HomeCronacaTutta Italia le canta al virus. E noi di Rimini?


Tutta Italia le canta al virus. E noi di Rimini?


15 Marzo 2020 / Lia Celi

Com’è che fra tutti i video di quarantenati canterini al balcone che girano rete non ce n’è nessuno di Rimini? A Milano c’è Ricky Gianco che intona Pugni chiusi sul terrazzo, ad Agrigento un coro polifonico di condominio esegue Ciuri Ciuri, a Napoli vanno di neomelodico, a Torino si è esibita una cantante d’opera, a Siena i casigliani di un vicolo hanno intonato l’inno cittadino, il Canto della Verbena, per non parlare del singing flashmob con Fratelli d’Italia.

Tutto filmato, postato, ripreso da Bbc, Independent, New York Times, e chi più ne ha più ne metta, con parole di lode e ammirazione per il «brave Italian people».

E noi riminesi? Aspettiamo l’iniziativa di Matteo Munaretto per salutare la primavera il 21 marzo. Ma per ora non abbiamo dato nessun contributo a questa iniziativa spontanea che, per quanto fragile e improvvisata, sta riportando l’Italia nel cuore degli stranieri e riscattando agli occhi del mondo i tanto bistrattati italiani, noti tanto per l’allegria e la giovialità quanto per una presunta incapacità di sdrammatizzare i momenti difficili. Voglio dire, la voce l’abbiamo, finestre e balconi pure, alcuni magari hanno pure vicini di casa intonati per fare il controcanto. Perché non ci siamo buttati? (Non dalle finestre/balconi, intendo in senso figurato).

Rispondo io per prima: perché mi vergogno. Non sono stonata, la tentazione di cantare Romagna mia nella mia strada deserta l’ho avuta. Eravamo stati in tanti a cantarla, poche settimane fa in piazza Cavour, in un’epoca che ora sembra lontanissima ed estranea, ed era stato bello e confortante.

Potrebbe esserlo anche cantarla in quattro gatti dalle finestre di una strada o nel cortile interno di un condominio, dove l’acustica è pure migliore. Ma se io comincio e nessuno mi segue? Se sono l’unica scema della via che ci prova e magari si becca qualche insulto o l’accusa di volermi solo mettere in mostra? Se i miei familiari, anziché sostenermi e farmi da coristi, mi trascinano via dalla finestra bofonchiando «mamma dài lascia perdere, poi ci prendono tutti in giro?».

Dobbiamo essere in molti in città ad avere scrupoli del genere, se ancora non è stato avvistata nessuna rimarchevole performance canora dalla nostra zona. Ma forse dovremmo sbarazzarci dei nostri pudori e trasformare i nostri balconi in palcoscenici. Soprattutto noi riminesi.

Qualcuno ha osservato che questi video sono la miglior campagna promozionale a lungo termine per le nostre città. E per il nostro popolo. Quando l’incubo sarà finito per tutti, ci sarà più voglia non solo di venire a vedere o rivedere i monumenti del Belpaese, ma anche di conoscere la terra dove la gente meravigliosa e solidale non è solo quella che suda sette camici bianchi negli ospedali per curare i malati, ma anche quella che ha saputo allietare la sua ora più buia con la musica e il canto.

Dài, proviamoci. Facciamo qualche vocalizzo di prova e osiamo. La vera incognita è: ci sarà un dirimpettaio simpatico che registrerà la nostra esibizione e la posterà con una frase carina, o ci immortalerà il classico vicino malefico che insinuerà che con la scusa del canto vogliamo solo spandere meglio il virus?

Lia Celi