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No alla segregazione delle toilettes e sì ai bagni inclusivi: in Italia caute sperimentazioni anche alla Bocconi di Milano

«A quale genere appartiene?» «Al genere umano». Con questa parafrasi della celebre battuta di Albert Einstein sulla «razza» mi dichiaro apertamente solidale con tutte le iniziative “no gender”, a rischio di giocarmi le simpatie di qualche lettore o lettrice. Doverci sempre identificare come maschi o femmine fin dalla nascita, qualunque cosa facciamo e dovunque andiamo, può essere faticoso, oltre che inutile, se è vero che la legge e i diritti sono uguali per tutti. Del resto la natura è molto più varia e sorprendente delle nostre più radicate convinzioni, e anche la tradizione, cui spesso ci appelliamo, è tutt’altro che univoca e granitica per quanto riguarda le prerogative dei generi: parecchi comportamenti che crediamo associati dall’inizio dei tempi alla femminilità (trucco e parrucco, il colore rosa, i tacchi alti) fino a tre o quattro secoli fa erano tranquillamente praticati da supermaschi cis etero, e nemmeno i Pro Vita e Famiglia oserebbero dare della drag-queen al cattolicissimo re Luigi XIV (innumerevoli amanti, un esercito di figli illegittimi, eppure a sessant’anni nei ritratti ufficiali sfoggiava parrucca a riccioloni, naso incipriato, pizzi, giarrettiere, e tacco 10 rosso fuoco). Ai tempi del Re Sole le toilettes (nel senso di luoghi di decenza) erano l’ultimo dei problemi,

Ecco perchè è impossibile demonizzare Michelle Comi per la sua colletta destinata alla chirurgia estetica

La docuserie su Wanna Marchi proposta da Netflix ha scolpito nella memoria degli spettatori una massima indimenticabile, che ha la perentorietà e l’efficacia delle grandi verità: «I coglioni devono essere inculati». Lo dice la protagonista, in tono seccato, quando si tenta di estorcerle qualche senso di colpa rispetto alle migliaia di turlupinati dal sale magico e dai numeri del lotto del mago do Nascimiento. Al netto dell’umana pietà per gli sprovveduti che hanno consegnato fiduciosi a Wanna i propri risparmi, come si fa a darle completamente torto? E se non si riesce a non riconoscere qualche (cinica) ragione alla Signora dello Scioglipancia, ancora meno si può demonizzare Michelle Comi, l’influencer e starlet di OnlyFans su cui nei giorni scorsi si sono concentrati i livori del web. Questa bellissima ragazza torinese, ex impiegata passata alla ben più redditizia professione di content creator sul famoso social per guardoni, ha lanciato sulla piattaforma GoFundMe una colletta di auto-beneficienza per finanziarsi un intervento di mastoplastica additiva, ovvero per aumentarsi il seno. Obiettivo dichiarato fin dall’inizio e raggiunto nel giro di ventiquattro ore, grazie al buon cuore dei suoi «sudditi» (così li chiama lei, che si propone come la loro «principessa»), che per lo più non

"Cristiano" per i nostri nonni non era una parola divisiva e dei "cretini" poveri di spirito era il Regno dei Cieli

Con l’età la memoria diventa sempre meno giornalista e sempre più archeologa. Nel senso che se la cava male quando si tratta di resocontare quel che ti è successo la mattina, ma è bravissima a ripescare dal tuo passato remoto schegge di reminiscenze che credevi sepolte per sempre. Ultimamente la mia memoria-Indiana Jones ha scavato nella mia infanzia e ha riportato in superficie un’espressione dei miei nonni, la parola “cristiano” nell’accezione generica di “essere umano”. Siccome mi viene da usarla soprattutto con i miei figli (“cerca di mangiare da cristiana”, dico a mia figlia che studia negli Usa, l’inferno del junk-food; “non puoi vestirti da cristiano?” domando a mio figlio che si ostina a stare in maniche corte con le temperature autunnali), ricevo in cambio occhiate sconcertate: loro intendono “cristiano” solo nell’originario senso confessionale, e si preoccupano. Oddio, la mamma è rimbambita ed è diventata teo-con, adesso vuole che mangiamo pesce il venerdì e che andiamo in giro con la tunica dei Crociati. Li capisco: oggi “cristiano” diventata una parola che divide, potenzialmente contundente, e usata solo in contesti particolari, religiosi o, più spesso, politici, vedi Salvini che sbandiera Bibbia e rosario o Meloni che strilla “sono cristiana e nessuno può

