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Verenin Grazia, l’antifascista che Rimini ha spesso dimenticato


9 Febbraio 2018 / Paolo Zaghini

La storia di Verenin Grazia è complessa, ricca di cambiamenti, vissuta tra Rimini, Bologna e Roma. A Rimini spesso è stato dimenticato, nonostante i numerosi ruoli giocati nella lotta al fascismo, nella riorganizzazione della Federazione del PSI riminese dopo la guerra, nella ricostruzione del movimento cooperativo emiliano-romagnolo.

Eppure il suo nome si trova nelle principali opere sul movimento operaio italiano: nell’“Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza” (La Pietra, 1968-1989), in quella di Franco Andreucci e Tommaso Detti (a cura di) “Il Movimento Operaio Italiano. Dizionario Biografico” (Editori Riuniti, 1976-1979), nel “Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani” (Biblioteca Franco Serantini, 2003-2004), in quella di Alessandro Albertazzi, Lugi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri “Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945). Dizionario Biografico” (Istituto per la storia di Bologna, 1986-2003). A livello riminese ne parlano sia Giorgio Giovagnoli nella “Storia del Partito Comunista nel Riminese. 1921/1940” (Maggioli, 1981), sia Liliano Faenza in “Socialismo riminese. 1871-1988” (Sapignoli, 1989). Per la redazione di questo testo mi sono avvalso anche del profilo redatto da Filippo Espinosa (in corso di pubblicazione) per il sito dedicato ai parlamentari costituenti dell’Emilia-Romagna.

Grazia nacque a Rimini il 2 luglio 1898. Il padre Vittorio era un militante anarchico e Verenin entrò a far parte del movimento libertario in giovanissima età. Le fonti poliziesche lo segnalano come militante attivo fra i giovani anarchici riminesi fin dal 1913. Nel febbraio 1913 con la famiglia si trasferì a Milano dove nel 1915 divenne funzionario nella Segreteria dell’Unione Sindacale Italiana (USI), il sindacato anarchico. Nell’estate 1917 fu richiamato alle armi e partecipò alla Prima Guerra Mondiale come soldato semplice. Fu congedato nel 1919.

Rientrò a Rimini, “dove le sue doti di agitatore politico ed organizzatore del movimento sindacalista rivoluzionario fecero aumentare rapidamente la sua influenza e il suo prestigio nei gruppi anarchici romagnoli” (Espinosa).

Nell’immediato dopoguerra entrò a far parte della Segreteria Nazionale dell’USI e ricoprì l’incarico di Direttore del Consorzio Cooperative Agricole e di Consumo del Circondario di Rimini. Sempre a Rimini fu uno dei fondatori, poi direttore, del settimanale Sorgiamo!, organo dell’Unione Anarchica dell’Emilia-Romagna.

In questi anni sposò Vanda Casadio, una giovane riminese proveniente da una famiglia libertaria.
Strenuo oppositore al fascismo avanzante fu tra i fondatori del gruppo riminese degli Arditi del Popolo (Gruppo anarchico Pietro Gori), di cui divenne uno dei principali animatori. Nel febbraio 1922 fu però espulso dai gruppi anarchici di Rimini per motivazioni non molto chiare. Le carte di polizia dicono perché “in relazione con arricchiti di guerra”. Inoltre i fascisti nell’ottobre 1922 sciolsero il Consorzio delle cooperative.

Grazia a questo punto prima emigrò a Bologna, poi a Parigi e nel febbraio 1923 a Milano. Durante il ventennio fu costretto a svolgere impieghi saltuari, a fare il commesso viaggiatore. Ma senza mai rinunciare ad una attività politica di opposizione al fascismo. Negli anni Trenta lavorò come rappresentante di commercio a Bologna, sempre sottoposto a costante vigilanza da parte della Polizia politica come testimoniato dai continui rapporti presenti nel suo fascicolo al Casellario Politico Centrale.

Alla fine del 1935 Grazia si stabilì a Bologna. Abbandonò le posizioni anarchiche e aderì al Partito Socialista. Nel 1942-43 lavorò per la ricostruzione su basi unitarie del Partito Socialista. Nel 1942 partecipò sia alla riunione in cui venne ricostituita la Federazione bolognese sia a quella in cui venne fondato il Comitato Unitario di Azione Antifascista, il primo organismo unitario dell’antifascismo bolognese costituito prima della caduta della dittatura.

Nella primavera del 1943 Grazia riprese le attività sindacali, facendosi promotore di agitazioni e scioperi tra i braccianti emiliani. Durante l’estate 1943 rientrò per un breve periodo a Rimini, dove partecipò alle riunioni costitutive del Comitato del Fronte Nazionale Antifascista in rappresentanza dei socialisti. Avvertito che correva il rischio di essere arrestato, rientrò a Bologna a fine luglio. Il 25 agosto 1943 fu uno dei sette delegati bolognesi che si recarono a Roma al Convegno Nazionale per la riunificazione socialista e la costituzione del Partito Socialista di Unità Proletaria. I socialisti riminesi inviarono all’incontro di Roma Giovanni Grossi.

Dopo l’8 settembre 1943 fu uno degli organizzatori della Resistenza nel bolognese: membro del CLN provinciale e dal giugno 1944 Vicecommissario del Comando Unico Militare Emilia-Romagna (CUMER). Nome di battaglia “Montini”. Alla fine del 1943 fu anche uno degli organizzatori di una brigata partigiana tra Verucchio e San Leo. Per conto del CLN bolognese si preoccupò di trovare le risorse economiche per il sostegno alle attività resistenziali. Nell’aprile 1945 Grazia ricevette il compito di organizzare l’insurrezione popolare a Bologna in vista della Liberazione e si vide affidare dal CLN il compito di dirigere l’Ufficio del Lavoro nel capoluogo emiliano.

