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Il sinistro potere di The Donald, lo stesso delle montagne russe e dei film horror esagerati

Mancano quarantotto ore all’inizio ufficiale della seconda presidenza Trump, e mi sento come quando sono in fila per salire sullo iSpeed, l’attrazione più paurosa (e più eccitante) di Mirabilandia. Mi chiedo se ne uscirò viva, se il cuore mi reggerà, se non è il caso di fare dietrofront e ripiegare su giostre più tradizionali e rilassanti, ma ormai tocca a me, non voglio fare la figura della fifona davanti ai miei figli e comunque sento che in me sta già circolando più adrenalina di quanta ne ho prodotta nell’ultimo anno. È questo il sinistro potere di The Donald, lo stesso delle montagne russe e dei film horror esagerati, quelli che ti fanno ridere istericamente e saltare sulla poltrona a secondi alterni: non sai mai cosa puoi aspettarti, e guardare le news sul telefono o accendere il telegiornale diventa ogni giorno un momento elettrizzante. Cos’avrà tirato fuori, oggi, l’Uomo Arancione? Con quale minoranza se la sarà presa? Quale altro paese avrà minacciato di invadere? Quale leader mondiale avrà insultato? Nel nostro piccolo, possiamo sentirci un po’ colpevoli per questo atteggiamento superficiale e sconsiderato verso un signore che potrebbe far scoppiare una guerra termonucleare globale così come noi ordiniamo una pizza a domicilio. Poi veniamo

Il provvedimento su richiesta dei cittadini, a quando la rivolta contro l'odore di piada e cassoni?

Nella mia personale classifica delle fragranze più irresistibili, quella della pizza calda occupa il gradino più alto del podio, superando l’aroma delle brioches appena sfornate e il profumo dei tigli in fiore, percepibile solo per una manciata di giorni, tra la fine di maggio e i primi di giugno. A conquistare all’odore di pizza la medaglia d’oro, una proprietà particolare, unica e potenzialmente pericolosa per la salute e la linea: ti fa venire all’istante voglia di pizza, anche se ti sei appena alzato da un pantagruelico banchetto di nozze e credi di non poter mandare giù neanche una briciola per almeno una settimana. Si crea, per così dire, una dissonanza fra stomaco e cervello: il primo sta per scoppiare, il secondo dice che c’è laggiù ancora posto per una bella margherita. Se poi lo stomaco non è tanto piano, il cervello trasforma il moderato appetito in una smodata brama di quattro stagioni extra-large con doppia mozzarella. Insomma, che esca da una pizzeria o da un forno casalingo, che ti investa al mattino, al pomeriggio o alla sera, la combinazione tra gli effluvi della pasta lievitata, della pommarola e della mozzarella fusa, impreziosita dall’origano, è una specie di lazo invisibile che ti

Ma devono essere annunciatrici della Buona Novella o di Retequattro?

«A volte nella vita ho trovato qualche suora che aveva la faccia di aceto». Potrebbe essere l’incipit di un brano cantautorale che ricorda spiacevoli esperienze infantili nell’asilo delle monache, o brutti momenti in ospedale, alle prese con certe religiose particolarmente arcigna. E invece, sorpresa: a lamentarsi dell’aspro cipiglio delle suore è stato nientemeno che papa Francesco, il rappresentante in terra del loro sposo celeste, nel corso di un’udienza con le Missionarie della Scuola. «Questo non è affabile» ha proseguito il pontefice, «non è una cosa che aiuta ad attirare la gente. L’aceto è brutto, e le suore con la faccia di aceto, non parliamone!» Dopodiché Francesco ha raccomandato alle suore di dialogare con tutti, tranne che con il diavolo, abilissimo nell’approfittarsi delle gelosie che sorgono nelle comunità. Per carità, Belzebù ha un sacco di difetti, ma verso le sue dipendenti era più diplomatico dell’ultimo successore di Pietro: quando riuniva le streghe nel sabba non si lamentava certo del loro look poco «affabile», ma suonava per loro il suo magico violino e distribuiva imparzialmente le sue attenzioni a tutte, senza badare a età e leggiadria. Mi domando come abbiano reagito le Missionarie all’appello del papa a non avere la «faccia di aceto», che,

Dai ragazzi di Santarcangelo a Cecilia Sala incarcerata, dalla speleologa Ottavia Piana ai migranti che annegano e perfino la signora schiaccata da un pino: la colpa è sempre delle vittime