Boiate che non si possono leggere né sentire, ma Feltri se ne infischia, le proclama senza vergogna e campa meglio di me e di voi

L’esperienza mi ha dimostrato che un po’ di cattiveria migliora e allunga la vita. E dico “un po’” solo per decoro, perché in realtà mi sembra che più si è cattivi, acidi e sfacciatamente egoisti, meglio e più a lungo si campa. Il dubbio mi è sorto vedendo che nel mio parentado i primi ad andarsene sono stati quelli che più si erano sacrificati e prodigati per i familiari, i più gentili e sottomessi, i quali, se la vita funzionasse come le favole, avrebbero meritato tutto il bene possibile, a cominciare da una vecchiaia lunga e serena. Privilegio che invece il fato sembra accordare ai più insopportabili, che godono di una salute di ferro e campano alla grande fino a tarda età, rompendo l’anima a figli, nipoti e un’imprecisata quantità di badanti. Quando ho notato che il fenomeno si riscontra non solo in parecchie altre famiglie, ma anche nel grande mondo in generale, ho dovuto rivedere la mia ingenua morale da Cenerentola e riconoscere che la cattiveria paga, nel breve e nel lungo periodo. Non è nichilismo né cinismo, ma una semplice riflessione antropologica e psicologica: il «cattivo» è quello che antepone senza pudore se stesso e propri bisogni e capricci a

Come può essere sfuggito a un intero paese cosa vi stava accadendo

Questa settimana le italiane si sono divise in due categorie: quelle che hanno seguito morbosamente gli sviluppi del caso di Chiara Petrolini e le bugiarde. L’agghiacciante doppio neonaticidio di Traversetolo coinvolge una molteplicità di figure femminili - una studentessa ventenne, sua madre, sua nonna, le amiche del cuore, la madre del fidanzato – all’interno di una famiglia normale, a sua volta all’interno di una piccola comunità apparentemente sana. Per questo sollecita e interroga le donne di tutte le età e status: tutte siamo state tutte ragazze, abbiamo avuto fidanzati e amiche del cuore, e ora molte di noi sono diventate madri, nonne o quasi-suocere. E in ognuna di queste vesti possiamo domandarci non solo com’è potuto succedere, ma anche di immedesimarci nei vari ruoli e domandarci cos’avremmo fatto se ci fossimo trovate in quella situazione. Come avremmo affrontato a vent’anni una gravidanza indesiderata? Non avremmo fatto di tutto per evitarne un’altra? Come avremmo aiutato un’amica «nei guai»? E oggi, come madri, sappiamo tenere gli occhi aperti sui drammi segreti delle nostre figlie? Come mamme di maschi, e in collaborazione con i padri, abbiamo istruito a sufficienza i nostri figli riguardo alla sessualità responsabile, o pensiamo che il loro pisellino santo non

Ma la classe dirigente di estrema destra proprio sulla paura del nuovo e del diverso ha costruito la sua ascesa

«Tesoro, ho una notizia: fra nove mesi avremo una detrazione fiscale»: sarà questo il nuovo modo di annunciare al partner l’arrivo di un bebè, se si concretizzerà lo slogan del ministro dell’Economia Giorgetti, «più figli, meno tasse». Obiettivo, incentivare la natalità, che in Italia decresce di anno in anno, per ragioni statistiche – il calo demografico è iniziato trent’anni fa, quindi ci sono meno italiane in età fertile – ed economiche: la sicurezza occupazionale e abitativa per gli under-35 è quello che è. Posto che ogni bambino che nasce è una festa, mi sembra difficile che gli sgravi di Giorgetti trasformino in una primavera l’inverno demografico, visto che ne godranno solo le persone che hanno già una certa stabilità. Ma l’insistenza sulla «natalità» mi dà sui nervi, così come certi indicatori vagamente zootecnici: il tasso di fecondità, per esempio, cioè il numero di figli per donna (il nostro è il più basso d’Europa, ex aequo con la Spagna). I nostri governanti continuano a dirci che i figli si fanno in due, che ogni bambino ha bisogno di una mamma e di un papà, ma alla fine la responsabilità di generare è addossata tutta alle donne, inchiodate all’eterno ruolo di fattrici. Che all’interno