Terminata la guerra, Grazia divenne direttore del Consorzio delle Cooperative Agricole della provincia di Bologna che comprendeva oltre 250 aziende, mentre i braccianti nel bolognese erano quasi 50.000. Un incarico di grande rilevanza politica. Il suo operato fu considerato lusinghiero, tanto che nel 1947 gli fu affidata la segreteria generale della Lega Nazionale delle Cooperative, che mantenne ininterrottamente sino al 1958, per poi esserne il vicepresidente sino al 1962.

Grazia nel dopoguerra affiancò gli impegni nel movimento cooperativo all’attività parlamentare fin dal 1945, quando entrò nella Consulta Nazionale in rappresentanza del PSIUP. Il seggio gli fu confermato dagli elettori bolognesi alle elezioni del 2 giugno 1946 per l’Assemblea Costituente e nuovamente alle elezioni del 18 aprile 1948. Fra il 1948 e il 1953 la sua attività di deputato lo vide intensamente impegnato nell’avanzare proposte a favore della cooperazione. Studiò e approntò il progetto di legge, cosiddetto del «maltolto», per restituire alla cooperazione i beni patrimoniali e immobiliari espropriati dal fascismo. Inoltre “particolarmente significativi [furono] gli interventi riguardanti la difesa delle cooperative facenti capo alla Lega, che in quel periodo erano state oggetto di vistosi boicottaggi, commissariamenti e ordini di scioglimento, dalle ingerenze di Governo e Prefetti” (Espinosa). Nel 1957 entrò a far parte del neo-istituito Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro in rappresentanza delle cooperative di produzione e consumo.

Dopo la scissione socialdemocratica del 1947, Grazia militò nell’ala sinistra del PSI. Nel 1964 partecipò, dopo la decisione di Nenni di dare vita al primo governo di centro-sinistra con la DC, alla nascita del PSIUP. Grazia nel 1968, anticipando di alcuni anni la scelta del PSIUP dopo le elezioni del 1972, aderì al PCI.

Nell’estate del 1972, colpito da una grave malattia, fu costretto a rassegnare le proprie dimissioni da tutti gli incarichi ricoperti e a ritirarsi dalla vita politica. Morì a Bologna il 31 maggio 1972.

Liliano Faenza nel suo libro su il “Socialismo riminese” racconta di una presenza costante di Grazia nella vita politica riminese. Ma lo fa con ben poca simpatia. Racconta che nel 1947, dopo la scissione socialdemocratica, per inaugurare la nuova sede del PSI a Palazzo Baldini “Armando Bascucci aveva chiamato, da Bologna, l’ex anarchico riminese, già direttore del ‘Sorgiamo!’ negli anni venti, Verenin Grazia, che da tempo aveva abbandonato l’anarchismo per abbracciare il verbo marxista”. E Faenza prosegue: “La parabola di Grazia, ora deputato per il PSI alla Costituente, era stata analoga a quella di parecchi altri suoi correligionari riminesi: Ciro Musiani, Gualtiero Bracconi, Giovanbattista Ricci, ora consiglieri comunali comunisti; e inoltre Libero Angeli, Fernando Casalboni, Rodegasio Brolli, Guerrino Nardi i quali dal credo di Pietro Gori erano passati, anche se ciò può apparire paradossale, a quello di Stalin. La verità è che, per essi tutti, l’anarchismo giovanile, era scaturito da un sentimento generico di avversione al sistema (…) Per molti di quegli anarchici, poi, il ‘ribaltone’ lungamente agognato, si era verificato, bene o male, nel 1917, a Pietroburgo (…). Per effetto di tali e tanti sentimenti, stati d’animo, inclinazioni, in regime di dittatura fascista, quegli anarchici, che erano in fondo ex populisti o socialisti di sinistra, o social rivoluzionari, si erano scoperti alla fine comunisti, collegandosi ai nuclei dell’antifascismo comunista prima, e resistenziale-partigiano poi”.

“Quello dell’ex anarchico Verenin Grazia, tuttavia, non era stato un approdo identico degli ex anarchici più sopra citati, ma in qualche modo simile, anche se un poco anomalo. Infatti per la ferma difesa del patto [con i comunisti] che egli, come socialista aveva assunta, era stato l’approdo di uno che si sente socialista e comunista nello stesso tempo (molti anni dopo corse purtroppo voce, mai smentita, che egli avesse due tessere)”.

Verenin Grazia (foto tratta dal sito della Camera dei deputati – Portale storico)

1930. Copertina del fascicolo di Verenin Grazia al CPC (Casellario Politico Centrale) all’Archivio di Stato di Roma

31 marzo 1957. Bologna. Cerimonia di commemorazione per il 12° anniversario degli eccidi di San Ruffillo. Sul palco parla Verenin Grazia (dall’Archivio fotografico dell’ANPI di Bologna pos 57 03739, fotografo non identificato)

Primi anni ’60. A destra Verenin Grazia, Vicepresidente Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue dal 1958 al 1962 (dall’Archivio fotografico on-line di LegaCoop Bologna, Centro Italiano di documentazione sulla cooperazione e l’economia sociale)