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Ma sulla Luna non sventolò la bandiera rossa


25 Settembre 2017 / Paolo Zaghini

Stefano Pivato – Marco Pivato: “I comunisti sulla Luna. L’ultimo mito della Rivoluzione russa” – Il Mulino.

65 - Pivato

“A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta le conquiste spaziali dell’Unione Sovietica minacciano la solidità del mito americano trasformando il primato della tecnologia nella supremazia del comunismo tout court. L’egemonia dell’Unione Sovietica in campo satellitare insinua la convinzione, soprattutto nel mondo della sinistra, della preminenza del modello comunista su quello capitalista”.

I riminesi Stefano e Marco Pivato in questo nuovo libro raccontano la sfida tra Unione Sovietica e Stati Uniti che per 15 anni tenne gli uomini con il fiato sospeso. Al di là degli straordinari risultati scientifici e tecnologici raggiunti da entrambi i Paesi, il conflitto vero era per l’egemonia politica dell’una o dell’altra potenza sul resto del mondo.

Stefano incentra il suo racconto sull’utilizzo propagandistico che i russi fecero dei propri successi. “Il 4 ottobre 1957 lo Sputnik 1, il primo oggetto lanciato dall’uomo oltre l’atmosfera, compie un’orbita attorno alla terra. Un mese più tardi, il 3 novembre, è la volta di Sputnik 2, con a bordo la cagnetta Laika. Nell’aprile 1961 Jurij Gagarin è il primo uomo a orbitare attorno alla Terra. Il 16 giugno 1963 Valentina Tereskova è la prima donna a essere lanciata nello spazio”.

Sul piano propagandistico questi risultati vennero esibiti non solo come ideale prosecuzione e completamento della Rivoluzione avviata da Lenin, ma come dimostrazione che il socialismo reale poteva vantare primati non ancora raggiunti dal mondo occidentale. Da qui Pivato parte con la sua ricognizione sui riflessi che la gara spaziale ebbe in Italia e sulla sua sinistra. Lo fa proseguendo la sua ricerca sui miti della sinistra e le reazioni contrarie (dopo “I comunisti mangiano i bambini. Storia di una leggenda” del 2013 e “Favole e politica. Pinocchio, Cappuccetto rosso e la guerra fredda” del 2015) utilizzando giornali, film, rotocalchi, fumetti, libri di fantascienza, testimonianze: tutto ciò che poteva essere utile a ricostruire il clima in cui le vicende sopra elencate venivano vissute dai comunisti italiani.

“Attorno alle imprese spaziali il mondo comunista costruisce un nuovo mito, destinato a sovrapporsi, quando a non sostituirsi, a quelli appena scomparsi, a cominciare da quello staliniano che il XX Congresso del Pcus aveva messo in soffitta pochi mesi addietro per opera di Chruscev”.
Ad esempio Laika diventa un simbolo per il popolo comunista, il simbolo stesso della supremazia sovietica nei confronti del mondo occidentale. Ma è con Gagarin che la propaganda comunista si scatena: “Gagarin rappresenta l’eroe moderno per eccellenza, l’icona dell’uomo qualunque capace però di raggiungere ogni traguardo. Il cosmonauta va ad affollare la galleria di quegli eroi che, a partire dagli anni Trenta, diventano modelli da imitare nella costruzione del socialismo”. Invece con Valentina Tereskova la propaganda impugna il tema dell’emancipazionismo e la raggiunta parità dei sessi in Unione Sovietica.

Il 20 luglio 1969 gli astronauti americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin sbarcano sulla Luna. La bandiera degli Stati uniti viene piantata sul suolo lunare. Con quell’impresa si concluse la sfida fra sovietici e americani iniziata nel 1957 e che aveva visto fino ad allora prevalere i primi. “Lo sconcerto fra quanti militano sotto le insegne della bandiera rossa è grande. L’ultimo grande mito del mondo comunista è stato sopraffatto”.

Nonostante la sconfitta nella gara spaziale il mito della scienza e della tecnologia del paese del socialismo reale continua ad affascinare i militanti. Ma Pivato, citando alcuni esempi concreti (i trattori russi regalati ai contadini emiliani che non funzionavano, le pessime automobili russe arrivate in Italia), sostiene che “la realtà dei fatti rivela l’incapacità del sistema sovietico di tradurre le conquiste effettuate dalla ricerca spaziale nella produzione di oggetti di uso quotidiano e comune”, in grado di elevare il benessere e la qualità di vita dei cittadini.

Sarà Marco, nella seconda parte del libro, che da buon giornalista scientifico (autore nel 2011 dell’ottimo volume “Il miracolo scippato. Le quattro occasioni sprecate della scienza italiana negli anni sessanta”) racconterà le vicende dell’astronautica russa e della competizione russo-americana. E lo fa dando alcune cifre: “il programma Apollo è costato agli americani circa 25 miliardi di dollari”, spesi fra il 1961 e il 1972. Oltre al denaro gli americani impiegarono un enorme capitale umano. Al programma Apollo lavorarono 60 mila scienziati e 400 mila tecnici e dipendenti. Invece i russi investirono in quello stesso periodo nei progetti spaziali solo 1,6 miliardi di dollari. Ma non fu solo la differenza degli investimenti a portare al successo gli americani. Marco Pivato spiega bene che fu l’organizzazione a far vincere gli americani, la Big Science. “La storia dell’astronautica e del definitivo successo degli Stati Uniti sui sovietici nella corsa alla Luna non è completa se non è spiegata nei termini del nuovo rapporto tra scienza e società, così come definito dai principi dell’era postaccademica della produzione tecnologica e scientifica”. Così come del resto era già avvenuto con il programma nucleare.

Marco pone una domanda al termine del suo saggio: “E’ lecito chiedersi se il programma spaziale sovietico avrebbe potuto avere un destino migliore se Sergej Korolev [il padre dell’astronautica russa, 1906-1966] avesse avuto più tempo a disposizione e carta bianca come von Braun, sgombro dalle pastoie interne ai gruppi di ricerca e dalla farraginosa burocrazia del Cremlino che ha ceduto al disordine, privo di una visione unitaria e di un piano capace di consolidare istituzioni, industrie e risorse nell’obiettivo comune”. Ma la storia con i se non si scrive, quello che prevale è la realtà dei fatti.

Paolo Zaghini