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Elezioni comunali: “invrucchiamenti” elettorali: da Ceccarelli a Conte


1 Settembre 2021 / Nando Piccari

Fra gli avversari di Jamil il meno incline ad “invrucchiarsi” è sicuramente l’immigrato bellariese Ceccarelli, finora protagonista di una campagna elettorale pacata, ai limiti del soporifero, con un unico exploit: l’assist offertogli dall’Associazione Industriali, pare insieme a una tazza di camomilla.

Lui si è messo tranquillamente nelle mani dello spirito-guida forlivese che lo conduce a fargli conoscere la città, iniziando dalla toponomastica.

Ceccarelli, che è abbastanza sveglio, ha già imparato che per girare in lungo e in largo Lagomaggio non c’è bisogno della barca; che San Marino non inizia a Covignano; che la Barafonda non confina con Tomba Nuova; che a Ghetto Turco non si vede un islamico neanche a pagarlo; che si dice San Lorenzo in Correggiano, senza la esse davanti.

Ma fra le carte segrete che Morrone gli fa tenere in serbo, c’è un’innovazione a cui Ceccarelli dovrà dar corso una attimo dopo la sua elezione a sindaco: rifare tutta la segnaletica stradale, come da bozzetto qui sotto riportato.

Chi invece s’è “invrucchiato” un gran bel po’ nella sua trasferta riminese della settimana scorsa è Giuseppe Conte, che ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per tenere insieme il diavolo a Cinque Stelle e quell’acqua santa (anzi, santarellina) di Gloria Lisi.

Bisogna capirlo. Se fosse arrivato qualche settimana prima, si sarebbe trovato ancora di fronte la congrega di assatanati grillini che hanno dato senso alla loro vita prendendo a sassate la Giunta del Sindaco Gnassi e della Vicesindaca Lisi.

Però a lei Nanà Tirabusciò, un attimo dopo l’avvenuta diserzione per andare alla ricerca della «rivoluzione gentile», aveva fatto sbandierare ai quattro venti di non essere né di destra né tantomeno di sinistra, contrariamente a quel che aveva indotto a credere il suo decennale bearsi nell’essere dalla sinistra riverita e coccolata.

Poi, per rendere ancora più evidente agli occhi dei grillini la sua abiura del centrosinistra, s’è fatta discepola del Re Mida aspirante candidato sindaco del centrodestra, che però gli dato “strada da correre”. Non sembrandole ancora sufficiente, ha aggiunto un posto in lista per una tronista (fin qui niente di male), prima condannata assieme ai suoi camerati della fascistissima Forza Nuova e poco dopo  entrata… nel circolo culturale di Lucio Paesani, con il ruolo di vicepresidente.

A quel punto “buongiorno sveltezza Croatti” e l’occasionale deputatina bonsai si sono convinti che fosse proprio la Lisi ad avere i requisiti per diventare la loro candidata sindaca.

Ma il partito di cui Conte è ora il capo trova, all’interno della maggioranza “innaturale ma indispensabile” che sostiene Draghi, qualche sintonia quasi solo con il Partito Democratico, insieme al quale ha per di più costituito alcune alleanze elettorali in vista del 3 ottobre: poteva dunque esimersi dal metterci una pezza?

Così ha usato un arzigogolato giro di parole per dire che Gnassi a Rimini ha fatto sì qualcosa di buono, ma è meglio non dirlo in giro; che a Roma non sapevano chi fosse la loro candidata sindaca, ma avevano avuto assicurazione che fosse bravina; che ai 5 Stelle non l’ha ordinato il medico di fare alleanze, ma se proprio sono costretti a stare con qualcuno meglio affidarsi al PD, esattamente come fece a suo tempo la loro acquisita Gloria Lisi.

(Gloria mentre annuncia festante la sua candidatura a sindaca)

Che proprio per quel suo peccato originale oggi si trova ad essere lei la più “invrucchiata” di tutti. Sì, perché ha un bel dire che «mentre i partiti si azzuffano tra di loro, io guardo al futuro di Rimini». La verità è che a lei basta e avanza azzuffarsi con se stessa, per quel suo passato politico che le piacerebbe valorizzare appieno ma non può, dovendolo anzi  sminuire per giustificare l’avergli girato le spalle ed esserne uscita sbattendo la porta.

Così, per dirla in gergo calcistico, cerca sempre il modo per “mandarla in corner”, come nell’incontro con i residenti di via Ducale.

Per il sovraccarico di traffico, meno provvisorio del previsto, si può naturalmente capire il loro disagio, anche se c’è chi lo cavalca per ragioni elettorali. Lisi, che ne è corresponsabile, avrebbe avuto due scelte: o uno “scusate, non lo faccio più”; oppure, “scusate se da vicesindaca non avevo capito che il Ponte Tiberio deve restare aperto al traffico, come giustamente sostiene Renzi”.

Stando alla cronaca di quell’incontro, ha invece provato a commuoverli con il “poverina anch’io”, poiché avendo l’ufficio da vicesindaca in via Ducale, l’intenso traffico provocava pure a lei il disagio di dover respirare fumi di scarico. Che andavano ad aggiungersi a quelli delle sigarette che ogni tanto si faceva sul terrazzo.

(Chiedo scusa per il refuso. Nella foto, Gloria Lisi non sta facendo festa alla sua candidatura a sindaca, ma a quella di Jamil, quando il 30 aprile la annunciò sulla spiaggia di Miramare).

 

Post Scriptum

È difficile stabilire se quel riminese novantenne di cui hanno scritto i giornali sia stato più sfortunato ad aver contratto la grave malattia per cui è ricoverato, o ad aver messo al mondo due figlie sciagurate, che gli hanno negato l’autorizzazione ad ottenere una indispensabile trasfusione di sangue, perché l’imbecillità no-vax di cui sono portatrici faceva loro temere che il donatore potesse essere un vaccinato anti-Covid.

Ma perché stupirsene? Il fatto che i contagiati siano quasi tutti no-vax, molti dei quali vengono poi ricoverati in ospedale a spese nostre, non dimostra forse come nel loro meschino fanatismo questi idioti possano perfino arrivare a rischiare la propria vita, pur di poter mettere a repentaglio quella degli altri? La loro si potrebbe chiamare una logica da kamikaze. O quanto meno da visdecaz.