Home___primopianoUn riminese in fuga dall’inferno di Kiev: per tornare a Leopoli

Il libro di Edoardo Crisafulli addetto culturale italiano in Ucraina sorpreso un anno fa dalla guerra


Un riminese in fuga dall’inferno di Kiev: per tornare a Leopoli


14 Maggio 2023 / Paolo Zaghini

Edoardo Crisafulli: “33 ore. Diario di viaggio dall’Ucraina in guerra” – Vallecchi.

Sono trascorsi quindici mesi da quando, il 24 febbraio 2022, è scattata l’”operazione speciale” di Putin in Ucraina. O meglio l’aggressione e l’invasione della Russia dell’Ucraina. Il mondo in questo ultimo anno è cambiato. Si sta combattendo una guerra terribile e sanguinosa sul territorio ucraino, ma in realtà si sta ridefinendo il potere geopolitico internazionale fra le grandi potenze, in primis fra Stati Uniti e Cina.

In questo ultimo anno giornalisti, storici, politici hanno sommerso le librerie di volumi in cui si affrontano le vicende della guerra ucraina e le possibili conseguenze sugli assetti mondiali. Su Chiamamicitta.it abbiamo pubblicato l’8 settembre 2022 una piccola rassegna di queste pubblicazioni uscite nei primi sei mesi dallo scoppio della guerra (“Ucraina, la guerra nascosta negli scaffali delle librerie di Rimini”), ma questa oggi andrebbe aggiornata con l’uscita avvenuta da allora di altre decine di volumi.

Edoardo Crisafulli

In quell’elenco non c’era il libro di Crisafulli, uscito a fine settembre 2022. Lo riprendo oggi per tornare a parlare della guerra che sta devastando l’Ucraina e che sta destabilizzando gli assetti mondiali. Edoardo Crisafulli è nato a Rimini nel 1964, figlio di Giovanni, indimenticato caposcalo per oltre vent’anni di Aeradria (quando l’aeroporto di Rimini con i suoi charter estivi era tra i più importanti scali italiani e aveva 180 dipendenti: come oggi, vero?) mentre sua madre (anglo-irlandese) fu la fondatrice della British School a Rimini, dove migliaia di riminesi hanno imparato a spiaccicare un po’ d’inglese e dove un paio di fratelli di Edoardo continuano ancor oggi ad insegnare.

Edoardo si è laureato ad Urbino in Lingue e letterature straniere, ha insegnato lingua e cultura italiana in Irlanda, in Arabia Saudita e in Gran Bretagna. Dal 2001 è addetto culturale del Ministero degli Esteri: ad Haifa, a Damasco, a Beirut e a Tokyo, per arrivare nel 2020 a dirigere l’Istituto italiano di Cultura di Kiev. Uomo di sinistra, dell’area liberalsocialista.

Batteria missilistica ucraina centrata dall’artiglieria russa presso Cherson

Nel libro Crisafulli racconta le prime ore di guerra a Kiev il 24 febbraio (“giorno in cui i missili cominciarono a scrosciare sulle nostre ignare teste”), la decisione dell’Unità di crisi della Farnesina a Roma di evacuare i diplomatici italiani il 26 e di farlo per terra (il cielo era pieno di missili e aerei russi).

“Sono partito da Kiev, alla volta dell’Europa pacifica, in un convoglio umanitario OSCE il 26 [circa 100 persone]. Ho viaggiato trentatre ore per raggiungere la frontiera con la Moldavia (sarebbero circa 600 km in linea retta, ma noi abbiamo zigzagato attraverso tanti villaggi e siamo stati perquisiti ai numerosi posti di blocco, senza dormire né mangiare, con la paura dei bombardamenti e dei sabotatori russi infiltratisi nelle retrovie”. In due, a bordo di una Cinquecento. Numerose le soste obbligate: “Il convoglio si ferma, le macchine borbottano rallentando a singhiozzo, lo stridore dei freni pare la cacofonia della musica dodecafonica”. Alla fine saranno 1.200 i km percorsi. Con una temperatura esterna fra i -5 e i -20 gradi.

