Così nell’Ottocento nacque il mito di Riccione
28 Agosto 2023 / Paolo Zaghini
Armando Semprini:
“Riccione nell’Ottocento. La nascita del mito”
“Don Carlo Tonini e la Chiesa di San Martino”
La Piazza
Credo che siano ben poche le città che nel corso degli ultimi decenni siano state sottoposte ad una così accurata ricerca documentaria e fotografica come Riccione. A questo hanno provveduto una serie di autori, spesso più collezionisti che storici, come Giancarlo D’Orazio, Giuseppe Lo Magro, Manlio Masini, Roberto Mignani, Gimmi Monaco, Fosco Rocchetta, Dante Tosi.
Armando Semprini fa parte, a pieno titolo, di questo gruppo. Essi hanno sfogliato ogni giornale, pubblicazione, testo scritto in cui vi era la parola Riccione; hanno guardato gli archivi storici che contengono le carte su Riccione; hanno raccontato le biografie dei più importanti protagonisti della storia riccionese (da don Carlo Tonini a Maria Boorman Wheeler in Ceccarini, dal conte Giacinto Soleri Martinelli a Emilio e Sebastiano Amati, al prof. Felice Carlo Pullè); hanno collezionato con amore ogni immagine possibile esistente su Riccione. E hanno raccontato, cronachisticamente, la storia della vita secolare del Comune di Riccione, dalla sua nascita nel 1921 ad oggi; ma anche dei decenni precedenti del secolo diciannovesimo.
Questo volume di Semprini, “Riccione nell’Ottocento”, vuole essere il primo di una terna che va dall’Ottocento al 1950. In maniera ordinata, e tematica, Semprini getta le basi di un racconto storico di Riccione che dovrà svilupparsi probabilmente nei due volumi successivi, ovvero di quando nel 1921 la Perla Verde conquisterà la sua autonomia comunale da Rimini. Scrive l’Autore, che è stato Presidente dell’USL 41, Assessore e Vicesindaco del Comune di Riccione negli anni ’90 del secolo scorso, nella premessa: “Questo non vuol essere un libro di storia, e non ha nessuna pretesa in tal senso. Esso cerca di descrivere e documentare anche visivamente, gli avvenimenti che si sono susseguiti nella straordinaria trasformazione socio-economica, culturale ed urbanistica che è avvenuta nella nostra comunità soprattutto nel XIX secolo, in cui è germogliato il seme di questa avventura”.
Semprini, ma anche gli altri autori riccionesi, fanno fatica a scrivere che sino al 1921 Riccione era solo una frazione del Comune di Rimini. E quando lo fanno, è sempre per ricordare che raccontano le vicende di “una lontana e dimenticata periferia di Rimini” che diventerà “un’ambita meta turistica di livello internazionale”. Solo “il conseguimento della sospirata autonomia comunale e la costituzione dell’Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno, daranno un grande impulso alla qualità e alla modernità di questa stazione balneare”.
Manlio Masini, su “Il Corriere di Rimini” di questi ultimi mesi, sta raccontando la stessa storia di distacco e di disinteresse dell’azione amministrativa del Consiglio Comunale riminese fra fine Ottocento e la Prima Guerra Mondiale verso Viserba. Ho scritto, anche recentemente (nella recensione al volume di Fosco Rocchetta “Ausonio Franzoni (1859-1934). Insigne studioso e presidente della Pro Riccione” edito La Piazza nel 2023), che l’affermazione Rimini penalizza e tiene sotto Riccione, prima o poi qualcuno dovrà andare a verificarla. Lo stesso anche per Viserba. Non sarà semplice e al di là dei proclami occorrerà andare a vedere i bilanci comunali e le linee di spesa che quelle lontane amministrazioni scelsero di attuare.
Ritornando al volume di Semprini, condividiamo il suo pensiero sul fatto che il treno, dal 1° gennaio 1862, fu “lo strumento che ha consentito a questa landa sperduta, di entrare in contatto con il mondo. Senza il treno, nulla sarebbe avvenuto di così sconvolgente e straordinario”. E le prime venti pagine del libro sono dedicate a questo “straordinario avvenimento”.
