HomeIl corsivoA quando “fascismo e champagne”?


A quando “fascismo e champagne”?


5 Giugno 2018 / Nando Piccari

Transitando in Viale Regina Elena, a Rimini, ad un certo punto non potrete fare a meno di turarvi il naso per non essere sopraffatti da un tanfo insopportabile. D’istinto vi metterete a scrutare il marciapiede, imprecando contro il maleducato proprietario del cane di cui immaginate aver calpestato una grossa cacca. Ben presto, però, vi accorgerete che quel lezzo non lo emana del putridume attaccato alle vostre scarpe, ma proviene da un esercizio commerciale che si trova lì a fianco, nella cui vetrina fa bella mostra di sé un’abbondante quantità di escrementi di origine umana, anche se di una umanità alquanto miserevole. Si tratta di macabre bottiglie di vino e di birra, le cui rivoltanti etichette elevano un inno osceno agli orrendi padri della criminalità fascista e nazista, due fra le più grandi “mondezze della storia”: Benito Mussolini e Adolf Hitler.

Se a quel punto sarete assaliti dal comprensibile istinto di sputare, cercate di trattenerlo. Sa non ci riuscirete, vedete almeno di sputare in terra e non in aria. E se lo sputazzo dovesse comunque rimbalzare su quella vetrina…pentitevi subito dopo.

Possibile che questi non rari casi di provocatoria nefandezza finiscano quasi sempre, in questo Paese, col trovare la magistratura disposta a far finta che si tratti di semplici e consentiti espedienti di “strategia commerciale”? E non, invece, della perfetta corrispondenza ad una delle fattispecie sanzionabili ai sensi della quasi mai applicata Legge Scelba, per la quale «…è punito con la reclusione da sei mesi a due anni (…) chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo…».

Quella disposizione, vigente fin dal 1952, è stata ulteriormente ribadita da una più recente legge, risultata però anch’essa altrettanto “sfortunata”, non avendo quasi mai incontrato magistrati disposti ad applicarla. In compenso il suo firmatario, l’ex Ministro dell’Interno Nicola Mancino, ha trovato un solerte Procuratore, già idolo dei grillini, che gli ha “movimentato” alcuni anni di vita rimediandogli un posticino da imputato nel processo sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia”, in base ad un’accusa da cui Mancino è stato poi ovviamente assolto.

La logica, il buonsenso e… la lingua italiana con cui è chiarissimamente scritta quella norma, porterebbero a dire che non vi siano dubbi: piazzare l’effigie di quei due cialtroni su bottiglie di vino e di birra esposte in vetrina, magari col corredo di gagliardetti e manganelli, è più che sufficiente a riconoscervi una «pubblica esaltazione di esponenti del fascismo», ed è tale da comportare la galera.

Ma in Italia, si sa, più che la legge è “l’interpretazione della legge” ad orientare l’applicazione della giustizia; per cui un diffuso tormentone giurisprudenziale ha stabilito che occorrerebbe una terza legge per essere del tutto sicuri che anche l’esaltazione del “fascismo in bottiglia” comporti davvero il reato di… esaltazione del fascismo.

Lo aveva chiesto a gran voce il Sindaco Gnassi e ci aveva provato la passata maggioranza parlamentare, ad accontentare l’altisonante pignoleria dei “palazzoni di giustiza” con la proposta di legge Fiano, che però ha fatto in tempo a raccogliere il solo consenso della Camera, bersagliata dai furibondi attacchi degli azionisti dell’odierno governo legaiol-grullino: primi fra tutti lo Schwarzenegger della Brianza Salvini e il bulletto di borgata Di Battista (che fa rima con “babbo fascista”). Ovviamente con l’aggiunta dell’attuale loro “ruota di scorta”, la comare Meloni, con la quale leghisti e grillini si sono spartiti il 4 marzo un sempre più consistente elettorato animato da pulsioni neofasciste: la quota di maggioranza a Fratelli d’Italia, un po’ meno alla Lega e quel che resta ai 5 stelle, dove a suo tempo padron Grillo aveva aperto le porte ai neofascisti da Casa Pound.

«Cancelleremo anche la Legge Mancino», ebbe a tuonare in quell’occasione Salvini. Ma forse è un pericolo che l’Italia delle persone perbene per il momento non corre, poiché il “ministro attaccabrighe” che siede da pochi giorni al Viminale si è dato altre priorità: spezzare le reni all’Europa e dare una ripassatina ai migranti, per i quali «è finita la pacchia!», ha sbrufoneggiato un attimo dopo aver messo i piedi sulla nuova scrivania.

Per il primo obiettivo, che corrisponde pure ai desiderata del dittatore russo Putin, Salvini ha già stretto un’intesa col suo amico Orban, il fascista che domina l’Ungheria; e a loro si aggiungerà ovviamente il premier polacco, l’altrettanto fascista Morawiecki.

Liberare l’Italia dalla “marmaglia migrante” sarà invece un po’ più complicato, anche se il mare ha ricominciato a fare la sua parte, inghiottendo ieri una cinquantina di sventurati che avevano intrapreso quel viaggio della speranza. Per loro “la pacchia è finita” prima ancora di cominciare.

Nando Piccari