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ULTRAS, BERMUDA, TETTE E AUSPICABILI CALCINCULO


1 Settembre 2016 / Nando Piccari

Il calcio? Meglio la caccia ai fantasmi!

Non ci vivo più da molti anni, ma Grotta Rossa rimane sempre la mia “piccola patria”, cui mi legano affetti, amicizie e ricordi. Pertanto mi addolora che molte brave e serie persone si siano fatte turlupinare dai caporioni di uno dei soliti comitati attaccabrighe: quelli che “so tutto io”, i quali non vogliono o non sanno capire la diversità fra il confronto e la rissa, fra il dibattito e l’insulto; come pure la differenza fra il non avere le medesime opinioni e l’essere nemici.

Sull’attuale campo nomadi, il Comune ha l’obbligo di adottare alcune nuove misure e per questo avanza delle ipotesi, aprendo un confronto. L’hanno chiaramente scritto i giornali, ma siccome la gran parte delle persone non è tenuta a leggerli, né a seguire le quotidiane vicende amministrative, ecco che allora i caporioni hanno buon gioco nello spargere disinformazione, raccontando che “l’accampamento degli zingari” è già in viaggio per Grotta Rossa, naturalmente in sostituzione di pista ciclabile,  sottopassaggio, orti agli anziani, giochi per i bambini e via maledicendo Gnassi & c.

Qualcuno di loro sconfina addirittura nel comico. Vedasi l’industrialotto – il nome non me lo ricordo e non perdo tempo a cercarlo – che con una lettera cafoneggiante ci ha tenuto ad informare i giornali di aver risposto “col cavolo!” all’appello del Sindaco a sostenere la rinascita della Rimini Calcio, per ritorsione verso il presunto campo nomadi alla Grotta Rossa. Suscitando invece il sospetto di averla buttata in politica per “nobilitare” la scelta di non voler cacciare un soldo, preferendo il rischio di passare per razzista a quello di apparire micragnoso.

Ma per dimostrare che lui è comunque un ultras, s’è fatto fotografare accanto al mega-striscione «No ai rom alla Grotta Rossa», ignorando che invece i temuti invasori sarebbero Sinti e non Rom. Quisquilie, diranno gli emuli di Salvini, sempre zingari sono. Se però vuoi fare il figo che sbava per andare sui giornali, almeno informati: altrimenti, ignora oggi ignora domani, alla fine fai la figura dell’ignorantone.

Santa Rita, fagli la grazia di un paio di calzoni

Fra le meritate attestazioni di stima ricevute dal Capitano di Fregata Domenico Santisi, il valente Comandante della Capitaneria di Porto che sta per lasciare Rimini,  vi è anche il saluto del fondatore de “La Rimini che vorremmo”, nell’altra sua veste di Vicepresidente del Borgo Santa Rita. Un’iniziativa encomiabile, di cui però sarebbe stato preferibile non fosse apparsa la foto su qualche giornale.

Sarà perché invecchiando divento formalista, ma credo che quel tipo in bragaloni e ciabatte, che sorride a beneficio del fotografo accanto all’Ufficiale di Marina che indossa la sua impeccabile divisa, sia apparso a tanti l’emblema…della Rimini che non vorremmo.

Femminili o maschili, tutte le tette uguali sono

So bene che noi maschi dovremmo astenerci dall’affrontare ceri argomenti, dato il rischio di passare per guardoni o essere accusati di maschilismo. Ma avendo collezionato fra le mie “esperienze strane” anche quella di una mammografia, due anni fa all’ospedale di Cattolica – non vi dico lo sconcerto delle mie “colleghe” in sala d’attesa – credo  di avere qualche titolo per parlare di tette.

Attorno a Ferragosto, un martellante lancio pubblicitario preannunciava a Riccione un’imminente manifestazione femminile per rivendicare la parità di genere. Col surplus di enfasi che la stampa riserva alle provvidenziali “notizie pataca” d’agosto, quando scarseggiano le altre, s’è poi saputo che il tutto sarebbe consistito nella richiesta di poter girare a seno scoperto, come gli uomini, anche al di fuori della spiaggia. Nulla da obiettare, per carità; ma un po’ pochino per farla passare come una svolta epocale nel destino delle donne; le quali, infatti, hanno poi preso parte alla “manifestazione” solo in cinque, tenute per mano da altrettanti maschi,  ridicolmente indossanti il reggiseno.

Per analogia m’è venuta in mente una vicenda degli anni ottanta, quando un gruppo di illuminate signore chiamò a Rimini l’allora Ministro dell’Ambiente, il liberale Zanone, per annunciare il solenne impegno ad occuparsi anch’esse della salute del mare. Presentando il loro “programma di lotta”, la relatrice fu perentoria: “D’ora in poi, quando usciremo in mare con le nostre barche, ci impegniamo a raccogliere cartacce e oggetti galleggianti”. Proposito encomiabile, sia chiaro; ma neanche un pannnicello caldo, in quel tempo di battaglie per salvare l’Adriatico da detersivi chimici, fanghi di Marghera e sversamenti fognari portati dal Po.

Non vorrei però che continuando a criticare la “manifestazione” di Riccione mi beccassi una scomunica. Sì, perché come quasi nessuno ha evidenziato – la nostra testata sì – in realtà s’è trattato di una funzione religiosa a cura dei Raeliani, i seguaci di una “religione atea” (non è uno scherzo, si definiscono proprio così) simboleggiata dalla svastica inserita nella croce di David, i cui adepti ritengono che la vita terrestre sia stata creata da un gruppo di alieni denominati “Elohim”, di cui attendono il ritorno sulla Terra nel 2035.

Il loro capo è un furbacchione francese, tal Vorilhon in arte Rael, che per essersi a suo tempo inventato la panzana di aver fatto nascere due bambine clonate, sfrutta oggi la coglionaggine di quanti lo chiamano a relazionare sull’argomento, pagandolo 100 mila dollari a botta. Il suo credo è la “geniocrazia”, secondo cui può votare ed essere eletto solo chi abbia un quoziente di intelligenza superiore alla media.

La cosa in fondo non mi dispiace, perché colpirebbe gran parte di legaioli e “5 stelle”. Ma anche qualche esponente del PD riminese che continua a leggere “Il Fatto Quotidiano”, convinto che sia un giornale e non lo strofinaccio con cui “camerier Travaglio” lucida ogni giorno l’argenteria di casa Grillo.

Vergogna!

Ormai tutti sanno della decisione, incivile e illegale, con cui all’Hotel St. Gregory Park di Rimini è stata rifiutata una signora perché non vedente e pertanto accompagnata dal cane-guida. A rendere ancor più repellente quella scelta è la cinica giustificazione addotta dal titolare dell’albergo, che dopo un «non capiamo lo scopo di tutto il polverone che si vuole creare» ed aver ragliato di «nostri obblighi commerciali», assicura che «se dovessero ricapitarci richieste simili continueremo a negare la disponibilità», lasciandosi inoltre andare all’oscenità di definire «le rimostranze dell’ipovedente(..)mero e spicciolo vittimismo, sempre più diffuso tra le persone diversamente abili. Oggi chiunque abbia un problema di salute grave crede che tutto gli sia dovuto».

Se quella signora è stata costretta a cambiare albergo, lui dovrebbe ora cambiare mestiere, costrettovi però a calcinculo: naturalmente solo metaforici, purtroppo.


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