Buon anno Partito Democratico
Si chiude un anno ricco di avvenimenti, purtroppo alcuni nefasti come la guerra in Palestina. Sul piano politico ricordo la vittoria Elly Schlein alle primarie per la segreteria del Partito Democratico. Il 12 marzo 2023 è stata proclamata segretaria del Pd dopo l’esito delle urne nei gazebo del 26 febbraio che l’ha vista prevalere su Stefano Bonaccini con quasi il 54%. Nelle mie pillole domenicali spesso ho parlato del Pd nazionale. Raramente dello stato del Pd provinciale riminese.
L’ho fatto la settimana scorsa ricordando che vi è necessità di un segretario provinciale a tempo pieno e con la voglia di fare sentire la voce del Pd. Articolo particolarmente letto. Sia domenica che lunedì scorsi è stato il secondo articolo più letto di Chiamamicitta.it. Qualche migliaio di lettori. Curiose le reazioni. A parte un piccolo dibattito sulla mia pagina Fb e i tanti whatsapp di consenso ricevuti in privato, non è arrivata nessuna risposta pubblica. E pensare che le reazioni negative (legittime ovviamente) vi sono state, come mi riferiscono fonti credibili. Nessuno ha deciso di rispondere pubblicamente. Hanno preferito usare altri canali che non mi interessa in questa sede commentare. Peccato. Poteva essere una occasione di confronto.
Anche chi sostiene che avrei dovuto impegnarmi di più per aiutare il Pd invece di mettere in luce solo le difficoltà (sempre per come mi raccontano) evidentemente sbaglia bersaglio. Per dare una mano è necessario essere disposti ad accettarla. Purtroppo, in questi anni le scelte fatte dal gruppo dirigente ristretto sono state altre. E tutte all’insegna di escludere chi non era allineato al pensiero dominante del momento. Il Partito Democratico deve pensare, invece, proprio a come gestire e organizzare il proprio conflitto interno: non deve essere timido e temere che questo conflitto possa fare male al Pd stesso.
Tentare di mantenere sempre una unanimità di facciata, evitare di affrontare argomenti che possono fare discutere e dividere, riunire gli organismi dirigenti il meno possibile sono le pratiche in uso attualmente che non portano alla riduzione dei conflitti, ma semplicemente li nascondono. Poi esplodono alla prima occasione come per le candidature (in particolare per i comuni) come sta succedendo in questi giorni in casa PD in molte realtà comunali italiane chiamate al voto nel 2024.
Proprio per queste ragioni credo che un cambio di passo da parte della segreteria provinciale sia indispensabile. Se Filippo Sacchetti si candida a sindaco a Santarcangelo si dimetta dal ruolo che ricopre nel PD e si elegga un nuovo segretario autorevole e credibile per gestire un anno, il 2024, ricco di impegni politici. Se si vogliono vincere le sfide e conquistare il consenso necessario il Pd deve essere in grado di offrire proposte e politiche economiche convincenti. Questo vale a livello nazionale e a livello locale.
Sviluppo economico, pianificazione urbanistica, qualità della vita, servizi, welfare, sanità, locazioni e politiche della casa, turismo non sono argomenti da lasciare solo alle amministrazioni comunali e ai sindaci.
Faccio un esempio che per le nostre realtà è enorme. Le concessioni delle spiagge. Siamo la località turistica balneare più importante d’Italia. Ebbene il Pd di Rimini non ha mai discusso e preso una linea su come affrontare questo aspetto. Non l’ha fatto negli anni passati e neanche in questo ultimo anno, con sentenze e pronunciamenti europei molto chiari. Di volta in volta si prende come linea politica quella della Regione che ha cambiato posizione molte volte cercando di accontentare i balneari e molte volte facendo finta di non conoscere cosa vi era scritto nelle sentenze italiane ed europee. La politica non può essere trainata dalle istituzioni, soprattutto su argomenti come quello delle spiagge che vanno ben oltre gli interessi di una categoria economica come i concessionari di spiaggia. Anzi è importante non lasciare soli gli amministratori di fronte a temi così delicati.
Oppure potrei fare l’esempio dell’urbanistica. Nei giorni scorsi la consigliera regionale dei 5 Stelle ha denunciato che un solo comune nella provincia di Rimini, Misano Adriatico, ha approvato il PUG (piano urbanistico generale) previsto dalla legge regionale 24 del 2017. Il PUG è un piano orientato a promuovere e regolare i processi di rigenerazione urbana e a limitare il consumo di suolo. Un tema di grande attualità rispetto ai cambiamenti climatici. In molti casi, nei comuni, non è neanche partito l’iter di adozione. Una linea del Pd in ambito provinciale sarebbe auspicabile.
