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La “transumanza politica” è una delle tante malsane eredità lasciate da Berlusconi

La “transumanza politica” è una delle tante malsane eredità lasciate da Berlusconi, che dopo esserne stato l'iniziatore ne ha detenuto a lungo il monopolio, riuscendo così ad evitare, in più di un'occasione, che il suo Governo uscisse con le ossa rotte. Il caso più clamoroso e ben riuscito di quelle compravendite parlamentari fu quando si portò a casa Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, che lasciarono “Italia dei Valori” di Di Pietro trovando più remunerativi i valori di “Forza Italia”. [caption id="attachment_463125" align="alignleft" width="1228"] Antonio Razzi[/caption] [caption id="attachment_463126" align="alignleft" width="990"] Domenico Scilipoti[/caption] Ma pare che oggi ci risiamo, poiché a seguire certe vicende di questa antivigilia elettorale si ha l'impressione che non pochi politici siano presi dalla voglia di imitare ciò che succede nel mondo del calcio, quando un giocatore, fatti i suoi conti, decide dall'oggi al domani di trasferirsi in un'altra squadra, fregandosene altamente se i tifosi che abbandona lo riempiranno di contumelie, tanto ci penseranno quelli nuovi a continuare ad osannarlo sugli spalti. Così come nel calcio chi intenda cambiare casacca cerca quasi sempre il miglioramento remunerativo che possa pervenirgli da una compagine messa meglio in classifica, allo stesso modo vi sono politici che aspirano a fare “il salto della quaglia” per mettersi sotto

I Fratelli d'Italia prima azzeccano un difficilissimo pronostico poi si stupiscono di chi pensa male

Il Sindaco Jamil e gli altri otto colleghi “perdenti” se ne facciano una ragione: nella gara per la designazione a Capitale italiana della Cultura, L'Aquila partiva col vantaggio dei pronostici. Perché è certamente vero che per aspirare a vincere qualunque tipo di competizione occorre saper dimostrare capacità, talento e intraprendenza, ma si dà il caso che qualche volta, per dirla in gergo popolaresco, non guasti pure un'aggiuntiva “questione di culo”. E allora chi avrebbe potuto farcela meglio de L'Aquila? Che al pari della regione abruzzese, platealmente coccolata dal Signor Presidente del Consiglio, è padroneggiata da un “fratellume d'Italia” che appunto ci tiene a mostrarsi “culo e camicia” col ministro alla simil-cultura Sangiuliano, per usare una celebre espressione sorta al tempo in cui non era ancora diffuso l'uso delle mutande, e la camicia («per lo più lunga insino al ginocchio», come la descriveva il Vocabolario della Crusca) era a diretto contatto con le parti intime. L'onorevole Guido Qurino Liris non aveva avuto alcuno scrupolo a farsi portavoce di quella metafora alla vigilia delle Elezioni Regionali dello scorso 10 marzo, quando se ne uscì con un indovinatissmo pronostico: «Abbiamo carte importanti da giocarci a Roma. Sentiamo la vicinanza di tanti parlamentari amici dell'Aquila e anche

E prima o dopo l'8 settembre per l'Esercito di Isabella Rauti che differenza fa?

«La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel cosiddetto 'saluto romano', rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il reato previsto dall'articolo 5 della legge Scelba (n.645/1952), ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista». Naturalmente c'è impaziente curiosità di conoscere la motivazione dello stravagante giro di parole con il quale la Cassazione ha sentenziato che il saluto romano, volendo proprio essere pignoli, può anche considerarsi reato. Ma non quando si configuri come un consentito omaggio a qualche fascistone defunto, ma solo se accompagnato alla certezza che la congrega di coglioni che ne sono autori si sia data appuntamento con la comprovata intenzione di riesumare seduta stante il partito fascista, eliminato insieme al suo capo dalla Resistenza. Con la mia presunzione antifascista, io ero invece caduto nel tranello di ritenere che bastasse molto meno per poter contestare (anzi, per dover contestare) a quel branco di idioti la trasgressione di una legge tuttora vigente, che porta il nome di Mario Scelba (non propriamente filocomunista), il cui articolo 5 sancisce che «chiunque con parole, gesti o

A Riccione Colombo e Tosi vogliono fare le scarpe all'assessore con le scarpe troppo pulite

Lo confesso e me ne vergogno un po': ignoravo l'esistenza di Marco Liorni, il conduttore della trasmissione televisiva “L'Eredità” al quale devo il piacere di poter nuovamente camminare in casa con le scarpe ai piedi verso le otto di sera, al contrario di quanto mi ero invece costretto a fare nei primissimi giorni dell'anno. Di pari passo con l'età, mi è cresciuta anche una sorta di “fobia plantare”, che mi costringe a dormire con le calze almeno 320-330 notti all'anno; che di giorno mi impedisce di portare calze senza scarpe, come pure scarpe senza calze anche se c'è il solleone; che mi consente di camminare scalzo solo in spiaggia. Cosa c'entra tutto questo con Liorni e “L'Eredità”? C'entra, eccome! Nei cinque anni precedenti, a condurre la trasmissione era il simpatico Flavio Insinna e io, che ho l'abitudine di accendere il televisore un po' prima dell'inizio del tg (il TG1 fino all'avvento di TeleMeloni, poi il TG LA7 di Mentana), più di una volta mi sono divertito a cimentarmi con il rompicapo finale della “ghigliottina”. Conclusa l'edizione 2023, ecco anticiparci con gran cianciare che la conduzione de “L'Eredità” 2024 sarebbe stata affidata allo sgangherato cicisbeo Pino Insegno-Ingegno, rinomato scendiletto della Signora Presidente del Consiglio Giorgia

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