HomeLia CeliVoto ai sedicenni: ma vogliamo farli stufare subito?


Voto ai sedicenni: ma vogliamo farli stufare subito?


7 Maggio 2017 / Lia Celi

Elettori, elettrici, elettrini: la riforma auspicata da Beppe Grillo per il voto ai sedicenni suscita un misto di sentimenti contrastanti.

La prima reazione è positiva: in fondo cosa sono due anni? Io ho una figlia di diciotto anni e una di sedici e come maturità siamo lì, anche se la più matura spesso sembra la loro sorellina quattordicenne.

E non ditemi che le femmine maturano prima, perché ho anche un figlio di nove anni che come buon senso a volte batte anche me.

Non c’è dubbio che abbassare l’età del voto porterebbe nel corpo elettorale persone più colte e mentalmente più attive della maggioranza degli italiani. In fondo gli adolescenti leggono e imparano qualcosa tutti i giorni.

Lo fanno per dovere scolastico, certo, dedicando allo studio il minimo indispensabile d’attenzione, a volte perfino barando, ma sta di fatto che il sapere e la cultura, oltre alla musica e all’attività fisica, occupano nella vita dei millennials una parte molto più importante che quella maggioranza degli italiani adulti, che non legge neanche un libro all’anno, diffida del digitale, usa la macchina anche per andare al gabinetto e si informa soprattutto attraverso i telegiornali e i talk-show.

I ragazzi invece, le notizie le apprendono soprattutto dalle radio e dal web, auto-proteggendosi così tanto dal populismo bilioso alla Belpietro quanto dalla salottiera correttezza politica alla Gruber.

Quanto a consumi culturali, su di loro Fabio Fazio ha lo stesso ascendente di Nunzio Filogamo. Ed essendo cresciuti in classi multietniche, la paura dello straniero in quanto straniero non sanno nemmeno cos’è.

I politici di ogni orientamento dovrebbero adeguare la qualità dei loro programmi e del loro linguaggio a questa élite esigente e istruita che, essendo cresciuta durante la crisi, ha già capito come va il mondo e non si lascia abbindolare tanto facilmente: «andiamo a comandare» se lo fanno dire da Rovazzi, non da Grillo.

Il vero problema è il loro scarso numero, poveri elettrini sedicenni, che demograficamente rappresentano una sparuta minoranza annegata in una moltitudine di adulti insoddisfatti e vecchi impauriti.

Controindicazioni? L’iniziazione precoce alla politica può causare un altrettanto precoce disgusto. Nel senso che se iniziano a votare a 16 anni, a 18 i ragazzini potrebbero averne già le scatole piene. A meno che qualcuno di loro non inventi un Politikemon-GO, per catturare col telefonino i candidati al Parlamento e farli combattere in apposite palestre virtuali. Molto meglio delle elezioni.

Lia Celi www.liaceli.it