Cecilia Sala, la giornalista incarcerata dagli ayatollah Christian Gualdi e Luca Perazzini, i due alpinisti di Santarcangelo periti sul Gran Sasso, Ottavia Piana, la speleologa recuperata dall’abisso di Bueno a Fonteno, i migranti annegati nel Mediterraneo: diverse le persone, le loro motivazioni, gli esiti delle rispettive vicende. Unico punto in comune, la stizzita reazione che suscitano in una parte dell’opinione pubblica, quella che oggi ha la possibilità di sversare i propri veleni interiori nell’oceano del web: «Se la sono cercata». Perfino Francesca Ianni, la signora morta a Roma nel giardino pubblico sotto casa, schiacciata da un albero sotto gli occhi dei suoi tre bambini, non è sfuggita al verdetto dei leoni da tastiera: è uscita nel parco dopo una tempesta di vento, ergo, anche lei se l’è cercata. Secondo questi maestri di vita, per «non cercarsi» una disgrazia, o una disavventura che richieda l’intervento di soccorritori «pagati con i nostri soldi» (il «nostri» va preso con beneficio d’inventario, prima bisognerebbe vedere quanto dichiarano e quante tasse pagano i soloni della rete), ci sarebbe solo un modo: stare in casa, uscire il meno possibile e solo in luoghi vicini e ben conosciuti, non fare mai nulla di nuovo, poco collaudato, diverso da quel

Ma se per combattere la violenza sulle donne bisogna cambiare la cultura, come si fa a indignarsi quando si prova a cambiarla?

Avete dedicato qualche neurone all’affaire Tony Effe? Sì, dai, non fingete, non vergognatevi. Del resto era difficile evitare l’argomento, ne hanno parlato tutti, dai tiggì agli opinionisti, su schermo, carta e web, provocando una vera e propria nube tossica di pro-contro-c’è-ben-altro, che rende inutile spiegare come mai l’Oxford Dictionary abbia scelto come parola dell’anno “brainrot”, ovvero lo spappolamento dei neuroni provocato dall’esposizione ai social. Dei neuroni e anche di un’altra rima in -oni, aggiungerà qualcuno, affratellandosi così inconsapevolmente ai rapper e ai trapper come Tony Effe, veri e propri virtuosi della rima, magari con l’ausilio di app che sostituiscono il vecchio e poco maneggevole rimario. Ma okay, facciamo finta che non sappiate chi sia Tony Effe, trapper romano di buona famiglia e di pessimi costumi, ex Dark Polo Gang e ora solista. E che vi siate persi anche il suo recente “dissing” (tenzone in versi, direbbe la prof d’Italiano mancata che è in me) con Fedez – almeno lui sapete chi è, via: l’ex marito pirla di Chiara Ferragni cui da un paio d’anni non ne va dritta una, fra problemi di salute, guai con la giustizia e, last but not least, risse verbali con il compagno di trap Tony Effe. Milano

In Italia l'Iva sugli assorbenti è superiore a quella sui tartufi e sui francobolli da collezione

Sì, sì, belle le luminarie, i concerti di Natale, il Capodanno più lungo del mondo, eccetera. Ma quest’anno il Comune di Rimini ha deciso di mettere sotto l’albero anche un regalo utile e importante per tutte le donne: il taglio della tampon tax, cioè la riduzione dell’Iva dal 10 al 5 per cento su assorbenti e tamponi per tutto il 2025, nelle farmacie comunali. «Un segnale per il governo», ha detto la vicesindaca Chiara Bellini, dove “segnale” forse era un eufemismo diplomatico per «buon esempio» o «lezione», a beneficio di un esecutivo che preferisce spendere miliardi nella costruzione di centri migranti uso canile in Albania e in trattamenti wellness per poliziotti e carabinieri costretti all’ozio, piuttosto che nell’alleggerire il prezzo di articoli igienici di prima necessità per undici milioni e mezzo di italiane. Anche se le feste di fine anno sono momenti consacrati all’ottimismo e ai buoni auspici, è davvero difficile credere che la lezione di Rimini possa essere recepita da palazzo Chigi, impegnato a rastrellare soldi ovunque tranne dove sarebbe sicuro di trovarli: nelle tasche degli evasori. Tanto per inquadrare la sensibilità femminile della premier donna-madre-cristiana-e-nessuno-potrà-toglierglielo, Giorgia Meloni ha chiamato “pizzo di Stato” le tasse sul reddito, e non lo

