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Paolo Vachino: affabulatore, peripatetico, insaziabile


26 Giugno 2017 / Paolo Zaghini

Paolo Vachino: “Schiere di sogni in scia” –  Editori della Peste.

52 - Vachino

Difficile parlare del libro di Paolo Vachino se prima non si racconta (almeno per sommi capi) chi è Paolo Vachino. Paolo ha 51 anni. Ottimo (vox populi) avvocato civilista in uno studio di Cattolica, ed opera nei tribunali di Romagna e delle Marche. Piemontese d’origine, è ormai a Rimini da quasi trent’anni, arrivato per amore non appena laureato.

Poeta e scrittore (ha edito ormai almeno una decina di volumi con varie case editrici); collaboratore di riviste letterarie e culturali (fra cui, sin dall’inizio nel 2008, con la “Nuova Rivista Letteraria” fondata da Stefano Tassinari e edita oggi da Alegre); promotore ed organizzatore di eventi culturali, soprattutto poetici, in giro per l’Italia; animatore assieme a Claudio Castellani dal 2000 al 2010 del gruppo dei Mercoledì letterari operante a Santarcangelo; ricercatore e docente del laboratorio di scrittura poetica FE (Fabbrica Esperienza) di Milano, legato alla Comuna Baires, ieri di Renzo Casali (1939-2010) e oggi di sua figlia Irina e alla loro casa editrice (Editori della Peste); da alcuni anni conduce seminari e laboratori di poesia nelle carceri marchigiane (fra cui quello di massima sicurezza di Fossombrone) con il poeta e scrittore anconetano Alberto Ramundo, attraverso la Cooperativa “L’Officina”.

Straordinario anche il giro delle amicizie e delle relazioni: solo per citarne alcuni, gli scrittori Erri De Luca, Margaret Mazzantini, Lorenza Ghinelli, Michele Marziani, Claudio Castellani, Renzo Casali, Mariangela Gualtieri, i Wu Ming, Bruno Arpaia, Simona Vinci, Marcello Fois; il cantautore Gianmaria Testa (1958-2016) con il quale è stato in tour nel 2015 assieme a Erri De Luca in uno spettacolo di musica e parole.

Animatore assiduo dei dibattiti di tutti gli incontri culturali a cui interviene. Ha collaborato negli anni alla realizzazione di iniziative delle biblioteche comunali di Misano e di Coriano.
E’ reduce in questi giorni dalla straordinaria serata di sabato 17 giugno, presso casa sua, dell’iniziativa promossa da “APS Scenafutura” di Rimini nell’ambito della manifestazione nazionale “Letti di notte”, la notte bianca del libro e della lettura, organizzata in tutta Italia dal 2012 da “Letteratura rinnovabile”, con una lettura scenica tenuta insieme ad Alberto Ramundo.
Ed infine è un membro di “Operazione Colomba”, il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.

Per questo suo ultimo libro, di testi e di poesie, mi sovvengono per descriverlo alcuni aggettivi che sono disegnati sulla sua persona: affabulatore, peripatetico, insaziabile.
Affabulatore perché le parole per Paolo sono vita. Tutto fluisce attraverso esse, ci gioca e le ama: curiosità, amore, voglia di giustizia. Paolo è un fiume inarrestabile, sia quando parla che quando scrive. In un italiano ricco di tanti vocaboli, non certamente limitato a quello sintetico e orribile dei social o degli sms.

Scrive: “Ho iniziato a scrivere e continuo a farlo perché la scrittura è un’utopia realizzata: in essa si annulla il concetto di quantità, perché costruendo mondi immaginari, illimitate ne sono le rappresentazioni. La quantità si annulla come valore e prende corpo in tutte le parole utilizzate. […] La qualità è data dall’estesa quantità di sensi e di significati espressi attraverso le narrazioni di parole. Nel più breve verso il più lungo senso. Nella minima quantità la massima qualità dell’immagine”. Nei testi emerge continuamente il suo mondo reale (il suo levriero Dario, il suo gatto nudo Dino, la sua terribile e grande madre Rina, il suo amore Alessandra) nonostante egli racconti gli infiniti mondi ingiusti affamati di giustizia, siano questi collocati in Africa, in Medio Oriente, in America Latina.

Peripatetico nel senso di giramondo, non di filosofo aristotelico. Le sue esperienze con Operazione Colomba lo hanno portato nel bush africano in Zambia, fra i palestinesi nei territori occupati dagli israeliani, nei campi profughi siriani in Libano, fra i campesinos nella giungla colombiana. Ovunque con un disegno chiaro in testa, come è scritto nella Prefazione al volume: “in questo suo inesauribile anelito alla scoperta, Paolo non indugia nello spazio raffermo e maleolente del sangue, delle bandiere o delle dogane, ma è piuttosto attratto dal valore simbolico, laico e vitale della terra che nutre, che fa crescere e che innerva – inevitabilmente – le tragiche e meravigliose storie degli uomini e del mondo. In fondo proprio questo è il compito del poeta, cercare la bellezza, catturarla e rilasciarla, trattenerne solo i riflessi per tramutarli in parole”.

Insaziabile nel non voler accettare i mali del mondo: “Io sorvolo tutto questo sull’aliante della mia poesia, strumento di denuncia e non di rinuncia a cantare il tragico … vita che, nonostante tutto, non si arresta”. Ma con una visione molto chiara anche sull’Italia: “L’Italia è una nazione plurale / non addomesticabile alla singolarità. […]. Le Italie sono un mosaico logoro / di una nazione che potrà essere salvata / soltanto da una passione comune / e condivisa da tutti: / diventare la terra delle utopie permanenti / e non la patria degli immacolati farabutti”.
Ed infine un pensiero sull’essere poeta oggi: “Le poesie più belle si scrivono / nell’impellenza di non avere / nulla da dire, soffio / verbale che vuole solo suggerire / a qualcuno, che qualcuno, vive”.

(Questo libro lo avevo sul tavolo da mesi ma un senso di ritrosia mi impediva di segnalarlo su questa mia rubrica che compie in questi giorni un anno: sono 52 i libri che, settimana dopo settimana, ho proposto ai lettori di Chiamamicitta.it. Ritrosia perché l’Autore è mio genero, il prefatore Matteo è mio figlio e il libro, con dedica iniziale, è per mia figli Alessandra. Insomma direi che con questa recensione il cerchio familiare si chiude quasi. Non me ne voglia dunque chi mi legge, ma mi associo a Paolo quando dice: “Scrivere è ricominciare ogni volta a farcire panini di parole”. Lui ed io continueremo dunque a mangiare questi nostri panini e a sperare che con noi ci siano anche tanti altri amici lettori con cui condividerli).

Paolo Zaghini

(Foto Luca Gavagna)