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Roberto Carrara, il comunista duro e puro


25 Febbraio 2017 / Paolo Zaghini

“Ho voluto raccontare la mia vita di militante comunista, non solo a Rimini ma anche a Pesaro. Sono stato lontano tanto tempo da Rimini, e giunto al traguardo della mia esistenza, interamente vissuta al servizio del glorioso Partito Comunista Italiano, voglio che una mia biografia completa sia conosciuta dai compagni”.

Questo il racconto autobiografico di Roberto Carrara (1904-1977), che venne scritto alla fine del 1970, in occasione delle celebrazioni del 50° del PCI nel 1971. Giorgio Giovagnoli e Primo Ghirardelli per conto della Federazione Comunista Riminese e de “Il Progresso”, il periodico comunista riminese di quegli anni, effettuarono una serie di interviste ai vecchi militanti del PCI e provvidero a trascriverle.

Carrara, invece di sottoporsi ad una intervista, scrisse un memoriale autobiografico. Per la ricchezza degli episodi contenuti, dei particolari raccontati, per la sostanziale esattezza di date e di nomi, fu sicuramente il contributo più prezioso raccolto da Giovagnoli e Ghirardelli.

Giovagnoli usò gran parte del memoriale, soprattutto le pagine sul riminese, nel suo libro “Storia del Partito comunista nel Riminese 1921/1940” (Maggioli, 1981) ed ampi stralci furono pubblicati, in più occasioni, sulle pagine de “Il Progresso”. L’intero memoriale invece venne edito a mia cura nel 1984 sulla rivista dell’Istituto Storico della Resistenza di Rimini “Storia e Storie” n. 12.

Carrara fu un protagonista degli anni della nascita del PCI a Rimini e della lotta clandestina al fascismo. E poi fu nuovamente una delle figure più in vista nel pesarese della lotta di Resistenza al nazi-fascismo.

Roberto nacque a Cerasolo, nel comune di Coriano, l’1 gennaio 1904 in una famiglia di contadini. Era il primo di cinque figli. Nel 1919 la famiglia Carrara si trasferì a Rimini e qui Roberto, giovanissimo, nel 1920 si iscrisse al Circolo Giovanile Socialista. Frequentò la scuola sino alla terza elementare e poi lavorò da fabbro-ferraio prima e da aggiustatore meccanico dopo.

Nel 1921 Carrara, assieme a tutti i membri della Federazione Giovanile Socialista, passò al nuovo Partito Comunista. Carrara divenne segretario della nuova Federazione Giovanile Comunista.

Furono quelli gli anni degli scontri feroci, degli agguati sanguinosi con i fascisti, a cui Carrara partecipò come uno dei responsabili delle tre squadre d’azione comuniste (gli altri responsabili erano Bruno Busignani e Guglielmo Marconi. Il responsabile di tutte e tre le squadre era Nullo Gatta).

“Eravamo male armati, direi quasi disarmati: poche pistole e basta. La stessa cosa valeva per gli Arditi del popolo, mentre le squadracce fasciste disponevano di ogni tipo di armamento e del totale appoggio delle forze di polizia. Malgrado tutto ciò vi furono diversi scontri fra noi e gli Arditi del popolo da una parte e i fascisti dall’altra. I fascisti evitavano il più possibile di andare nei borghi della città. In prevalenza scorazzavano al mare d’estate e nel centro, ben protetti dalla polizia”.

Il 10 maggio 1923 venne arrestato insieme ad altri per “complotto con bande armate contro i poteri dello Stato”. Trascorse in carcere 14 mesi. Dal 1924 al 1932, sino a quando sarà nuovamente arrestato sotto l’accusa di “ricostituzione del disciolto partito comunista”, fu uno dei tre responsabili del Comitato mandamentale comunista riminese assieme ad Attilio Venturi e Isaia Pagliarani (nel 1929 il Comitato venne allargato con l’ingresso di Renato Galimberti e Igino Chesi). Il 17 ottobre 1932 tutti e cinque i responsabili del Comitato mandamentale vennero arrestati: Chesi, Galimberti e Pagliarani riuscirono a cavarsela con poco; Carrara invece scontò cinque anni di confino a Ventotene e Venturi sei anni e mezzo fra galera e confino a Ponza.

Carrara rientrò dal confino alla fine del 1937, ma Rimini non riuscì più a trovare da lavorare. Venne costretto perciò, nell’aprile 1938, a spostarsi a Pesaro dove riuscì a trovare lavoro presso la fabbrica Benelli. E qui iniziò l’altro ciclo della sua vita politica, dopo quella riminese.

Nel 1927 Carrara sposò Lena Coccia (nata a Rimini il 7 novembre 1905 e morta a Fabriano il 9 gennaio 1983), compagna per una vita di Roberto, al suo fianco nelle battaglie politiche e nelle traversie che visse: con lui a Ventotene, poi a Pesaro. E in carcere durante la Resistenza.

In pochi mesi Carrara divenne un membro assai attivo del PCI clandestino nel pesarese e dentro la fabbrica Benelli. Dopo il 25 luglio abbandonò il posto di lavoro dedicandosi interamente all’attività clandestina e alla costituzione delle prime formazioni partigiane.