Altro tema è quello della mobilità con interventi in discussione importanti come la variante alla SS16 o gli interventi per la Marecchiese. Potrei continuare. Non credo sia lesa maestà a qualcuno porre questi aspetti. Sicuramente, dal mio punto di vista, è vero il contrario. Un partito è, e rimane, per definizione, un’associazione volontaria, fondata sull’adesione di individui che ne condividono identità, progetti e programma, che vogliono concorrere alla loro elaborazione e costruzione e che sono disposti a contribuire attivamente, attraverso varie forme e gradi di partecipazione politica, all’affermarsi e al successo dell’organizzazione di cui sono parte.
Purtroppo, sono anni che stiamo andando verso un partito “professionale elettorale”, segnato dalla prevalenza dei rappresentanti pubblici (gli eletti) e da forme di direzione e di leadership fortemente “personalizzate”. La storia di Rimini di questi ultimi anni insegna. Questa una delle ragioni di perdita di consensi e di uno scarso rapporto con la realtà. Sarebbe ed è troppo facile “scaricare” sul segretario nazionale di turno del Partito le difficoltà che riscontriamo sui territori.
Un nuovo anno per ridurre il lavoro povero
E’ di qualche giorno fa l’allarme lanciato da alcuni sindaci come Matteo Lepore di Bologna dei tanti lavoratori presenti nelle mense della Caritas a causa degli stipendi troppo bassi. Lo certifica uno studio dell’Ires Cgil che parte dalle dichiarazioni dei redditi 2022 dei lavoratori dipendenti, circa 1,9 milioni di persone in Emilia-Romagna. Ebbene, quasi 364mila dichiarano meno di 10mila euro di reddito annuo, cioè il 18,9%, mentre il 29,7% non supera i 15mila (572mila persone). «Significano circa mille euro netti al mese», sottolinea Giuliano Guietti, presidente dell’Ires Emilia-Romagna.
Per scendere più nel dettaglio si considera invece la retribuzione giornaliera del 2022. Togliendo dal calcolo il lavoro part-time, il settore pubblico e l’agricoltura, la media in regione è di 92,3 euro lordi al giorno al livello di operaio, oltre 12 euro l’ora. L’identificazione della soglia di “lavoro povero” è un dibattito aperto, ma secondo l’Ires potrebbe essere individuata fra i 65 e i 70 euro lordi al giorno. I settori che stanno sotto la media dei 92,3 euro sono numerosi: partendo dal basso incontriamo i lavoratori dell’assistenza sociale (70,28 euro lordi al giorno), la ristorazione (72,10), l’assistenza sanitaria (72,11), i servizi alla persona (74,11) e poi alberghi e strutture ricettive (76,54).
Male le donne, che più degli uomini restano a livelli bassi di stipendio: nei servizi alla persona siamo a 65,1 euro lordi, nella ristorazione 66,8, oltre 5 euro in meno della media del settore. E poi ancora vigilanza, istruzione, assistenza sociale e segreteria. Le cose si complicano ancora se si considerano i lavoratori con contratti a tempo determinato. In questo caso sotto alla soglia dei 65 euro al giorno stanno la ristorazione (57,1), la vigilanza (58,1), le attività sportive (61,3) e i servizi alla persona (65). Se poi si somma l’essere donna a un impiego a tempo determinato o stagionale, gli stipendi scivolano ancora verso il basso: la ristorazione è a 53,9 euro, i servizi alla persona a 60,3 euro lordi, i servizi alle imprese 61,3.
Il centrodestra continua a sostenere che non serve il salario minimo. La realtà è molto diversa.
Una parte consistente di questi lavori poveri riguarda la nostra realtà economica. Alberghi, ristorazione, servizi alla persona. Un confronto serio penso vada fatto nel 2024 evitando la solita “litania” che va tutto bene. Non è così. Troppe attività sono fuori mercato e si reggono solo con remunerazione bassa del personale, lavoro nero ed evasione fiscale.
Concessioni demaniali turistiche. La destra cede
Dopo anni di proclami di tutti i tipi da parte dei partiti di destra, ora siamo alla capitolazione totale. Non si parla di più di fare come la Spagna (sotto procedura di infrazione europea) o Portogallo (idem come la Spagna). Non si parla più degli stabilimenti balneari fuori dalla Bolkestein. Neanche di legittimo affidamento oppure di proroghe di 20-30-50 anni. Tutti questi tentativi legislativi sono scomparsi dal linguaggio dei partiti di destra e del centrodestra. E’ rimasto solo il tentativo, disperato, di dimostrare che le spiagge in Italia non sono una risorsa scarsa. Tentativo che la commissione Europea ha rimandato al mittente. Talmente vero che l’ultimo comunicato del governo di due giorni fa recitava, per motivare la richiesta, di sospendere per 6 mesi le gare: “per l’adozione dei “criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale che di quello disaggregato a livello regionale, e della rilevanza economica transfrontaliera . Con questo passaggio significa che in regioni come l’Emilia-Romagna le concessioni vanno a bando per la semplice ragione che è una risorsa scarsa.
Ma non è solo il centrodestra che ha dovuto cambiare toni. Anche in casa mia, il Partito Democratico ha cambiato registro.
