HomeCronacaMeno male che quei soliti ci fanno ridere anche di questi tempi


Meno male che quei soliti ci fanno ridere anche di questi tempi


2 Marzo 2020 / Nando Piccari

Se tutto il can can che da giorni ci sta inondando fosse arrivato qualche decennio fa, sono convinto che mia madre, per tenere lontano il coronavirus, avrebbe fatto affidamento su di un contrapposto tipo di corona: quella del rosario, che lei teneva sempre in tasca (ma credendoci, non come Salvini…).

Sono anche convinto che non avrebbe mancato di sentenziare a noi figli: «Vedete, bambini, cosa può succedere a non dar retta ai genitori?».

Me lo fanno pensare alcune delle poche cose sensate che si colgono a fatica, sommerse come sono dall’immane paccottiglia pseudo-giornalistica che tracima da tv e giornali, per non parlare dell’altissimo tasso di “idiozia social”; le quali mi rimandano all’infanzia, alle raccomandazioni e alle sgridate della mamma: «Ti sei lavato bene le mani?» «Quante volte ti devo dire che non si tossisce in faccia alle persone?!» «Se senti arrivare lo starnuto, prepara subito il fazzoletto!».

Non va certo sottovalutata la pericolosità del virus, né l’esortazione del mondo sanitario ad adottare tutte le misure in grado di prevenirne o limitarne il diffondersi. Come pure non possono esistere ragioni in nome delle quali invocare una limitazione al dovere di “fare e dare” informazione e al diritto a riceverne.

A cominciare dal riguardo verso quanti si trovano in quarantena o in terapia, che non è giusto diventino “carne da cronaca”; e dal rispetto dovuto alle persone morte, reso non certo meno doloroso dal sapere che il virus, stante la preesistenza di altre gravi patologie per gran parte di loro, più che averlo provocato ne ha anticipato il triste destino. Ma tutto questo dev’essere informazione, non “spettacolarizzazione”!

Invece “non se ne può più”. In tv, a qualunque ora e su qualsiasi canale, è tutto un rincorrersi di sensazionalismi a buon mercato, di ossessiva ripetizione di cose dette e ridette cento volte, di un surplus di compiaciuta enfasi nel riferire gli aspetti più preoccupanti della vicenda: insomma, tutta roba da far concorrenza al Grande Fratello, alle Marie De Filippi, alle Barbare D’Urso, alle Mare Venier.

Per non parlare dei non richiesti “maîtres à penser”, che sul perché e sul percome del coronavirus ne sanno una più del diavolo.

Così, se Paolo Liguori, direttore del TGCom24, ha saputo da “fonti attendibili” che «il virus nasce da un laboratorio di Wuhan», per Alessandro Meluzzi, psichiatra di se stesso, la colpa del contagio è invece degli immigrati e di chi, in Italia, non capisce che ora più che mai vanno chiusi i porti e difesi i confini, i quali sono «come le membrane per le cellule, servono a sopravvivere». Pertanto «il problema è quello di fermare i virus e i batteri», checché ne dica Papa Bergoglio, che «insiste a far entrare i migranti», per cui il Meluzzi non gli perdona di «avere tanto accanimento con l’Italia».

Il “grillo parlante e scrivente” Diego Fusaro non ha dubbi: «L’ipotesi che a mio giudizio presenta maggiori punti di coerenza, è quella secondo cui c’è in qualche modo la longa manus statunitense in tutto questo».

Ad un tale simposio di alti cervelli non poteva certo mancare l’apporto dell’imbecillità “no vax”, alla quale si deve la scoperta che il Coronavirus l’avrebbe creato il Pirbright Institute, un istituto di ricerca inglese che si occupa della produzione di vaccini. Il motivo è facile da capire: una volta che il virus si sia diffuso per bene, ecco comparire al momento giusto l’auspicato vaccino, fino ad allora tenuto accuratamente nascosto.

Chi se la cava con poco è Davide Rondoni, il poeta di Forlì esponente dell’ala tenebrosa del cattolicesimo innamorato di Salvini. Per lui è inutile prendersela: «Polvere siamo, polvere torneremo». Un po’ come dire: “di qualcosa si deve pur morire”.

