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A quando la tessera CGIL a Gioenzo Renzi e Rufo Spina?


13 Marzo 2023 / Nando Piccari

Basta attacchi sconsiderati al Governo per l’incidentale strage nautica di Cutro, che figuriamoci se non verranno oggi ripetuti anche per l’altra strage, successa domenica nel Mar Mediterraneo. Tanto più che ad evitarle entrambe sarebbe bastato che quegli sconsiderati migranti, anziché farsi prendere dalla smania di fuggire dalla loro terra, avessero dato retta al consiglio del ministro Piantedosi, che era stato chiaro: «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli. Da disperato non partirei, io educato a chiedermi non cosa posso aspettami dal mio Paese ma cosa posso dare io al mio Paese».

A parte il fighettoso surplus della citazione kennediana, il ministro Matteo Vice-Salvini ha ragione: di qualcosa si deve pur morire.

Allora, caro immigrato, perché rischiare di affogarti in mare? Non ti basta il rischio di morire che corri ogni giorno a casa tua, per mano telebana se sei afgano, per una bomba in testa se sei siriano, per fame se sei bangladese? Almeno risparmieresti così l’enorme cifra che ti tocca sganciare ai potenti trafficanti di esseri umani i quali, contrariamente a quanto finge di credere il Governo italiano, non guidano i barconi, ma foraggiano chi lo fa al posto loro. Come pure la soldataglia che a bordo di navi pagate dall’Italia finge di non veder partire i tanti disperati che, se avranno la buona sorte di sbarcare in uno dei nostri porti, verranno chiamati con disumanità «carico residuale» da un ministro della Repubblica.

Cos’è poi questa storia della Meloni che se ne sarebbe semi-lavata le mani di Cutro? Solo perché nella famose “Tesi di Trieste sull’immigrazione”, ha fatto scrivere che il motto evangelico «Ama il prossimo tuo come te stesso», starebbe solo a significare «Prima gli italiani»? E che per questo ha aggiunto: «Intendiamo abolire l’anomalia italiana della “protezione umanitaria” L’immigrazione non è un diritto». Prendendo inoltre a prestito, per rafforzare il concetto, la frase «L’Italia rappresenta nel mondo una specie di minoranza genialissima tutta costituita di individui superiori alla media umana», coniata da quel Filippo Tommaso Marinetti sodale di Mussolini, uccisore di due giovani anarchici e componente della banda di criminali fascisti che assaltò e distrusse la sede del giornale socialista “L’Avanti”.

Andrebbe al contrario apprezzato come “il Signor Presidente del Consiglio” sia riuscita a trovare un buco per infilare proprio a Cutro una fugace riunione del Governo, pur stretta com’era fra tanti impegni patriottici. Prima la trasferta in terra arabica, per non essere da meno di Matteo Renzi. A seguire, gli onori di casa a Netanyah, il corrotto “quasi dittatore” israeliano il quale, con la complicità di alcuni suoi ministri che non hanno nulla da imparare dagli ayatollah iraniani, sta violentando i capisaldi dell’assetto democratico del Paese, sospingendolo verso l’apartheid.

Ma cosa si poteva volere di più dalla Meloni? Che forse dovrà perfino pagare i diritti d’autore a Papa Francesco per non incorrere nell’accusa di plagio, avendogli sottratto e fatto incidere sulla lapide affissa in Comune il testo della sua accorata predica domenicale.

Riguardo poi alla pretestuosa accusa di non aver trovato il tempo per una parola di conforto ai familiari delle vittime, solo chi sia in malafede può disconoscere che lei abbia fatto di più, invitandoli addirittura a Palazzo Chigi e… peggio per lo loro se, come sembra, non vorranno andarci.

Ma dove si supera il segno è nell’assurda accusa di non aver dedicato un minuto di raccoglimento per rendere omaggio a quell’infinità di tombe che nell’immensa camera ardente del palasport racchiudono altrettanti uomini, donne e bambini annegati.

Perché mai il presidente Meloni avrebbe lasciato così in fretta e furia Cutro? Forse per paura di perdere l’aereo presidenziale? No, perché era ansiosa manifestare, in modo non scontato ma poeticamente simbolico, un solidale e commosso cordoglio per quelle persone annegate.

Infatti Salvini le aveva generosamente offerto l’occasione del suo compleanno per intonare insieme a lei, con l’approvazione di Berlusconi accompagnato dalla sua giovane badante, la celebre «Canzone di Marinella, che scivolò nel fiume a primavera / Ma il vento che la vide così bella / Dal fiume la portò sopra una stella / Dicono poi che mentre ritornavi / Nel fiume, chissà come, scivolavi / E lui che non ti volle creder morta / Bussò cent’anni ancora alla tua porta». Come non cogliere la superiorità emotiva di quel solidale karaoke rispetto all’immobile fissità dell’omaggio reso da Mattarella alle salme degli annegati?

Comunque la Meloni dovrà sospendere per alcune ore la caccia agli scafisti «in tutto il globo terracqueo» per il prossimo venerdì 17, poiché la Cgil, incurante della superstizione, l’ha invitata a Rimini, ad esibirsi al suo congresso nazionale. Per carità, è vero che la Cgil, come ricorda Landini, ha sempre invitato i presidenti del Consiglio in carica; che solo tre hanno accettato e che quasi tutti gli altri hanno delegato un ministro. Fra questi non c’è però mai stato Salvini, con immaginabile dispiacere del predecessore Susanna Camusso (voleva farsi chiamare al maschile, come la Meloni), il quale ebbe a dichiarare gongolante: «La Cgil convive con i leghisti. Pensiamo sia un bene che questi lavoratori siano presenti nella nostra organizzazione. Quando in altre stagioni la Lega tentò di lanciare dei sindacati propri, non ebbe alcun risultato». Venerdì ci penserà l’applausometro a rivelarci se la Cgil di Landini sia peggiorata rispetto a quella di Camusso.

Nando Piccari

Post Scriptum
Dopo aver elargito il diploma di “bravo carabiniere” a qualcuno dell’Arma riminese, i nostrani Fratelli d’Italia hanno pure insignito di analogo attestato un’appartenente alla Pubblica Sicurezza.
Alla guardia di Finanza e alla Capitaneria di Porto stanno rosicando: “Ma noi chi siamo?”, continuano a ripetere.