L’assessore dell’Emilia-Romagna, Andrea Corsini, che nel marzo 2015 diceva: “Vi è l’esigenza di chiarire con la Commissione europea la possibilità di mantenere per le attuali concessioni demaniali marittime un regime transitorio e definire un ‘congruo’ periodo di proroga. Altro elemento da considerare è la strategia del cosiddetto ‘doppio binario’, proposta dal sottosegretario Gozi, che consiste nella differenziazione tra le concessioni attualmente in vigore, per le quali verrebbe prevista una proroga di lunga durata, e le nuove da assegnare con procedure di evidenza pubblica. La riforma “dovrà considerare inoltre il valore commerciale delle imprese”.
Ora l’assessore Corsini scrive: “Un disastro annunciato che colpisce duramente lavoratori e imprese balneari. Ricordo che oltre un anno fa, come Regione, avevamo portato sul tavolo dell’Esecutivo un documento, per dare un aiuto concreto alla riforma nazionale, ma non siamo stati affatto considerati”. Il documento citato prevede i bandi ma anche una norma, fuori logica europea, che preveda “un giusto riconoscimento del valore aziendale dell’impresa, degli investimenti realizzati e della professionalità degli operatori che hanno gestito finora il bene demaniale”. Evidentemente staccare il cordone ombelicale con i bagnini per Corsini risulta difficile
Oppure Umberto Buratti parlamentare del Pd (con una concessione demaniale di famiglia a Forte dei Marmi) e per anni di fatto l’esponente che rappresentava il Pd sul demanio diceva nel marzo 2018. “Il governo M5S – Lega non riesce a fare bene fino in fondo neanche sulle questioni che riguardano le imprese balneari. È positivo che finalmente si siano interessati della questione, ma la maggiore durata di 15 anni delle concessioni in atto rischia di essere fin troppo breve. Per questo, con alcuni parlamentari dem, avevamo proposto l’estensione delle concessioni demaniali fino a 25 anni”. Buratti non è più parlamentare e per fortuna su questo argomento non parla più a nome del Pd.
Oppure Andrea Gnassi per anni responsabile turismo e demanio per conto dell’associazione dei Comuni italiani (Anci) che ha prorogato, quando era sindaco di Rimini le concessioni al 2033. Stessa cosa ha fatto a Bari Antonio Decaro presidente nazionale Anci. Entrambi gli esponenti sono del Pd. In molti sapevano, tra gli esperti, che la proroga era illegittima. Ma l’importante era rassicurare la categoria dei bagnini, sempre e comunque.
Ora tutti preoccupati. Critiche al governo Meloni che non sta facendo nulla e che dal 1° gennaio 2024 si rischia il caos. Condivido tutto. Vorrei vedere.
Mi avrebbe fatto piacere analoga determinazione anche negli anni passati, ad iniziare dal 2011, quando vi era chi diceva che dalla Bolkestein non si poteva uscire, che la Spagna era un caso particolare, che il Portogallo era a rischio infrazione europea. Che le proroghe non facevano gli interessi del settore balneare. Non erano molti coloro che sostenevano questa linea, tra questi il sottoscritto, ma c’erano, anche se uscivano dagli incontri con i balneari con i fischi. Era più facile prendere applausi raccontando stupidaggini piuttosto che rischiare i fischi parlando della complessità della materia e trovare soluzioni vere e credibili anche in Europa. Vi erano queste soluzioni, ora i margini sono molto più ridotti. Nel 2011 si poteva valutare anche il famoso valore commerciale delle imprese balneari nel caso in cui il bando fosse stato perso dal concessionario uscente. Parlarne ora è semplicemente una stupidaggine. La commissione europea è stata chiara. Mi auguro che la linea del Pd d’ora in poi sia chiara e non dettata da qualche esponente politico che ha perso di vista l’interesse pubblico.
La poca democratica Beatriz Colombo di Fratelli d’Italia
Qualche giorno fa l’onorevole Beatriz Colombo di FdI manda un comunicato dove se la prende con il Pd che a suo dire “semina il Caos” L’onorevole aggiunge che “difenderemo i nostri balneari fino alla fine, va riconosciuta la validità fino al 2024″. Chiamamicitta.it pubblica integralmente il comunicato e titola: ” Spiagge, l’on Colombo di Fratelli d’Italia contro i bandi ma il governo non fa nulla”. Un titolo che corrisponde alla realtà, non avendo il governo preso nessun atto legislativo. Ma l’on Colombo non ci sta. Prima manda una nota a Chiamamicitta.it chiedendo di cambiare il titolo e di poter parlare con il direttore (il quale ha fornito anche il numero di cellulare), poi non soddisfatta (il titolo ovviamente non è stato cambiato) ha minacciato ricorso per vie legali. Infine ha comunicato che non manderà più comunicati alla testata Chiamamicitta.it. Una bella dimostrazione di intolleranza da parte della parlamentare di Fratelli d’Italia. La quale però dovrà abituarsi allla libertà della stampa di fare i titoli come meglio crede e perfino di commentare i comunicati degli onorevoli. Si chiama democrazia.
Maurizio Melucci