Si è infine registrato un caso esilarante. Pur sprovvisto dell’apposita patente di intellettuale, ha tentato di intrufolarsi nel mucchio di cotanti pensatori anche un abusivo: il “vu pensà” Flavio Briatore, che in un’intervista a “La Zanzara” di Radio24 ha dato sfoggio del suo balbettante eloquio zotico-danaroso: «Andrebbero presi a calci nel culo, non si sono resi conto che si poteva arrivare dalla Cina anche via Dubai. Non viaggiano, non conoscono. L’Italia ormai non è neanche più nella mappa europea. Non siamo più nessuno». Il che non è vero, perché rimaniamo pur sempre un Paese dove qualche pezzo di pataca c’è ancora rimasto. Infatti, dopo aver dato addosso a Conte argomentando che «meno male che ci sono i governatori», uno dei suoi preferiti, il Fontana della Lombardia, lo ha subito costretto a una precipitosa inversione a U, facendo il giro del mondo con la sua foto in mascherina. «Un bel danno per l’Italia – ha dovuto riconoscere – insomma ha fatto una cazzata». E ancora non aveva sentito il collega Zaia del Veneto e suoi Cinesi che mangiano i topi vivi.

La conseguenza di tutto questo è una vera e propria istigazione alla paura e all’abbrutimento interiore delle persone. Cosicché i più suggestionabili – alla faccia del terrore per il contatto con gli altri – prendono d’assalto in massa i supermarket, facendo insensate scorte perfino di generi deteriorabili in pochi giorni; o pur di trovare uno dei pochi flaconi di disinfettante rimasti (o meglio, imboscati da qualche incettatore), sono disposti a pagarlo come un Berlucchi.

Ci sono poi quelli che fuggono da un locale pubblico appena vedono entrarvi dei Cinesi, che magari vivono a Rimini da decenni senza essere più tornati, o andati per la prima volta in Cina. E come se non bastasse, quando senti parlare i più giovani di loro, con quella strisciante cantilena riminese, se non fosse per gli occhi a mandorla li diresti nati da genitori di Gaiofana o di Torre Pedrera.

Proviamo a immaginare cosa succederebbe se televisione e stampa decidessero all’improvviso di trattare anche gli incidenti stradali allo stesso modo del coronavirus. Non solo gli incidenti con dei morti (sicuramente di più di quelli provocati dal coronavirus) ma anche di tutti gli altri: “Oggi a Caserta un quarantacinquenne, investito da uno scooter, ha subito la frattura del malleolo. Servizio del nostro inviato”. E così via per una decina di volte, in ogni Tg e nei principali talk show, con annessi filmati e immagini di gambe ingessate, di teste incerottate, di camion rovesciati, di auto sfasciate o comunque uscite malmesse da un incidente.

A quel punto i tantissimi Italiani che in questi giorni si mostrano particolarmente carenti di difese psicologiche, si precipiterebbero ad inveire contro i benzinai, assalterebbero i caselli autostradali, si rifiuterebbero di scendere dall’autobus alla sera, per rimanervi a dormire tutta la notte nel timore di non trovar posto all’indomani mattina.

Anche in quel caso non saremmo privati del dotto ciaccolare degli attuali “pensatori da coronavirus”.
Il tronfio Meluzzi e il gracidante Mario Giordano ci spiegherebbero che la colpa di tutti quegli incidenti è degli immigrati, che destabilizzano gli automobilisti mettendosi a fare i lavavetri ai semafori.
Fusaro ci dimostrerebbe come invece vi sia dietro la longa manus americana della General Motors, nell’intento di recar danno a Volkswagen, Peugeot e altre case automobilistiche europee.
Invece il sanfedista Ronconi, constatato che molte delle auto incidentate provengono dagli stabilimenti di Mirafiori, Melfi e Pomigliano d’Arco, se ne uscirebbe con un bel “Fiat voluntas tua”.

Nando Piccari