A fine giugno 1944 il maggiore di fanteria Antonio Severoni (Tino) venne incaricato dal CLN pesarese di raggruppare in una unica formazione militare i distaccamenti e i vari nuclei di partigiani sparsi nella zona del medio e basso Metauro e del basso Foglia, tra Pesaro e Fano. 

La formazione scelse il nome di Brigata Garibaldi Bruno Lugli, a ricordo di un combattente della libertà morto nella Guerra civile spagnola nel luglio 1937. A metà luglio 1944, venne assegnato al comando di Brigata Roberto Carrara (Sergio), in qualità di commissario politico, con il grado di maggiore. Il Commissario politico era incaricato dell’orientamento e del morale dei volontari, della promozione dei rapporti di reciproca comprensione e amicizia tra questi e la popolazione, della tutela delle regole disciplinari vigenti nella brigata. Nominato dal comando generale, il Commissario doveva curare soprattutto la formazione politica dei combattenti, per lo più giovani e giovanissimi cresciuti nella scuola di regime e completamente a digiuno di qualsiasi ideologia che non fosse quella fascista. Anche in questo senso, la Resistenza fu una fondamentale scuola di cittadinanza per generazioni destinate a costruire e governare il futuro paese democratico.

Nella Bruno Lugli furono inquadrate forze antifasciste di vario orientamento, con robusto apporto di quadri operai del pesarese, che non avevano raggiunto le montagne e che diventarono l’ossatura del radicamento del PCI nel territorio.

La Brigata Garibaldi Bruno Lugli al suo apice raggiunse una forza di 977 uomini, inquadrati in 3 Brigate, 7 battaglioni, 21 distaccamenti, 46 squadre (notizie tratte da Comune di Pesaro “Brigata Garibaldi Bruno Lugli. Relazione sull’attività svolta”, edita nel 1974).

Dopo la Liberazione, Carrara fu segretario della Camera confederale del lavoro, segretario della sezione centro del PCI, eletto in Consiglio Comunale a Pesaro e assessore alla polizia urbana e al personale dal 1946 al 1950, segretario provinciale dell’ANPI.

Nel novembre 1950 dovette però abbandonare Pesaro per sottrarsi all’arresto in seguito alla scoperta da parte della polizia di un deposito d’armi da guerra. Fu condannato a due anni e sei mesi di reclusione in contumacia e trascorse circa quattro anni di latitanza in Cecoslovacchia, da dove rientrò nel 1954 fruendo di una amnistia.

Negli organismi dirigenti del PCI pesarese sino al 1960, fu funzionario di quella Federazione sino al 1966, quando andò in pensione. Con la moglie Lina tornò a Rimini e qui visse sino alla sua morte il 2 marzo 1977. Per anni ricoprì l’incarico di presidente dell’ANPPIA (l’Associazione dei perseguitati politici) riminese, fu nel direttivo dell’ANPI e militante nella sezione del PCI di Bellariva.

Lasciò scritto nelle sue ultime volontà (pubblicate da “Il Progresso” il 15 marzo 1977): “Dispongo che i miei funerali avvengano in forma civile come è mia tassativa volontà e convinzione e come stabilisce il mio lunghissimo passato politico e ideologico, che comprende quasi tutta la mia vita, e le lunghe durissime lotte quale militante del glorioso Partito Comunista Italiano al quale ho l’onore di appartenere fin dalla sua fondazione nel lontano 1921. Voglio morire da militante comunista come ho vissuto quasi tutta la mia vita, fin da giovanissimo (…). Vorrei vivere ancora a lungo per potere vedere anche in Italia sorgere il sole dell’avvenire, la società socialista, ma per me questo non sarà possibile, e mi consola la certezza che le generazioni più giovani della mia guidate dal glorioso Partito Comunista Italiano continueranno la battaglia iniziata e portata avanti da noi veterani in momenti duri e difficili”.

Rigore, coerenza ideale, serietà, capacità di direzione politica. Altri tempi, si dirà, segnati dalle ideologie novecentesche. Ma difficile non sentire la “forza” di queste figure che vissero una vita straordinaria, oggi (per fortuna) inimmaginabile e irripetibile.

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9 giugno 1922. Muore a 22 anni nell’Ospedale di Rimini Libero Zanardi, figlio di Francesco Sindaco socialista di Bologna dal 1914 al 1919, a seguito di una aggressione compiuta nei suoi confronti da una squadra fascista a Bologna. Nella foto la Camera ardente presso l’Ospedale di Rimini. I giovani comunisti riminesi svolsero la guardia d’onore alla salma. Da sinistra Roberto Carrara e Bruno Busignani vegliano la salma di Libero, assieme a militari (Libero era tenente degli Alpini)

2

968. Rimini, Piazza Tre Martiri. Ad una cerimonia dell’ANPI presso il Monumento ai Caduti. Da sinistra Roberto Carrara, Decio Mercanti, Attilio Venturi

3

Settembre 1969. Rimini, sala dell’Arengo. Celebrazione del 25° anniversario della Liberazione alla presenza di Sindaci, partigiani, cittadini. Da sinistra Odo Fantini, partigiano, ex Sindaco di Bellaria, Romeo Donati Sindaco di Santarcangelo di R., Roberto Carrara, Presidente dell’ANPPIA, al microfono, Walter Ceccaroni Sindaco di Rimini.

4

Roberto Carrara (1904-1977). Ricordo funebre

Paolo Zaghini