in orario, se non addirittura in anticipo.

Tre elettrotreni a due piani “Rock” di Trenitalia-Tper in stazione a Rimini

Tutto questo spiega l’ora e mezza programmata per percorrere la tratta Bologna–Rimini, quando le prestazioni degli elettrotreni “Rock” e “Pop” che svolgono questo servizio consentirebbero dieci-quindici minuti di percorrenza in meno con lo stesso numero di fermate (sette).

Volete la prova? L’ultimo treno della sera per Rimini parte da Bologna al minuto 34 (22.34) come tutti gli altri Rv, ma non dovendo dare alcuna precedenza lungo la strada a treni della categoria superiore arriva a Rimini al minuto 51 dell’ora seguente (23.51) invece che al successivo minuto 3 (0.03), come sarebbe normale durante la giornata.

Ecco uno dei motivi, non l’unico, per cui sarebbero necessari quattro binari tra Bologna e Castelbolognese. Si ritiene che i due binari aggiunti – che forse avremo nel 2031 –  costituiranno la parte iniziale di una linea Adriatica ad alta velocità/alta capacità: non resta che dire “chi vivrà vedrà…”! Per il momento, a soffrire di mancanza di capacità è il nodo di Bologna, che comprende appunto la tratta fino a Castelbolognese (i motivi li ho spiegati nel precedente articolo).

Occorre evidenziare come un miglioramento del servizio ferroviario nell’area romagnola (data l’infrastruttura attuale) non appesantirebbe il nodo bolognese. Infatti i collegamenti mancanti per completare la “maglia” delle frequenze previste dal PRIT riguardano le relazioni Imola–Rimini e Ravenna–Rimini, nonchè la tratta Rimini–Pesaro.

Altra questione piuttosto sconfortante sono le mancate corrispondenze tra le tre direttrici che fanno capo a Rimini: impossibile utilizzare il treno per spostamenti rapidi da Santarcangelo a Cattolica o da Bellaria a Riccione, tanto per rimanere nell’ambito della nostra provincia.

La mancanza di coincidenze sistematiche è un male che affligge molte stazioni, tra cui perfino Bologna Centrale: il contrario di quanto avviene in tanti altri Paesi, dove tutti i nodi sono organizzati in modo che si possa facilmente passare da un treno a un altro (e perfino da un treno a un autobus). Non a caso, è quello che succede anche in Alto Adige che, almeno per queste cose, davvero ist nicht Italien.

Infine qualche considerazione sulla linea Ravenna–Rimini:

  1. Dal dicembre 2018 il servizio è organizzato con treni a cadenza oraria che collegano Bologna con Rimini passando per Ravenna per i quali si è anche escogitata la denominazione “Romagna Line”. Ottima scelta, che ha sviluppato il traffico dai centri della Riviera al capoluogo regionale e viceversa, ma putroppo in orario rimane (salvo che nei giorni festivi e in agosto) l’intervallo di tre ore circa nella fascia oraria del mattino. Un treno che passa ogni ora non è ancora un servizio di tipo “metropolitano” (meglio sarebbe chiamarlo “suburbano”) ma nella fattispecie sarebbe già un buon servizio locale se solo venisse erogato senza anacronistiche interruzioni: ricordiamo in proposito che, a parte la tratta Rimini–Bellaria, praticamente non esiste alcuna linea extraurbana di autobus parallela alla ferrovia e pertanto il treno è una scelta obbligata per raggiungere da Rimini con i mezzi pubblici sia Ravenna che Gatteo a Mare, Cesenatico e Cervia.
  2. Delle perturbazioni alla circolazione dei treni, derivanti soprattutto dalla rarefazione dei punti d’incrocio, abbiamo già parlato; aggiungo che non servono a molto le tracce orarie vistosamente allungate, soprattutto tra Cesenatico e Rimini;
  3. Un Protocollo d’intesa siglato nel 2020 dalla Regione Emilia-Romagna, dal Ministero delle infrastrutture e da Rete Ferroviaria Italiana SpA (Gruppo FS) prevede che si attuino su questa linea interventi infrastrutturali per conseguire l’obiettivo di avere un treno ogni mezz’ora. Purtroppo l’intervento più complesso è l’eliminazione dei passaggi a livello, necessario non tanto per avere più treni (qualche intervallo di mezz’ora esiste anche oggi!), quanto per aumentare la sicurezza e impedire il collasso della circolazione stradale, perché i tempi di chiusura diventerebbero intollerabili. Affermare che ci vorranno vent’anni a eliminare tutti gli attraversamenti a raso esistenti vuol dire essere ottimisti: molte situazioni sono di difficile soluzione e si capisce perché certi comuni vorrebbero togliere addirittura il binario e spostare a monte la linea.

PS – La normativa italiana sul funzionamento dei passaggi a livello è tale da causare chiusure prolungate nella maggior parte dei casi. Anche qui è difficile non pensare a una provocazione, non si sa quanto deliberata: i passaggi a livello che stanno chiusi a lungo sono sempre più odiati, e via con le opere faraoniche (vedi il nuovo sottopasso di Viserba) per sostituirli! Colate di cemento per aumentare la sicurezza: chi avrebbe qualcosa da obiettare?

(2. Fine)

  • ARTICOLO PRECEDENTE SUL TEMA (29 agosto): [link]

Roberto Renzi

 

FOTO (dell’autore)