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Uomini forti, uomini tutti d’un pezzo e uomini di panza


5 Febbraio 2017 / Nando Piccari

Nella storia, e alle più diverse latitudini, sono state molte le fasi politiche caratterizzate da un generalizzato invocare “l’uomo forte”, che spesso è poi effettivamente arrivato a procurare danni, quando non addirittura vere e proprie tragedie.

Dando uno sguardo alle odierne cose del mondo, pare che ancora una volta ci risiamo, vista la discreta quantità di “uomini forti” che, sospinti da varie gradazioni di investitura popolare, stanno già spadroneggiano nelle rispettive nazioni; mentre un buon numero di loro “omologhi” aspira a fare altrettanto altrove.

Ne è diventato capofila di diritto l’ultimo arrivato, che pure era stato preceduto – solo per citare i più noti – da Putin, Erdogan e Netanyahu, senza dimenticare Orbàn, il fascistoide ungherese colpevolmente tollerato dall’Unione Europea.

Mi riferisco naturalmente all’orrido figuro che gli USA si sono dati come presidente, del quale ci decanta quotidianamente le lodi il tromboneggiante Cesare De Carlo sul “Resto del Calino”, che giorni fa gongolava nell’ospitare la “prosa contundente” del borioso Edward Luttwak. Credo invece che il giudizio più azzeccato su di Trump sia quello espresso da una delle vittime più illustri del suo paranoico ostracismo, il celebre pianista iraniano Ramin Bahrami: «Un cowboy pazzo, totalmente fuori di testa; una persona ignorante, stupida e arrogante, accecata dai sui soldi».

Sia tra quelli già al potere, che tra quanti brigano per andarci, non manca poi qualche donna impeccabilmente travestita da “uomo forte”, tipo la repellente francese Le Pen e la ben più garbata inglese May, la quale s’è conquistata la nomea di “forte” soprattutto per comparazione con quella pera cotta del suo predecessore Cameron.

Nell’iniziare il suo preannunciato “lavoro sporco”, il neo-inquilino della Casa Bianca ha subito chiarito che non si accontenterà di cancellare le scelte positive operate da Obama nonostante l’ostracismo del Congresso, a costante maggioranza repubblicana: no, lui vuole fare di più!

In attesa dell’annunciata depenalizzazione della tortura, è così partito col manomettere uno dei più antichi capisaldi di civiltà su cui si fonda “il sogno americano”: l’accoglienza. La quale, ultra-garantita fino a ieri in quel Paese fondato da immigrati, viene all’improvviso negata a 160 milioni di “cittadini del mondo”, unicamente in ragione della religione prevalentemente praticata nei Paesi di loro appartenenza: Iran, Yemen, Libia, Sudan, Somalia e Siria.

Guardandosi però bene, il cotonato gradasso, dal “chiudere le frontiere in faccia” pure agli islamici provenienti da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Libano: nazioni con le quali fanno affari d’oro le sue aziende private.

Nella destra di casa nostra, comprese le componenti che manifestano un’aberrante sintonia con i deliri di Trump – i legaioli, i “meloni d’Italia”, il “clan dei grillo-casaleggese” – non si vede al momento chi possa essere “l’uomo forte”, capace di sbaragliare tutti gli altri.

Al massimo s’intravvede qualcuno smanioso di apparire “uomo tutto d’un pezzo”, tipo Salvini o Grillo. Ma l’encomiabile impeto razzista di cui fa sfoggio televisivo il capo legaiolo, per quanto ben modulato dalla ghigna di quelle labbra da cui t’aspetti la fuoriuscita di un filino di bava da un momento all’altro, viene tuttavia in larga parte svilito dalla parte superiore della sua faccia, dominata da uno sguardo che in gergo riminese si è soliti definire “incocalito”.

Invece Grillo, che pure ha coerentemente salutato con entusiasmo l’avvento di Trump, non è disponibile a fare “l’uomo forte” perché in troppe altre faccende affaccendato, dovendo cogestire col Casaleggio-boy la loro remunerativa “Spa 5 Stelle”.

