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Quel tonno di Salvini


7 Agosto 2018 / Nando Piccari

La mia più convinta solidarietà al “nostro” Dottor Roberto Burioni, bersaglio di aggressioni e minacce da parte di “ardimentosi” cultori della cialtroneria anti-vaccini, intervenuti a supporto di una mamma riminese no-vax (poveri figli suoi!) che lui, con poca fatica, aveva ridicolizzato in Tv.

Costoro si sentono forti, ora che l’idiota superstizione di cui sono portatori è entrata di fatto nel “contratto di governo”, affidata ad una “ipocrisia ministeriale” che finge di voler mantenere immutato l’obbligo alle vacciazioni, nel mentre predispone invece i trucchi per aggirarlo e vanificarlo.

Un’ambiguità, quella dell’ocheggiante ministra Grillo, che in altri tempi si sarebbe definita “di stampo doroteo”; ben diversa dalla proterva chiarezza con cui il ministro dei beni culturali ha enunciato la corbelleria del “basta bighellonare per musei” la prima domenica del mese. E pure distante dalla serafica improntitudine cui è solito abbandonarsi il suo collega legaiolo Fontana.

Sarò impressionabile, ma confesso che il solo guardare in faccia il cosiddetto ministro della famiglia mi provoca inquietudine, al punto che mi sembrerebbe più azzeccato chiamarlo “il ministro… della famiglia Addams”. Sarebbe il titolo più adeguato a spiegare perché egli stia rivendicando l’applicazione di uno dei triviali capisaldi sia del “sentire democratico” di Salvini che del luridume fascista che sommerge il mondezzaio di Forza Nuova: l’abrogazione della “legge Mancino”, che «punisce gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista» e «l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali».

Vista l’aria che tira, sarà dunque bene predisporci ad assumere le dovute precauzioni. Mi permetto di indicarne qualcuna.

Se nei prossimi mesi vi si avvicinasse un tipo dal fare furtivo, proponendovi di acquistare a prezzo stracciato un gioiello palesemente rubato, voi naturalmente declinate l’offerta. Ma nel farlo, trattenetevi dal prenderlo a male parole, dal minacciargli un calcio nel sedere o dallo spintonarlo. Incorrereste nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale qualora si trattasse di uno degli “agenti provocatori” che il ministro Bonafede – nel suo caso «nomen omen» non vale – si appresta ad introdurre, in osservanza del famoso “lodo Davigo”, il magistrato che più ancora del garbato procuratore Di Matteo rappresenta il “nume giudiziario” cui si ispira il “clan dei casaleggesi”. Detta senza tanti giri di parole, la sostanza del “lodo” risulta essere  la seguente: è sempre bene sospettare che un innocente altro non sia che un futuro colpevole, se non addirittura un colpevole che l’ha fatta franca.

Altro consiglio. Nel caso abitiate in un condominio sprovvisto di ascensore, fate in modo di rincasare prima del tramonto; o se proprio non doveste farcela, usate almeno gli accorgimenti necessari a non essere scambiato dai condomini per un ladro. La psicotica ossessione leghista sulla sicurezza, una volta divenuta legge, consentirà infatti a chiunque di sparare di notte a chi vorrà e quando vorrà. Per cui sarà bene che, salendo le scale, non aspettiate di sentirvi intimare da dietro una porta il “chi va là?”, ma scandiate voi per primi, alto e forte, un avviso rassicurante, tipo: “Sono Aldo Reni del sesto piano, di pura razza italiana, marito di Ada e padre di Ivo che ha cinque anni”.

Chi invece possiede un camper, o peggio una roulotte, giri il meno possibile nella periferia riminese. Eviti soprattutto di parcheggiarla, anche per il solo tempo di un caffè, in quei quartieri dove una più diffusa “fobia da comitato” potrebbe far scattare l’allarme: “Sono arrivati gli zingari!”.

Uno per tutti la Grotta Rossa, dove si riunirebbe d’urgenza l’apposito comitato (“non razzista”, ci mancherebbe altro!) che raccoglie coloro ai quali qualche zoccardone legaiolo, che siede in Consiglio Comunale, ha fatto per mesi il lavaggio del cervello (poco o tanto che fosse, sia il loro che il suo). Dopodiché leggeremmo su “La Grottarossa che vorrei” lo sdegno perché un Sinto, lasciata la sua naturale dimora di Via Islanda a bordo di quel costoso mezzo regalatogli dalla Lisi, ora si fa beffe della Grottarossa che paga le tasse.

Infine un’accortezza necessaria in spiaggia, a Rimini. Se avete una pelle già scura di suo, per di più sottoposta a lunghe ore di abbronzatura; e se inoltre portate in testa una permanente ricciolina come il ministro Tontinelli, senza tuttavia disporre del suo rassicurante sguardo da cocale, evitare assolutamente che quella vostra apparente negritudine prenda il largo sul moscone. Rischiereste di imbattervi nel gradasso rozzone che attualmente occupa il ministero dell’interno; il quale, scambiandovi per un migrante che vuol venire a fare la pacchia a Tomba Nuova, ordinerebbe seduta stante al suo sottoposto – il grillino con gli occhiali-parafango – di chiudere tutti i porti d’Italia.

Sì, perché abbiamo scoperto che il Salvini vacanziero, oltre ad inquinare il mare facendo il bagno a Milano Marittima (per la “gioa televisiva” dell’osannante sindaco PD) non disdegna esibirsi nella pesca al tonno in acque riminesi, come confermato dal trionfante resoconto ad Icaro Tv del tizio che l’altro giorno ce l’ha portato con la sua barca: «La giornata è stata meravigliosa, la compagnia stupenda; il ministro è stato un pescatore capace» anche se il tonno «l’abbiamo visto ma purtroppo non l’abbiamo preso». Un po’ come dire che il tonno, al contrario di tanti Italiani becconi, non ha abboccato all’amo di Salvini.

Mica pataca, il tonno!