Perché tanta acredine verso l’influencer pompeiana? Meloni si tiene al governo Daniela Santanché, ben più spregiudicata e sfacciata di Boccia e oltretutto con qualche guaio con la giustizia

Sapete che c’è? Io il ministro Sangiuliano lo capisco. E più conosco Maria Rosaria Boccia, attraverso i suoi post e le interviste, più lo capisco. Arrivo a dire che la sbandata per la bionda influencer di Pompei è uno dei risultati più onorevoli del suo mandato ministeriale. Perché Boccia non è l’olgettina under-30 o la Noemi Letizia che piacevano alla buonanima di Berlusconi, e nemmeno il tipo dell’opulenta showgirl prediletto dall’altra buonanima di Bettino Craxi. È una quarantenne in formissima, con un look da pupa delle canzoni di Fred Buscaglione e un cervello di prim’ordine, tosta, determinata e sfrontata quanto basta per non lasciarsi intimidire da interlocutori tanto potenti quanto ipocriti. Infatuarsi di una donna così non è una debolezza, anzi. Lo è, semmai, cagarsi in mano appena la coniuge fa una scenata, rimangiarsi le promesse, negare l’evidenza e fare un imbarazzante autodafé al Tg1 delle 20, con la fronte ammaccata da una mattarellata. Giorgia Meloni, che in un primo tempo aveva detto a Sangiuliano «piccolo uomo, non andare via» e poi ne ha accettato le dimissioni, finge di non rendersi conto che lei e Boccia (una sua elettrice, oltretutto) sono fatte della stessa pasta, e ieri a Cernobbio nei suoi riguardi

La loro magia è nata nell'era pre-social ma non sottovalutiamo l’inventiva delle bambine

Ieri sera avrei voluto fare un giro al Winx Party, il ventennale delle fatine più famose dei cartoons che si è celebrato in piazza Malatesta. Malgrado la mia prole sia stata piuttosto indifferente alla Winx-mania che impazzava durante la loro infanzia, e all’epoca tutta la saga di Alfea ideata da Iginio Straffi mi desse piuttosto sui nervi (a casa mia si preferivano le Witch della Disney, nate qualche anno prima), oggi mi ritrovo a rimpiangere Bloom, Flora, Tecna e compagnia. Non mi dànno più tanto fastidio i loro outfit succinti e la loro fisionomia impossibilmente affusolata e longilinea, un modello fisico irraggiungibile che poteva gettare nell’animo delle piccole fan i semi dell’insoddisfazione per il proprio corpo. Oggi le ragazzine vorrebbero assomigliare a influencer ritoccate dal chirurgo e corrette dai filtri fino a risultare anche più irreali di un cartone animato. Almeno le Winx vivevano avventure fantastiche in un mondo alternativo, e non si limitavano a ballicchiare e a esibire il loro shopping nei video su TikTok. E comunque anche le Barbie, le adorate compagne della mia infanzia, avevano corpi da pin-up in miniatura, cosce lunghe e seni prosperosi non certo fatti per educare le fanciulle alla modestia, per non parlare dello

I neuroni-specchio ci permettono di empatizzare col prossimo, quando non funzionano viviamo male e facciamo vivere male quanti ci stanno intorno

Bella cosa i neuroni-specchio, che ci permettono di empatizzare col prossimo e di imparare da lui imitandolo. Quando non funzionano viviamo male e facciamo vivere male quanti ci stanno intorno a causa dell’incapacità di capire cosa provano e metterci in relazione con loro. Ma anche quando funzionano troppo possono darci qualche noia – io, ad esempio, devo avere mille cautele rispetto ai prodotti dell’immaginario (film, serie, libri) contenenti scene di violenza, di crudeltà e di sofferenza fisica. Mi ripeto che è solo finzione, ma i miei neuroni specchio se ne fregano e devo interrompere la lettura, chiudere gli occhi o fare avanti veloce fino alla prossima scena con gente calma e incolume. Figurarsi quando la scena di sofferenza è dal vivo e coinvolge dei bambini. Disclaimer: non voglio parlare di violenza domestica o di abusi da Telefono Azzurro, atti orribili che si consumano all’interno delle case, lontano da occhi estranei; questa è una rubrica leggera, dove accostare il grave al futile è solo un espediente retorico per strappare un sorriso. Ma i miei neuroni-specchio sono delle pappemolle e prendono tutto molto sul serio, specie quando si tratta di pianto infantile. Questa debolezza in passato mi ha reso una madre lassista, perché

