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Ecco perché Saludecio ha una cattedrale


11 Febbraio 2019 / Paolo Zaghini

Gianfranco Donati – Daniela Granata: “Una cattedrale per Amato Ronconi. San Biagio di Saludecio” – La Piazza.

Saludecio ha una grande storia alle spalle e poteva averne ancora una futura se i suoi abitanti avessero avuto il coraggio di ardire qualche anno fa. Ma lasciamo stare, ormai è storia passata anche questa, comunque una opportunità persa.

Parliamo invece di questo prezioso libro, voluto ed edito dalla Associazione Culturale Spirituale Santo Amato Ronconi di Saludecio, che ci restituisce la storia dell’edificazione della Chiesa di San Biagio a Saludecio a fine Settecento grazie all’intraprendenza di un sacerdote, don Domenico Antonio Fronzoni (1741-1820), che decise di costruire “non solo una nuova chiesa ma bensì una cattedrale per tutta la vallata”.

San Biagio (Sebastea, III sec.-Sebastea 3 febbraio 316) è stato un vescovo e un santo armeno. Vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia, era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì decapitato. San Biagio viene celebrato il 3 febbraio.

San Biagio è “il patrono delle malattie della gola, delle malattie che potevano affliggere il bestiame, dei filatori di lana, dei barbieri. Questo lo fece diventare uno dei patroni più diffusi nei paesi di campagna dove il lavoro nei campi metteva a dura prova il fisico degli uomini e le malattie degli animali potevano rovinare l’intero guadagno dei pastori”.

Nella introduzione Giuliano Chelotti, che si firma architetto, ma che è stato per decenni l’organizzatore delle grandi manifestazioni saludecesi, parla di un minuzioso lavoro di ricerca compiuto dagli Autori: “Una ricerca compiuta con passione e perizia tra i tanti carteggi conservati nell’archivio parrocchiale e nell’archivio di stato di Rimini che dimostrano pezzo per pezzo, passo dopo passo, la rilevanza di questo edificio denominato proprio per la sua imponenza, la Cattedrale della Vallata (…)”.

“Nel quadro generale della storia locale va sottolineato come la costruzione della cattedrale, oltre a rappresentare un’opera imponente per un piccolo paese come Saludecio, costituisce nel contempo la prima tappa di un processo di sviluppo e di rivoluzione urbanistica del borgo stesso, in particolare per la parte più bassa del centro storico, che ruota intorno alla piazza e al vecchio palazzo priorale. Al 1803 risale infatti la consacrazione della nuova Chiesa di San Biagio, al 1839 la costruzione del Teatro condomini e nel decennio successivo il nuovo Palazzo municipale con il suo rinnovato impianto circostante”.

Per costruire la nuova chiesa don Fronzoni non si peritò di abbattere la vecchia Chiesa di San Biagio nel 1793 per utilizzarne i mattoni per la nuova. Scompariva così, dopo sette secoli, la pieve di San Laudicio, e di San Biagio poi. I lavori della nuova chiesa ebbero inizio il 24 giugno 1794 sulla base del progetto dell’architetto cesenate Giuseppe Achilli. “Nelle sue memorie, Fronzoni, oltre a descrivere come voleva che fosse la nuova chiesa, tenne un diario sull’avanzamento dei lavori”. Un documentazione straordinaria del percorso di realizzazione dell’opera.

Le spese, ingenti, vennero coperte per la metà da “un lascito molto importante donato da un abitante di Saludecio, Francesco Amato Ricci”. La differenza Fronzoni la chiese alle confraternite, che erano molto ricche. “Le confraternite furono costrette ad accettare perché con la rivoluzione napoleonica alle porte i loro averi sarebbero stati tutti confiscati. Anche in questa operazione, don Fronzoni dimostrò di avere grande intuito”.

Come decoratore degli interni della chiesa fu scelto, o meglio imposto dall’Amministrazione Giacobina del Rubicone, Antonio Trentanove, un decoratore molto conosciuto nel riminese. Trentanove lavorò nella nuova chiesa per circa due anni, dal 1798 al 1800. Per la nuova San Biagio realizzò il pannarone per l’altare del santo Crocifisso nella chiesa inferiore, le due statue che si trovano ancor oggi ai lati della cappella del Santo Amato, che rappresentano la fede e la mansuetudine, le mensole in stucco della cantoria e i capitelli compositi in stile ionico-corinzio che ornano la chiesa.

A metà del 1798 venne realizzate la scala che univa la chiesa superiore con quella inferiore. Tra gli anni 1798 e 1801 si passò ai lavori di rifinitura: pavimenti, gradini in marmo dell’altare maggiore e soglie delle porte realizzate con la pietra del Furlo.

La pala per l’altare maggiore della chiesa, che rappresentava il martirio di San Biagio, venne realizzato dal pittore frate Atanasio da Coriano (1749-1843). Francescano, operò in numerose città italiane per dipingere, riparare chiese, restaurare quadri danneggiati dall’incuria o dalle truppe francesi. Fra Atanasio ritenne di essere un umile strumento nelle mani di Dio, mettendo a disposizione la propria inclinazione e le proprie grandi capacità pittoriche: fu un buon artista di dipinti sacri, fedele alla tradizione seicentesca, ma anche attento ai movimenti artistici del suo tempo.

Don Fronzoni nell’ottobre del 1800 ricevette la sua grande pala, di cui il pittore stesso volle curare la collocazione, ritoccandola e perfezionandola sul posto. Risultò un vero capolavoro, opera unica del pittore francescano ancora presente nel riminese.

La chiesa e il museo di Saludecio ospitano numerose opere d’arte.
Il 10 ottobre 1803 il vescovo di Rimini Monsignor Vincenzo Ferretti consacrò la nuova chiesa di San Biagio e l’anno seguente, il 26 settembre 1804, il corpo del beato Amato Ronconi (1226-1292) venne traslato nella sua nuova cappella. Dopo la beatificazione dichiarata il 17 marzo 1776, Papa Francesco lo ha santificato il 23 novembre 2014.

Il corpo del Santo Amato, da sempre, era posizionato nella chiesa di Saludecio E nella nuova chiesa di San Biagio egli tornò.

Paolo Zaghini