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E’ più felice il ricco o lo schifosamente ricco?


11 Marzo 2023 / Lia Celi

Il premio Ignobel (che poi sarebbe Ig-Nobel) è un ironico riconoscimento che ogni anno, nella solenne cornice dell’università di Harvard, viene assegnato a ricerche assurde e paradossali, «che prima fanno ridere ma poi fanno pensare». Inaugurato nel 1991, nel corso degli anni ha premiato studi sulle scene di clisteri raffigurate sugli antichi vasi Maya, sui benefici del didgeridoo nella cura delle apnee notturne e sullo stato fisico dei gatti, che sono solidi ma a volte si comportano da fluidi, prendendo la forma di qualunque scatola in cui decidono di infilarsi.

Gli Ignobel 2023 verranno proclamati in settembre, ma forse possiamo già suggerire per la rosa delle ricerche vincitrici quella realizzata da Andrew Killingworth della Pennsylvania University, che ha accertato che i soldi dànno davvero la felicità. L’unico handicap potrebbe essere che questa indagine scientifica non fa «prima ridere e poi pensare», ma fa fare le due cose contemporaneamente: prima si ride, pensando che sussistano ancora ragionevoli dubbi sul legame fra denaro e felicità, tanto da doverlo esplorare scientificamente, e poi si pensa, ridendo, che qualcuno ha finanziato un accademico di una prestigiosa università americana per dimostrare una tesi facilmente verificabile interrogando parenti e vicini di casa, oppure, se si ritiene che il metodo scientifico debba passare per l’esperienza personale, sbarazzandosi dei propri beni fino all’ultimo centesimo per misurarne l’effetto sul proprio umore.

Fa ancora più ridere e pensare il fatto che la ricerca di Killingworth nasca per confutare una ricerca del 2010 sullo stesso argomento, prodotta da due veri Nobel per l’economia, Daniel Kahnemann e Angus Deaton. Perché, i due luminari sostenevano che il denaro non rende felici? No, ma teorizzavano che esiste un livello di ricchezza al quale corrisponde un plateau di felicità. Ovvero: chi è ricco non è meno felice di chi è schifosamente ricco. Quando hai un tot di milioni, un milione in più non ti fa più saltare di gioia, al massimo ti strappa un sorrisetto annoiato. La tesi di Kahnemann e Deaton deve aver gettato il tormentoso seme dell’incertezza nel cuore degli schifosamente ricchi, che hanno cominciato a preoccuparsi: davvero non diventiamo più felici se facciamo più soldi? Dài, arricchiamoci ancora un po’ per vedere se è proprio così. Infatti l’1 per cento di popolazione più ricca del mondo negli ultimi tre anni ha visto crescere il proprio patrimonio complessivo al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno.

Non circolano statistiche sull’umore attuale di questi Paperoni, ma finalmente è arrivato Killingworth a farci tirare un sospiro di sollievo: secondo il suo studio ci sono fondate possibilità che siano più felici di prima. Non esiste una fase di stallo dopo un certo livello di ricchezza, spiega il ricercatore; la tesi dei due Nobel vale solo per chi già di base è scontento e malmostoso. Accumulare qualche milione dà al musone una botta di entusiasmo, poi viene di nuovo assalito dall’usuale «taedium vitae» che fa divergere il grafico dei suoi guadagni da quello dei suoi livelli di serotonina.

Gli altri invece sono più beati a ogni zero in più nel saldo del conto corrente. Elon Musk appartiene probabilmente alla categoria studiata da Kahnemann e Deaton: è l’uomo più ricco del mondo ma nelle foto ha sempre l’espressione di uno con la sabbia nelle mutande. Il suo diretto concorrente, Jeff Bezos, boss di Amazon, invece sfoggia immancabilmente l’affabile sorriso di chi guadagna 2500 dollari al secondo. Ci piacerebbe che qualche scienziato sciogliesse un ultimo dilemma: è più felice il padrone di Amazon o il gatto che fa ron-ron acciambellato in uno scatolone vuoto di Amazon? Potrebbe scapparci un altro Ignobel. O anche un Nobel.

Lia Celi