HomeCulturaA Rimini spiaggia vietata agli Ebrei, un romanzo ma non una fiction


A Rimini spiaggia vietata agli Ebrei, un romanzo ma non una fiction


2 Luglio 2018 / Paolo Zaghini

Lidia Maggioli: “Sognando il cavalluccio marino” – Panozzo.

Una storia terribile, raccontata a voce bassa, quella che il nonno Elia Minerbi illustra ai nipoti, due gemelli, Paolo e Danila Lombardo. Ancora una volta l’Autrice, Lidia Maggioli, gioca sul presente e sul passato per narrare, utilizzando memorie familiari, vicende drammatiche del nostro Paese. In questo caso l’introduzione 80 anni fa delle leggi razziali in Italia e la loro applicazione.

Le leggi razziali fasciste furono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari) applicati in Italia fra il 1938 e il 1945 dal regime mussoliniano e poi dalla Repubblica Sociale Italiana. Esse furono rivolte prevalentemente contro le persone di religione ebraica. Il loro contenuto fu annunciato per la prima volta il 18 settembre 1938 a Trieste da Benito Mussolini, in occasione di una sua visita alla città. Furono abrogate con i regi decreti-legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944, emanati durante il Regno del Sud.

Nell’estate 2016 due ragazzini, gemelli undicenni, che vivono a Milano sono affidati al nonno materno, recentemente rimasto vedovo, affinché li porti al mare. Qui le giornate di vacanza (sulla costa romagnola) trascorrono fra nuotate, giochi di abilità, incontri con altri turisti. Ma, con il passare dei giorni, la convivenza è l’occasione per far rivivere nei racconti di nonno Elia ai gemelli la sua infanzia, segnata dalla dittatura fascista e dalla violenza dell’antisemitismo. “Strano, spesso si chiude a riccio, altre volte sembra che aspetti solo una piccola spinta per mettersi a raccontare”.

E piano piano la storia del nonno si avvia: “A quei tempi nessuno del paese andava in vacanza, i soldi servivano per vivere. A volte però poteva essere necessario un soggiorno per cura. Io soffrivo già d’asma e mia madre benché ci fosse la guerra si era decisa”. Partendo Elia promette all’amico più caro, Vittorio, che gli porterà un cavalluccio marino. “Ma c’era un problema, per qualcuno non meritavo il mare”.

Il caso vuole che il centro balneare in cui il racconto è ambientato sia lo stesso dal quale, settantatré anni prima, il piccolo Elia e sua madre Regina erano stati cacciati per ragioni di “razza”. Dice l’albergatrice: “Voi non potete alloggiare da me, questa è una spiaggia di lusso proibita agli ebrei”. Sì, perché fra le varie ordinanze dei fascisti ce ne era una che proibiva l’ingresso degli ebrei nelle spiagge catalogate come A, riservate solo agli ariani, ai puri di razza.

Lidia, con Antonio Mazzoni, aveva del resto raccontato storicamente questo fatto nel loro volume “Spiagge di lusso. Antisemitismo e razzismo in camicia nera nel territorio riminese” (Panozzo, 2016). L’opera offre una ricognizione documentata sulle vessazioni subite dai cittadini ebrei – residenti, fruitori di seconda casa, villeggianti e infine sfollati di guerra – nel territorio costiero tra Bellaria e Cattolica dal 1938 al 1944.

Lidia e l’editore Panozzo stanno credendo molto in questo volume che racconta, in maniera semplice e adatta ai più piccoli, la vicenda delle leggi razziali e delle deportazioni naziste subite da un bambino, sopravvissuto fisicamente, ma che a distanza di tanti anni non è ancora riuscito a rielaborare le ferite che dentro di sé ancora sanguinano. “Le guerre a un certo punto finiscono, il dolore no, quello non finisce mai”. 

L’io narrante di questo breve romanzo di fantasia, ma ispirato alla triste realtà storica, è Paolo, uno dei due gemelli, che nel suo diario si presenta, racconta della sua famiglia e di questa avventura estiva. La storia si intreccia tra il presente della bella vacanza agiata dei tre e le ferite del passato che affiorano lentamente. E l’amico del nonno, Vittorio, grazie ad un rinvenimento in spiaggia da parte dei ragazzi, potrà finalmente ricevere “in dono un cavalluccio marino, l’esemplare straordinario che gli era stato promesso in una vita precedente, nell’estate del millenovecentoquarantatré”.

Paolo Zaghini