Due studentesse mettono in scena una finta lite per dare una mossa ai loro social: succedeva fin dal Maurizio Costanzo Show fra Storace e Paissan

Uno dei fenomeni che colpisce di più chi si trova a bazzicare dietro le quinte di un talk show, da quelli di approfondimento politico ai salotti più pop, è la differenza quasi schizofrenica di comportamento che si nota in ospiti che fino a un attimo fa, davanti alle telecamere, si sono azzannati e graffiati come cane e gatto. Ti aspetteresti che il litigio prosegua anche nei camerini e ti auguri che ci sia qualcuno pronto con un secchio d’acqua gelata e delle corde robuste, e invece, sorpresa!, ti ritrovi i contendenti a sorseggiare un caffè discorrendo da amiconi del più e del meno. Che bello, è scoppiata la pace, pensi. Però poi qualche giorno dopo, in un altro programma, ecco gli stessi due personaggi accapigliarsi con rinnovata veemenza, scagliandosi accuse sanguinose. La prima volta che mi è capitato di vederlo con i miei occhi ero ospite al Maurizio Costanzo Show, e i finti-veri-litiganti non erano due rapper in tempesta ormonale o due showgirl dai nervi ballerini: erano nientemeno che Francesco Storace, il mitico Epurator, pezzo grosso di Alleanza Nazionale all’epoca capo della Commissione di vigilanza sulla Rai, e Mauro Paissan, allora senatore dei Verdi, che tuonava contro l’occupazione militare dell’emittente di

Le raggelanti motivazioni dei Comuni che hanno negato la cittadinanza onoraria alla Senatrice

Pinerolo, Adro, Biella, Gorizia, Sesto San Giovanni, Ficarolo, Arzignano, Gualdo Cattaneo, Geraci Siculo, Ciampino, Caluso. Quale sarà il trait d’union fra tutti questi comuni italiani? Un santo patrono, un dettaglio nello stemma, una squadra di sbandieratori, la ricetta della zuppa di fagioli? No, purtroppo. Ciò che unisce i succitati comuni è il fatto di avere negato la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre. Varie le motivazioni addotte da sindaci e consigli comunali, prima fra tutte “non ha a che fare con la nostra città”/”non ha legami con il territorio”, ma troviamo anche “non ha meriti particolari” e, ultima in ordine di tempo, “è una strumentalizzazione politica condizionata dalla questione israelo-palestinese”. Questa arriva da Pinerolo, dove a negare nei giorni scorsi il conferimento della cittadinanza a una delle ultime italiane ebree reduci dai lager nazisti è stata una giunta presieduta da un sindaco pentastellato, a seguito di una frattura nella maggioranza, e in particolare nel gruppo M5s. Le altre bocciature, e in genere quelle dal 2019 al 2023, si devono a giunte di centrodestra, che non hanno riconosciuto a Segre “legami con il territorio” (salvo poi, come fece il comune umbro di Gualdo Cattaneo, offrire la stessa onorificenza all’attrice e cantante statunitense Jennifer

L'istruzione e il Merito del ministro Valditara nel rivolgersi a Gino ed Elena Cecchettin

Il patriarcato non esiste? Ma cosa dice, ministro Valditara. Da un cattolico anche un po’ tradizionalista come lei non ci aspettavamo sparate del genere. Dove lo mettiamo il patriarcato di Venezia, da cui sono venuti tanti illustri pontefici? E il patriarcato latino di Gerusalemme, ricoperto attualmente dal cardinal Pizzaballa, caro a noi riminesi perché da ragazzo è stato seminarista alle Grazie e ha frequentato il liceo Giulio Cesare? Anche papa Francesco tecnicamente è il patriarca di Roma. Negando l’esistenza del patriarcato, il ministro dell’Istruzione non si rende conto di rischiare un incidente diplomatico-religioso ancora peggiore con la chiesa ortodossa, che senza patriarchi risulta letteramente decapitata. Ma è comprensibie che “patriarcato” faccia rizzare il pelo a tanti uomini: si domandano cos’hanno a che fare loro con alti prelati barbuti e ieratici, magari un po’ fuori di testa, come il patriarca Kirill, l’amicone di Putin. E anche io, femminista figlia di femminista, non apprezzo particolarmente l’uso che si fa oggi del termine patriarcato, debordato dal suo originario campo religioso (dove significa più o meno super-vescovo) e diventato una parola d’ordine, dunque destinata presto o tardi a passare di moda, col rischio di trascinarsi dietro la giusta e ancora lunga lotta per l’uguaglianza di genere. Ai