Nelle oltre trecento pagine del volume la fuga da Kiev ha solo un piccolo spazio; il resto, oltre che le vicende della guerra dei primi mesi, sono divagazioni culturali, storiche, etnografiche, geografiche. Ma anche politiche, non nascondendo i numerosi errori che russi ed ucraini hanno commesso prima di arrivare alla guerra. “Quello che state leggendo è un guazzabuglio di associazioni mentali ed emozioni in una terra i cui confini sono stati tracciati sulla sabbia”.

Tank russo in azione

Crisafulli si appella per le sue valutazioni alle riflessioni del suo maestro Luciano Pellicani (1939-2020), sociologo, politologo e giornalista di area socialista, direttore per oltre vent’anni della rivista “Mondo Operaio”: “Il devastante conflitto in corso non è una contesa territoriale. E’ una guerra a tutto campo, di civiltà. Gli zeloti russi, sedicenti difensori dell’Europa incontaminata, cristiana, aggrediscono per autodifesa i seguaci ucraini di Erode, ovvero i vili collaboratori dell’occupante americano”.

Molto spazio è dedicato alla storia degli ebrei ucraini nel corso del Novecento: “L’Ucraina ospitava la più numerosa e più cosmopolita e più creativa comunità diasporica al mondo”. “Un decennio circa dopo l’immane tragedia della carestia ordita dai bolscevichi [dai 6 ai 9 milioni le vittime morte per fame], i nazisti avviarono il loro progetto di sterminio: in Ucraina furono massacrati circa 1.600.000 ebrei”. A Babij Jar, un crepaccio che nel 1941 si trovava nella periferia di Kiev, i nazisti massacrarono in soli tre giorni 60.000 ebrei ucraini. Oggi gli ebrei rimasti in Ucraina sono solo circa 100.000”.

Tank ucraino apre il fuoco su fanteria russa

E all’Holodomor: “l’orrenda carestia pianificata a tavolino da Stalin e dai suoi scherani bolscevichi, agli inizi degli anni Trenta (…). Finalità: spezzare le reni a un popolo troppo libertario, quasi anarchico, addomesticarlo e lobotomizzarlo”. Tutto documentato nel Museo dell’Holodomor a Kiev.

Ma anche diverse pagine sulle comunità gay in Russia e in Ucraina. “In Russia la vita dei gay dichiarati, pochissimi, è un inferno”. In Ucraina, lentamente, le cose stanno migliorando, “perché gli ucraini bramano di farsi accogliere in Europa, il cui fiore all’occhiello sono le politiche inclusive e antidiscriminatorie”.

“Mi giungono voci di mutilazioni terribili. I soldati russi sono quelli messi peggio, da sempre carne da macello per i loro generali. Sicchè i medici scarseggiano, e quelli che ci sono non vanno per il sottile: sono già centinaia i ragazzi russi, adolescenti, che non potranno più giocare a palla o rincorrere la fidanzata nel parco, perché gli hanno amputato una gamba o un piede, o entrambi”. “Gli ucraini sono guerrieri formidabili, gli apaches e i sioux in confronto erano damigelle”.

Bakhmut ripresa il 14 maggio da un drone ucraino

Il 14 luglio 2022 Crisafulli è tornato in Ucraina, non a Kiev ma a Leopoli, dove il Ministero degli Affari Esteri italiano ha spostato l’Istituto Italiano di Cultura. Il 23 agosto la prima iniziativa promossa dall’Istituto, l’allestimento della “Boheme” di Puccini con una produzione ucraina.

Ma, ahimè, la guerra da allora è proseguita e, ad oggi, la pace sembra essere un traguardo ancora assai lontano.

Paolo Zaghini