La popolazione della frazione Riccione del Comune di Rimini nel censimento del 1871 sommò a 1.943 abitanti; il censimento del 1881 ne contò 2.228; nel 1901 3.285; nel 1911 4.248. Rimini, complessivamente, passò dai 29.732 abitanti del 1871 ai 41.948 del 1911.
Grande attenzione è posta da Semprini allo sviluppo urbanistico della città: “Gli ingegneri che progettarono la ferrovia non ebbero certamente dei problemi a definire il tracciato su questa specie di tabula rasa” fatta di sabbia e dune fino alla riva del mare. I binari “determinarono un’importante cesura del territorio, condizionandone lo sviluppo urbanistico, dividendo in modo irreversibile la città nella parte a mare ed in quella a monte della ferrovia”. “La netta separazione tra di loro ha fatto si che queste si siano sviluppate in modo quasi indipendente l’una dall’altra. La parte vecchia ha subito negli anni un’espansione prettamente residenziale. Quella turistico-balneare si è sviluppata libera e slegata da condizionamenti della parte preesistente, ed è questo che ha reso la Riccione Mare diversa, forse unica nel panorama turistico nazionale. In sostanza si sono sviluppate due città separate, una delle quali realizzata quasi esclusivamente a fini turistici, per i turisti, ed in buona parte dagli stessi turisti, secondo i loro gusti e le loro esigenze”.
Nella parte a mare vasti terreni demaniali furono lottizzati per costruire ville e villini “per le vacanze dei forestieri”. “La lottizzazione realizzata dal Conte Martinelli dopo il 1880 fu eccezionalmente lungimirante, tanto da delineare il futuro assetto urbanistico della Riccione turistica. Egli disegnò una scacchiera di viali paralleli e perpendicolari al mare, molto larghi per quei tempi ed interamente alberati. I lotti erano di superficie non inferiore ai mille metri quadrati, e consentivano di realizzare giardini ricchi di vegetazione (…). Furono così gettate le premesse perché Riccione diventasse ‘la Perla Verde dell’Adriatico’, lo slogan che l’ha accompagnata nella sua fortunata ascesa nel mondo del turismo”.
“Le prime ville a mare furono edificate da famiglie nobili o di affermati professionisti caratterizzando Riccione come una località d’elite, che continuò a richiamare personaggi dello stesso livello sociale. Questo processo di colonizzazione iniziò dopo la metà degli anni settanta dell’800, e proseguì ininterrottamente negli anni successivi accrescendo il prestigio della nostra spiaggia, nonostante i disagi di una realtà primitiva e mancante dei servizi minimi”.
Mentre l’edificazione dei villini rispondeva al desiderio di una casa al mare per una èlite di nobili e di professionisti, la realizzazione di strutture alberghiere di qualità e di grandi dimensioni rispondeva a richieste della ricca borghesia mittel-europea (ungherese, cecoslovacca, austriaca). “Riccione ebbe molto successo col turismo straniero, perché poteva offrire un ambiente elegante dove la modernità era estremamente raffinata, grazie alla qualità della sua clientela (…). Una località esclusiva immersa in un magico verde, che era alla moda e dettava la moda”.
Il volume affronta tanti altri temi, impreziosito da immagini spesso inedite e dalle molte cartoline che sin da fine Ottocento ritrassero tanti luoghi riccionesi. Sono molte centinaia le immagini contenute nel libro, ben riprodotte e “leggibili” grazie a dettagliate didascalie.
In contemporanea al volume “Riccione nell’Ottocento”, Semprini ha mandato in stampa un altro suo libro dedicato a “Don Carlo Tonini e la Chiesa di San Martino” (La Piazza, 2023). Don Tonini (1807-1878) fu un protagonista dello sviluppo turistico e sociale di Riccione, ma fu anche il parroco della Chiesa di San Martino (dal 1831 al 1837, e nuovamente dal 1849 alla sua morte), nella vecchia borgata. Semprini riproduce nel volume numerosi documenti inediti riguardanti la Chiesa riccionese e i suoi parroci, fra cui don Tonini, ritrovati nell’Archivio Storico della Diocesi di Rimini.
Paolo Zaghini