Dove un tempo si cinguettava oggi per lo più si vomitano slogan e ingiurie

The Guardian, Elio e le Storie tese, Stephen King, Milena Gabanelli, Alessandro Gassman… e la sottoscritta, insieme a tanti altri utenti: la grande fuga da X, l’ex Twitter acquistato e ormai occupato militarmente da Elon Musk, non ha coinvolto solo super vip progressisti, prontamente sfottuti dalla destra con il famoso monologo di Nanni Moretti: “mi si nota si più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo, ecc. ecc.” (guarda un po’, ci dànno dei radical-chic poi scippano le battute autoironiche di una delle massime icone radical-chic). A scappare dal social dove un tempo si cinguettava e oggi per lo più si vomitano slogan e ingiurie sono anche persone non particolarmente note, che da tanti anni (dodici, nel mio caso) avevano trovato nel social dell’uccellino un equivalente virtuale del bar, un bar con angoli fracassoni che era meglio evitare, ma anche con separé più tranquilli in cui conoscere persone interessanti e scambiarci due parole. Un bar in cui le notizie dal mondo arrivavano subito, senza censure, quasi in tempo reale e con largo anticipo sugli altri media: io mi ero iscritta per seguire i tweet sulle proteste della primavera araba, inviati da paesi in cui la stampa

Il governo da una parte sostiene Israele e dall'altra emette francobolli per celebrare personaggi imbarazzanti

C’è ancora scritto “valori bollati” sull’insegna delle tabaccherie? Il termine indica le marche da bollo, istituzione vetusta e polverosa come certe tasse medievali come il pontatico e il rotatico, eppure sempre in vigore, e soprattutto i francobolli, altro residuato dell’era pre-digitale, di sempre minore impiego pratico e sempre più usati dallo Stato per celebrare anniversari importanti e defunti rimarchevoli a costi contenuti. Ogni anno il Consiglio dei ministri approva un Piano filatelico che indica i personaggi e le ricorrenze che meriteranno di essere commemorate in un rettangolino di carta filigranata. Ovviamente, a seconda del colore del governo cambia anche la tinta delle ricorrenze e soprattutto dei personaggi. Per dire: nel Piano filatelico 2024, accanto a Tommaso d’Aquino, santo e filosofo, a Marsilio Ficino, nome illustre del pensiero rinascimentale, e a Giacomo Matteotti, nel centenario del suo martirio, ci sono figure politicamente controverse come Giovanni Gentile, capofila dell’hegelismo italico ma anche intellettuale mussoliniano, artefice della riforma fascista della pubblica istruzione e ideatore del giuramento di fedeltà al regime obbligatorio per tutti gli insegnanti, che aderì a Salò e fu ucciso dai partigiani fiorentini. O nomi cari agli eredi del Msi come Giuseppe Tatarella, ricordato nel venticinquesimo anniversario della morte. Il venticinquesimo non è

Se le città diventano prodotti non si possono permettere cicatrici della storia e tanto meno della cronaca

Se non avete ancora visto Qui non è Hollywood, la fiction Netflix sul delitto di Avetrana, fatelo: è davvero un prodotto eccellente, sceneggiato e recitato in modo egregio, coinvolgente senza traccia di morbosità. La bravura degli attori, diretti con sensibilità, permette di empatizzare con tutti i personaggi della storia, ritratti come esseri umani e non come mostri. E a dispetto dei timori del sindaco di Avetrana, che ha chiesto e ottenuto la cancellazione del nome del paese dal titolo, la località e i suoi cittadini non vengono dipinti con colori negativi o diffamatori. La fiction ritrae un pezzetto di provincia italiana in cui potremmo riconoscere una frazione o un paesino della nostra zona, o di qualunque angolo d’Italia. Chi ne esce peggio siamo noi giornalisti, avvoltoi a caccia di scoop e violatori compulsivi della privacy altrui, ma la categoria ormai è abituata a essere vilipesa in film e sceneggiati italiani - i reporter sono eroici e simpatici solo nei film americani. Eppure un tribunale, che probabilmente non aveva visto la fiction, ha accolto gli scrupoli del sindaco, timoroso che Avetrana diventasse famosa in Italia e nel mondo solo per l’omicidio della povera Sarah Scazzi, e non per le sue eccellenze archeologiche,