Nessun eletrodomestico può essere in questo momento più utile o allao stesso tempo più dannoso

Avete mai riflettuto sul senso della parola “elettrodomestici”? Vuol dire proprio quello: elettro-domestici, cioè domestici ad alimentazione elettrica. Macchine che svolgono funzioni un tempo affidate, da chi poteva permetterselo, a personale di servizio in carne e ossa. Non c’è più la servitù di una volta, in compenso oggi ce l’abbiamo tutti, solo che non porta più il grembiule, non va mai a trovare la famiglia al paesello e quando si guasta bisogna chiamare un tecnico. Per le donne occidentali, soprattutto quelle delle classi meno abbienti, che i lavori di casa più pesanti dovevano farli da sole in casa propria e/o farlo per i ricchi, è stata una liberazione dalla schiavitù, con la lavatrice nel ruolo di Abramo Lincoln. Ci sono solo due o tre generazioni fra noi e le donne che dovevano lavare tutto il bucato a mano, nel mastello, al fiume o al lavatoio, con il ranno o la lisciva, la cui preparazione era un lavoro supplementare. E per bucato si intende biancheria, camicie e mutande di gente che si lavava pochino, poiché per la stragrande maggioranza degli italiani l’igiene personale era infinitamente meno comoda e agevole rispetto a oggi. Morale, nel pantheon di mia nonna (nata contadina, servetta a

Un meraviglioso diorama dell’umanità che abita il nostro pianeta, stupefacente tanto nella sua varietà quanto nell’entusiasmo e nella voglia di partecipare

Lo spirito olimpico, che per quindici giorni vede esaltati valori che in genere non coltiviamo, assomiglia per certi versi allo spirito natalizio, l’overdose di buoni sentimenti che chiude ogni anno. Risultato, alla chiusura dei Giochi, ci ritroviamo, ancora imbevuti di afflati cosmopoliti, ecumenici e decoubertiniani, a stilare una lista di propositi virtuosi, proprio come succede a San Silvestro. Le Olimpiadi sono un meraviglioso diorama dell’umanità che abita il nostro pianeta, meravigliosa e stupefacente tanto nella sua varietà quanto nell’entusiasmo e nella voglia di partecipare. Per questo una delle prime cose che ci ripromettiamo è un bel ripasso di geografia, per collocare sul mappamondo mentale paesi di cui avevamo dimenticato o sempre ignorato l’esistenza, e che abbiamo scoperto durante le gare. Ad esempio Saint Lucia, che non è solo la notte più lunga che ci sia, ma anche un’isoletta caraibica grande più o meno come Modena e che a Parigi ha guadagnato un oro e un argento, molto più di paesi ben più grandi e noti alle cronache. Quello scoglietto delle Piccole Antille deve avere davvero qualcosa di speciale, visto che è anche il paese con la più alta densità di premi Nobel rispetto alla popolazione: uno per l’Economia (W. Arthur Lewis nel

Fra l'altro il detto risale alla notte dei tempi ma con tutt'altro significato

C’è qualcosa di più banale che scegliere come incipit il primo articolo del mese di agosto il vecchio adagio “agosto, moglie mia non ti conosco”? Sì, farlo seguire su una riflessione sulla corna estive, corroborata dalle notizie sul superlavoro delle agenzie investigative nel mese consacrato alle ferie e, secondo la tradizione, all’adulterio. Una tradizione che mostra la corda, come tutte quelle legate ai mesi: quello pazzerello non è più solo marzo, la follia ha contagiato pure febbraio e aprile, che ha passato la vecchia nomea “ogni goccia un barile” a maggio, diventato il mese delle alluvioni. “Agosto moglie mia non ti conosco” (in senso biblico), evoca le vacanze della seconda metà del Novecento, quattro settimane di separazione fra coniugi, weekend esclusi, lei sotto l’ombrellone a flirtare con il nerboruto bagnino o con il romantico turista capellone nordico, lui in città ad amoreggiare con la vicina, con «la cameriera veneziana che sta sempre in sottoveste sul balcone a canticchiar», come cantava Domenico Modugno, oppure a concedersi proibite notti brave al night. Ma chi se le può permettere, quattro settimane consecutive di ferie? E in quante famiglie ci sono mogli che possono concedersi un mese di ozio al mare o in montagna sovvenzionato dal