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La mano di Leonardo nel castello di Mondaino?


20 Maggio 2019 / Paolo Zaghini

Angelo Chiaretti: “Mondaino Anno Domini 1502 – Un castello malatestiano firmato Leonardo da Vinci” – Panozzo.

Per una volta Angelo Chiaretti abbandona l’amato Dante Alighieri, a cui ha dedicato negli ultimi venticinque anni una ventina di saggi e volumi (si veda la mia precedente recensione di “Dante Alighieri chi era costui? Il gran giallo dei due Dante Alighieri alla luce di vecchie e nuove scoperte” Centro Dantesco San Gregorio in Conca, 2016), per dedicarsi a un altro grande personaggio della storia italiana: Leonardo da Vinci (1452-1519), di cui ricorrono quest’anno i 500 anni dalla morte.

Comunque, sia per Dante che per Leonardo, il focus per Chiaretti rimane Mondaino e la sua vivace storia fra medioevo e storia moderna.

Leonardo stette ad Urbino dal 22 giugno al 30 luglio 1500, avendo ricevuto da Cesare Borgia l’incarico di verificare lo stato delle rocche fra Marche e Romagna, “già malatestiane, feltresche e sforzesche, ma ora facenti parte del nuovo Ducato di Romagna, che il ‘Valentino’ [Cesare Borgia] ha ricevuto in governo da Papa Alessandro I, suo padre Rodrigo”.

Chiaretti sulla base di indizi (ma certezze nessuna) suppone che Leonardo abbia anche censito il castello di Mondaino, semidistrutto nel 1462 dalle truppe di Federico di Montefeltro, e ne abbia suggerito lavori di adeguamento e miglioramento, soprattutto tenendo conto della nuova artiglieria ‘alla francese’.

Questo nuovo libro di Chiaretti sembra essere un brogliaccio di lavoro messo in ordine, dove gli appunti su Leonardo, su Mondaino, su Pietro Antonio Platti (1442-1510) detto Platino (mondainese ma “amico dei potenti della terra: Federico da Montefeltro e di Ottaviano degli Ubaldini suo primo consigliere, Lorenzo il Magnifico e Giuliano de’ Medici, Ludovico il Moro, Roberto Malatesta e Bartolomeo Colleoni, e ora (dopo la fondazione del Ducato di Romagna) si muove in stretta corrispondenza con Cesare Borgia, Niccolò Machiavelli, G.G. Trivulzio ed i maggiori protagonisti del momento”), su Cesare Borgia (1475-1507) (“gli storici concordano nell’identificare il periodo di signoria del Borgia con un’esperienza politica importantissima (..). L’azione di Cesare riporta non solo tranquillità e stabilità, ma anche giustizia. I ‘tiranni’ cadono uno dopo l’altro”), su Niccolò Machiavelli (1469-1527) (“la politica viene concepita da Machiavelli come l’esercizio di un potere coercitivo di alcuni uomini su altri e da questo punto di vista la sua idea di Stato non potrebbe essere più lontana da quella dell’odierna democrazia, per cui anche il ricorso alla violenza da parte di chi governa è perfettamente giustificato nella sua ottica (secondo la massima di F. Guicciardini ‘il fine giustifica i mezzi’)”, su Ambrogino dei Vetri (1437-1520 ca.) (domenicano, celebre predicatore ed esperto di musica e di organi, nonché pittore di vetrate: “nel periodo in cui Leonardo realizza ‘L’ultima cena’ (1494) per i domenicani di S. Maria delle Grazie [a Milano], nello stesso convento soggiorna anche fra’ Ambrosino de’ Tormoli”, dunque si può supporre conoscenza e forse amicizia fra i due) preparano lo sfondo dell’argomento principale, quello di cui sta a cuore Chiaretti.

Organizzate le biografie dei protagonisti sopra elencati, Chiaretti arriva a scrivere il capitolo clou del libro: “Leonardo da Vinci a Mondaino”. Bisogna dare atto a Chiaretti di una conoscenza straordinaria delle carte e dei documenti conservati negli archivi d’Italia e d’Europa, nonché della ricchissima bibliografia inerente, che gli consentono di fare collegamenti e supposizioni non avulsi da una possibile realtà.

Incomincia dagli stupendi disegni del 1502 sui fossili (“durante la lunga residenza ad Urbino e nei giorni di permanenza fra Marche e Romagna non gli deve essere stato difficile” esaminare a Mondaino i suoi giacimenti fossiliferi miocenici, allora già celebri). Ma anche l’attenzione che dedica “alla fama dei giacimenti di sale minerali presenti lungo il ‘Fosso del Barocco’ e il ‘Rio Salso’”. E poi la supposizione che “a difesa del castello Leonardo realizza sulla Torre Portaia mondainese, che guarda il Mare Adriatico, otto cannoniere alla ‘franzosa (alla francese)’ di nuova concezione, per le quali intende usare anche un nuovo tipo di polvere da sparo, formata da una miscela di zolfo, carbone e salnitro”.

“Che nei primi anni del Cinquecento il castello di Mondaino venga interessato da significativi lavori di fortificazione militare, caratterizzati da tipologie edilizie legate alla recente innovazione dell’artiglieria (nuova merlatura, bombardiere ‘alla francese’, torri circolari che resistano meglio ai colpi di artiglieria)” è confermato dagli studi degli storici Giovanni Rimondini e di Dino Palloni.

Insomma, secondo Chiaretti, tutti questi indizi lo portano a sostenere che Leonardo mise mano alla ristrutturazione del castello di Mondaino. “Così mi sono trovato a scoprire tesori inestimabili nelle pietre che ogni giorno calpesto e conosco ad una ad una, nelle voci che trasudano dalle mura secolari, nei sapori di cui mi alimento e nell’aria che respiro”, “alimentando il cuore e la mente con il viscerale legame al paese in cui sono nato e vivo felicemente: Mondaino”.

Paolo Zaghini