HomeIl corsivoE guai a chi non sorride al sindaco di Pennabilli!


E guai a chi non sorride al sindaco di Pennabilli!


24 Dicembre 2022 / Nando Piccari

Non pago di far già ridere di suo, il sindaco di Pennabilli ha emanato un’ordinanza con la quale ordina ai suoi “sottoposti cittadini”: «Sorridete alla vita, aprite i vostri cuori e riempite di gioia chiunque voi incontrate».
Non è una goliardata pre-natalizia ma un’ordinanza regolamentare, emessa ai sensi dell’Articolo 2 dello Statuto, pubblicata sull’Albo Pretorio del Comune e trasmessa a Prefetto e Forze dell’Ordine, che ancora non ci possono credere.

La cosa sta creando un superlavoro ai vigili, che debbono scrutare attentamente il viso di ogni passante per verificare che dietro a certi movimenti labiali ci sia effettivamente un sorriso d’ordinanza e non invece il ghigno che di solito accompagna un “vaffanculo” fra i denti. Ancora più difficile è riconoscere se chi passa per strada si impegni, come da ordinanza, a “riempire di gioia chiunque incontri”.

Si sono nel frattempo verificati due casi incresciosi.
Il primo: un vigile, udita una signora appena uscita dalla “bottega” di generi alimentari, dire al marito che l’aspettava fuori: “In questo negozio non hanno riso”, si precipita a redarguire il negoziante: “Così lei non ha riso, vero? Si consideri in contravvenzione” E il poveretto che si difendeva: “Sì, il riso l’ho finito. Ma ho ancora i maccheroni, gli spaghetti e anche i maltagliati da fare coi fagioli”.
Il secondo: un ragazzo in bicicletta viene fermato da un altro vigile: “Ti ho visto! Non hai riempito di gioia quel tipo che hai appena incrociato”. E lui di rimando: “Non è vero! Io ho provato a riempirlo, è lui che non ha voluto farsi riempire”.

Ma in fondo bisogna riconoscere che quella “ordinanza ridens” costituisce il più alto derivato della coerenza di un sindaco che per primo ha dato l’esempio del buon ridere.
Rideva quando si è fatto ritrarre in groppa a un asino brandendo un’ascia. Rideva quando si è vantato di essere nato e di voler morire in camicia nera. Rideva quando ci ha spiegato la similitudine tra un rave party e la guerra in Iraq.
Che avessero ragione i latini con quel loro «risus abundat in ore stultorum»?

Nando Piccari

Post Scriptum

Dopo molti tentennamenti, ho deciso di non scrivere quest’anno a Babbo Natale.
La ragione della sofferta rinuncia è il disagio che mi procurerebbe la speranzosa richiesta di poter ricevere regali del tutto in antitesi col clima di pace e d’amore che si coglie (o si fa finta di cogliere) a Natale.

Sarò un perbenista, ma non ce la faccio proprio a scrivergli:

“Caro Babbo Natale, alla mia età non è più tempo di giocattoli e dolciumi. Pertanto vorrei in regalo la diretta televisiva di un bel funerale nazista al criminale Putin. E in aggiunta un altro passaggio televisivo (mi andrebbe bene anche se in differita) che riporti le immagini di un tot di palazzoni che stanno andando a fuoco in Iran, con intrappolati dentro quei mostruosi criminali con le barbone ridicole, le sottovesti addosso e gli orinali in testa.
Ho infine una terza richiesta, meno bellicosa e che anzi va contro il mio “interesse politico”.
Visto che oramai la coglionaggine maggioritaria dell’elettorato attivo ci ha regalato la camerata Meloni, convincila almeno ad abbandonare quel suo incedere da inguardabile “bascuzona” quando passa in rassegna il picchetto d’onore.
E di già che ci sei, sollecitala anche a prendere qualche lezione di dizione, in modo che ciò dice quando parla in Tv non continui ad essere perfino meno sgradevole di come lo dice, sbiascicandolo in romanesco. Al punto che da un momento all’altro ti aspetti che se ne esca con A li mortacci tua!“.