HomeAlmanacco quotidiano22 dicembre 1854 – Bellagamba ghigliottinato a Rimini in piazza Malatesta


22 dicembre 1854 – Bellagamba ghigliottinato a Rimini in piazza Malatesta


22 Dicembre 2023 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Un diario riminese riporta per il 24 gennaio 1851: «Sono parecchie notti che dicono giri per la città una donna in forma di fantasma. Grondegardo Astolfi circa mezz’ora di notte è stato ferito con uno stilo nelle reni». Non è ben chiaro se chi scrive voglia mettere i fatti in relazione.

Di certo non lo fanno i magistrati pontifici, che in quello stesso anno ottengono dal Granducato di Toscana l’estradizione del sedicente Antonio Ciccognani da Terra del Sole: si tratta in realtà del riminese Ferdinando Ciccognani-Poluzzi, detto “Bellagamba”, di anni 24, “ottonaio e scultore”. Il Ciccognani (o Cicognani in altri documenti)-Poluzzi è già detenuto per aver ferito a Firenze, il 14 maggio 1851, tal Luigi Lazzeri (o Lazzari). Ma il Granduca volentieri lo restituisce al Papa, i cui inquirenti puntano l’indice verso Bellagamba per accuse ben più pesanti: gli omicidi di Girolamo Tamagnini (16 novembre 1848), del sacerdote Giuseppe Mori (22 settembre 1849), di Raffaele Dionigi (14 aprile 1850) e, appunto, il ferimento di Grondegario Astolfi in quella notte del 24 gennaio 1851.

Era inoltre sospettato «di essere coinvolto nell’omicidio del Governatore di Sant’Arcangelo Felice Baronio, causa quest’ultima ritenuta molto difficile specialmente perché gli imputati appartenevano a famiglie ‘non infime’ di Sant’Arcangelo” (Aa.vv. “L’Archivio riservato del Ministero di Grazia e Giustizia dello Stato Pontificio 1848-1868” ). E infatti si fece fatica a trovare un giudice che istruisse il processo. Alla fine Bellagamba fu condannato “solo” per l’uccisione di don Giuseppe Mori (o Morri), mansionario della Cattedrale.

Il «Compendio» di Carlo Tonini riporta: «La pena era il taglio della testa colla ghigliottina, e fu eseguita sopra un palco eretto nella piazza Malatesta, o del Corso, sul campo presso la rocca. Intrepido porse il collo alla scure: e un senso di ribrezzo e di orrore ne rimase per lunga pezza al popolo non usato a così fatti spettacoli».

Eppure fra il popolino erano in tanti pronti a dubitare della colpevolezza di Bellagamba. Magari non tutti arrivando a dar la colpa della stilettata al povero Grondegardo a “una donna in forma di fantasma”.  Però almeno sussurrando «che altri fossero gli uccisori di don Morri e che lui avesse rinunciato a difendersi presentando un alibi per non compromettere la moglie di un fornaio con cui aveva trascorso in intimità l’ora in cui era stato ucciso don Morri».

Antonio Montanari (“Il Rimino – Riministoria”) riporta «il racconto della mia bisnonna e la trascrizione fatta dal di lei nipote nell’anno 1992», (con qualche polemica con Guido Nozzoli che pure aveva scritto di questi fatti). La bisnonna era Augusta Gattei che il 22 dicembre 1854 aveva sette anni e mezzo, quando le toccò di assistere all’esecuzione in piazza.

Nei racconti infinitamente ripetuti ai nipoti, emergono «il color marroncino della ghigliottina, la lama “lustra c’la arluséva”, il carnefice venuto con la macchina per l’esecuzione da Ancona, “un umaz cun e capel dur, e tòt ner com un bagaron”. E poi la folla degli spettatori che litigano per accaparrarsi un posto da cui godere meglio la scena, i soldati che faticano ad arginarli e “i ragneva”, dando degli spintoni a tutti».

«La bisnonna vide “Bellagamba” esprimere l’ultimo desiderio del condannato: “un pizzunzein arost, un bicér d’mistrà e un Virginia” (ch’era un sigaro di buona marca). Lo guardò poi salire sul palco, esaudite le sue richieste, e lo ricordò per sempre come l’incarnazione del protagonista di certi romanzi popolari del suo tempo: “L’era bèl. Drét com’un fus e spaveld. L’aveva i calzun scur con la fianchetta elta stretta in vita, la camisa bienca cun e’ jabot. E’ camineva a pèt in fòra, e us videva che un aveva paura gnenca de dievul”».

Esecuzione con la ghigliottina a Bologna nel 1855

Esecuzione con la ghigliottina a metà ‘800

Per capire da che parte stava Bellagamba, basti dire che sua sorella Laura fu madre dell’oste anarchico Caio Zanni, che ospiterà Gaetano Bresci di passaggio da Rimini verso Monza. Dove, com’è noto, il 29 luglio 1900 assassinerà il re d’Italia Umberto I«Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d’assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del ‘98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d’assedio emanati con decreto reale».

Gaetano Bresci uccide il re Umberto I

Gaetano Bresci uccide il re Umberto I a Monza