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Il fascicolo di Romagna arte e storia n. 126/2023 "Aldo Spallicci e la Romagna. Il poeta, il medico, l’uomo di cultura, il politico"


E’ ba dla Rumagna


10 Giugno 2024 / Paolo Zaghini

Romagna arte e storia n. 126/2023
“Aldo Spallicci e la Romagna. Il poeta, il medico, l’uomo di cultura, il politico”
A cura di Dino Mengozzi
Il Ponte Vecchio

“Se una riflessione finale s’impone rispetto alle prese di posizione e ai discorsi suscitati dalla scomparsa del poeta nel 1973, è la bassa temperatura ideologica. Lo Spallicci del cinquantenario, a parte i giudizi di ogni singolo studioso sulla sua opera, non è più l’intellettuale di parte, ma una figura che unisce, in quanto passato fra i simboli storici, a connotare una romagnolità come patrimonio comune” (dall’intervento di Dino Mengozzi “Aldo Spallicci 1973-2023. Bilancio provvisorio di un cinquantenario”).

Il numero 126 di “Romagna arte e storia” contiene gli Atti del convegno tenutosi a Bertinoro l’1 aprile 2023, nel 50mo della morte di Spallicci, promosso dal Comune di Bertinoro, dall’Accademia dei Benigni, dall’Accademia degli Incamminati, dal Tribunato di Romagna, dal Consorzio Vini di Romagna, dalla rivista “Romagna arte e storia”. Gli atti sono stati curati da Dino Mengozzi, docente di storia contemporanea all’Università di Urbino.

Medico, poeta e politico (eletto per il PRI alla Costituente il 2 giugno 1946 e poi senatore sempre per il PRI nel 1948 e nel 1953), nonché cultore e promotore dell’identità e delle tradizioni popolari della Romagna. Aldo Spallicci fondò a Forlì nel 1911 “Il Plaustro” (uscì sino al 1914). Poi nel 1920 con lo scrittore e giornalista forlivese Antonio Beltramelli (1879-1930) e il compositore/musicologo (uno dei padri della musica futurista) lughese Francesco Balilla Pratella (1880-1955) “La Piè”: essa fu interrotta dal regime fascista nel 1933. Rinata nel 1946 sempre per sua volontà, uscì fino al 2018. “La Piè” è stata un punto di riferimento della vita letteraria della Romagna.

La lunga vita di Spallicci, dal 1886 al 1973, coincise con il periodo di maggiori tensioni, tragedie e mutamenti della vita romagnola. Scrisse Luigi Lotti: “Dagli ardori post-risorgimentali alle speranze accese di rinnovamento sociale, al dilagare delle grandi organizzazioni contadine di ispirazione repubblicana, socialista e cattolica di fronte a città in parte liberali e monarchiche, e che fecero della Romagna la regione più politicizzata e estremista d’Italia, e poi la prima guerra mondiale, le convulsioni del dopoguerra e l’avvento del fascismo e la catastrofe della seconda guerra mondiale, che vide la Romagna diventare per mesi campo di battaglia, fino al ritorno della democrazia, alla nascita della Repubblica, e fino ai tempi a noi più vicini e al punto di arrivo di una Romagna pacificata nel pieno di uno sviluppo economico e di un’ascesa sociale vertiginosa: questa è la Romagna che Spallicci ha visto prorompere e cambiare”.

Lotti scrisse questo nella Presentazione del volume contenente gli Atti del convegno promosso dal Comune di Forlì e dalla Società di Studi Romagnoli nel 1983 alla Fondazione Garzanti di Forlì, in occasione del decennale della morte. Un tomo di quasi 400 pagine, contenente 18 contributi, 6 testimonianze e una cronologia biografica. Anima di questo convegno fu il poeta dialettale cesenate Cino Pedrelli (1923-2012).

Il curatore degli Atti del convegno di Bertinoro nel 2023, Mengozzi (classe 1952), allora giovanissimo studioso, fu il curatore della cronologia biografica assieme alla figlia di Spallicci, Ada ed estensore, assieme a don Lorenzo Bedeschi, della relazione su “Spallicci e l’Associazione Combattenti in Romagna”.

