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Noi che da Rimini facevamo partire i missili


1 Maggio 2018 / Ettore Zavattini

Lo sapevate che a Rimini nei primi anni ’60 dello scorso millennio era nata una piccola associazione di “razzomodellisti” denominata AMR Associazione Missilistica Riminese?

Ebbene sì, questa associazione AMR si era costituita il 5 febbraio 1961 durante una riunione a casa mia; io non so come abbiamo potuto ritrovarci, quale fu il “tam tam” che ci accomunò. Comunque eravamo una decina di baldi giovanotti dai 17 ai 19 anni ognuno dei quali aveva sperimentato lanci di piccoli missili; per questo eravamo accomunati dal fervore di fare dei lanci con la convinzione che in più persone si poteva fare meglio.

Bisogna dire che, dopo il lancio del primo satellite Sputnik nel 1957 da parte dell’Unione Sovietica, era tutto un fiorire di riviste e libri in materia tanto che ci iscrivemmo subito al centro diffusione scienze astronautiche e tecnologie spaziali di Trieste presso il quale si tenevano corsi per apprendere le varie discipline sulle leggi fisiche, sulla propulsione, sulla cinetica dei gas ed altro ancora. Inoltre il Centro forniva vari stampati con codici di sicurezza dei lanci e l’osservanza da tenere in tutte le fasi della costruzione dei razzi. E poi ci abbonammo alla rivista MISSILI e RAZZI che dava notizie sulle diverse associazioni, come la nostra presenti in Italia.

Naturalmente ogni socio aveva un incarico specifico per raggiungere lo scopo dei lanci e doveva rendicontare il proprio ruolo svolto. Avevamo uno statuto su cui basarsi per lo scopo specifico.

All’inizio facemmo diversi lanci, quasi uno a settimana, ma tutto sembrava andare storto, perché i missiletti o si fondevano sulla via di lancio o si alzavano di qualche metro per poi esplodere; insomma, non riuscivamo a costruire un missile decente, perché il mezzo sì partiva, ma poi perdeva le alette e I’ugello per poi cadere a terra.

I problemi erano: il tubo di alluminio, la polvere pirica che non bruciava bene, I’ugello e, infine, il paracadute che non funzionava. Superammo il primo problema utilizzando un tubo in acciaio con spessore solo di un millimetro (uno scappamento per marmitte), cambiammo la polvere di propulsione utilizzando dello zinco in polvere e zolfo miscelato con una vernice trasparente per renderlo solido. Il propellente così era ottimo e sicuro perché si poteva tagliare, forare e battere e non
s’incendíava mai, semmai era molta fatica accenderlo alla partenza e quindi bisognava mettere un po’ di polvere pirica.

Finalmente con il primo lancio con tubo in acciaio superammo i 1000 mt. di altezza; anche la polvere si comportò molto bene, forse bruciava solo troppo velocemente. Ma purtroppo il paracadute non funzionò; l’interruttore a mercurio non si attivò e il missile non lo trovammo più;  trovammo solo il paracadute bruciato vicino alla pista.

Durante il successivo lancio il missile partì con un botto e lo vedemmo sparire dietro una nuvoletta. Poi restammo a naso in su una quindicina di minuti sperando di vederlo scendere con il paracadute, ma niente. Cosicché anche quella volta ci mettemmo a cercarlo con poche speranze, quando all’improvviso ci inciampai contro. Il missile era tutto interrato e solo le alette sbucavano dal terreno (vedi foto) superammo credo i 1500 mt di altezza.

A questo punto pensammo che era pericoloso anche perché avevamo letto che in Francia un missile simile al nostro aveva perforato il tetto di una macchina fortunatamente quasi per miracolo nessuno era rimasto ferito. I lanci furono sospesi comunque immediatamente; si ragionò molto se sospendere definitamente l’attività o se procedere; ed in questo caso, in che modo.

Una prima ipotesi prevedeva di mantenere quanto fatto fino a quel momento o semplicemente ridurre le cariche con traiettorie più brevi e più controllabili. La seconda consisteva nel rivedere le modalità di costruzione: razzi più piccoli, materiali leggeri e micromotori con potenze predeterminate.

Nel frattempo un’iniziativa si stava per svolgere a Riccione: una Mostra degli Hobby e insistetti per parteciparvi, cosi preparammo la documentazione divulgativa sui nostri missili. Fu un successo. ci fu assegnato il primo premio ed un maggiore dell’aeronautica della giuria si congratulò con noi. Ma si dimostrò anche molto preoccupato e ci chiese dov’era la base di lancio.  Franco, con un vero lampo di genio rispose: in mare, su una piattaforma formata da un moscone attrezzato… Per fortuna la cosa finì lì e non ci furono conseguenze.

Praticamente tutto finì in gloria perché sospendemmo definitamente tutti i lanci.

Questa è stata la storia di un periodo breve, pochi anni, ma intenso per l’entusiasmo, per il lavoro di gruppo perfettamente coordinato e sinergico; fu insomma per noi tutti una scuola, imparammo ad organizzarci, a lavorare insieme con entusiasmo trascinati dai sogni.

Poi il vortice della vita si riprese tutti noi, alcuni proseguirono negli studi altri patfirono per il servizio militare ed altri ancora si inserirono nel mondo del lavoro.
La breve stagione dei sogni era finita e la vita riprendeva il suo corso.

Ettore Zavattini