Ed è un vero peccato, poiché il “trumpismo” del guitto genovese e del partito di sua proprietà si fregia del “marchio doc” di tre anni di amorevole convivenza, nel medesimo Gruppo Parlamentare Europeo, con lo xenofobo inglese Farage, per il quale «gli immigrati sono feccia assetata di soldi», «i gay sono pervertiti», «le donne che fanno figli valgono meno in termini finanziari, perciò guadagnino meno».

Se poi si pensa che in quel gruppo è felicemente ospitato anche il fascistone polacco Iwaszkiewicz, assertore della necessità di «picchiare le mogli e i figli, per aiutarli a tornare con i piedi per terra», ecco che allora si comprende meglio perché i grillini – l’attaccabrighe Di Battista in testa – stiano rapidamente diventando i galoppini italiani di Putin: sì, perché nei giorni scorsi “l’uomo forte di Mosca” ha fatto approvare dalla Duma una legge che depenalizza la violenza fra le mura domestiche, in un Paese dove nel 2013 sono state 14 mila le donne uccise dal marito o dal partner.

E pensare che la destra italiana, se solo mettesse il naso fuori dallo stretto giro della politica, potrebbe provare a ingaggiare un “uomo forte” che fa al caso suo: il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Piercamillo Davigo, che si sta battendo come un leone per risolvere il più grave dei problemi della giustizia italiana, vale a dire l’età pensionabile dei magistrati.

Anche a sinistra di “uomini forti” nemmeno l’ombra. Nella sinistra che più a sinistra di così… si va nel fosso, si segnalano nell’ordine: le briciole dell’eredità lasciata dal neo-dalemiano Vendola dopo che, conclusosi il suo decennio da Presidente della Puglia, non gli serviva più il PD; i birignao di Fassina; i riccioli da bel tenebroso di Fratoianni, soprannominato «lo Scamarcio di Sel».
Non parliamo poi del PD, dove quasi tutti, chi più chi meno, sembrano voler ballare sul Titanic. Da una parte quelli “più renziani di Renzi”, pateticamente convinti che andando domattina alle elezioni “il 40% non ce lo leva nessuno”; dall’altra chi sembra impaziente di fare la fine dei Laburisti inglesi grazie a Corbyn, o quella cui sono destinati i socialisti francesi con Hamon, il vincitore delle loro primarie che arriverà impietosamente ultimo alle prossime elezioni presidenziali.

Si può dunque dire che oggi, nel PD, sia perfino difficile trovare…qualcuno di sana e robusta costituzione. Perché Renzi (che un po’ si è anche auto-bastonato) ed il suo seguito hanno ancora le ossa rotte dal referendum. Mentre fra i suoi bastonatori c’è chi soffre di amnesie, tipo “l’amico del giaguaro” Bersani (“forse che sì, forse che no; chi vivrà vedrà”, pare essere il suo pensiero politico faticosamente tradotto dal bersanese all’italiano); o chi sembra un tarantolato per il suo ossessivo “faccio tutto io”, come Emiliano in Puglia (magistrato, poi Sindaco di Bari e bi-segretario del PD provinciale e Regionale, oggi Presidente della Regione e auto-candidato a Presidente del Consiglio); o chi si porta in giro un’ingombrante pesantezza da “uomo di panza” come Crisafulli in Sicilia, recentemente definito da La Stampa «il barone rosso, ras delle preferenze al punto di dire: “Vinco con il proporzionale, con il maggioritario e pure col sorteggio”».

Alla fin fine è D’Alema, una volta affossati sia Renzi che la sinistra grazie alla scissione che sta preparando, a potersi davvero conquistare, se non il titolo di “uomo forte”, almeno quello di “uomo tutto d’un pezzo”. Di che cosa non è però educato dirlo.

Nando Piccari