Questi contributi e testimonianze del 1983 sono ancor oggi i punti di riferimento fondamentali della vicenda umana, culturale e politica di Aldo Spallicci. A questo volume poi deve essere aggiunta l’Opera Omnia di Spallicci uscita in 8 volumi, per 13 tomi, fra il 1984 e il 1999 presso la casa editrice riminese Maggioli, curata dal direttore scientifico don Bedeschi e dal segretario del Comitato promotore Mengozzi.

La Sindaca di Bertinoro Gessica Allegni, eletta per il centro-sinistra alle elezioni dell’ottobre 2021, nel suo saluto al Convegno ha brevemente ricostruito il curriculum vitae di Spallicci: nel primo numero del “Plaustro” nel 1911 Spallicci scrisse: “Far conoscere la Romagna ai romagnoli ed ai non romagnoli, fare amare la nostra piccola patria come figlia della patria grande, ecco l’intento nostro”. “’La Piè’ aveva invece uno scopo più politico: partiva da un disegno di ‘rigenerazione civile’, da ‘iniziare nella regione perché la nazione segua’. Spallicci era animato da spirito regionalistico, non caso è tutt’oggi definito ‘E bà dla Rumagna’”. “E quindi Spallicci uomo politico, a tutto tondo. Animato da forti ideali repubblicani, mazziniani, si iscrisse al partito repubblicano nel 1912, a 26 anni, arruolandosi tra i ranghi della legione garibaldina guidata da Ricciotti, in aiuto dei greci contro l’impero ottomano. Allo scoppio delle prima guerra mondiale, da convinto interventista, si arruolò come medico volontario. Durante il conflitto sarà insignito di tre croci di guerra”. Antifascista, confinato, partecipò alla guerra di resistenza, operando in clandestinità nel ravennate. Eletto all’Assemblea costituente, si battè vanamente per la Regione Romagna. E poi Senatore per due legislature.

Sullo Spallicci poeta, Mengozzi scrive: “Un poeta, in tutto, anche quando agiva da politico. Il dialetto romagnolo era inteso da Spallicci come lingua comune fra romagnoli, e il poeta si faceva ‘riconoscere’ parlando come il popolo. Una lingua, dunque, come appartenenza, nella quale il poeta è a un tempo individuo e comunità, coscienza individuale e risonanza collettiva”. E ancora: “Lo Spallicci poeta si propone come evocatore di passioni, che costituiscono la sua idea di romagnolità”. E Giuseppe Bellosi: “Spallicci scelse, nel primo Novecento, come propria lingua della poesia il dialetto, perché lo sentiva più sincero, più vivo rispetto all’italiano”. E riprendendo un commento di Pier Paolo Pasolini: “Spallicci è […] uno dei più autentici realizzatori in dialetto del Pascoli”.

Al Convegno di Bertinoro hanno relazionato sette studiosi: Marino Biondi (“Il Demiurgo di Romagna: Aldo Spallicci e la costruzione di un’identità culturale”); Maurizio Ridolfi (“Il risorgimentalismo spallicciano tra interventismo e avvento del fascismo”); Dino Mengozzi (“Aldo Spallicci e l’antropologia della Romagna passionale”); Stefano Cavazza (“Aldo Spallicci e il folklore”); Giuseppe Bellosi (“Rusignol: il capolavoro della poesia spallicciana”); Giorgio M. Ghezzi (“Visto da Milano. Aldo Spallicci nelle pagine del ‘Corriere della Sera’, 1910-1973”); Giancarlo Cerasoli (“Spallicci medico: tra pediatria e politica”).

E’ impossibile riprendere i tanti spunti che i relatori hanno sottolineato nei loro interventi. Le loro relazioni pubblicate nel numero di “Romagna arte e storia” andranno ad arricchire l’ormai ampia bibliografia su Aldo Spallicci. Voglio segnalare a questo proposito anche l’uscita recente del volume di Edoardo Maurizio Turci “Aldo Spallicci (1886-1973). La sua esistenza, la sua Romagna, la sua Accademia” per i tipi de Il Ponte Vecchio Editore di Cesena.

Paolo Zaghni