9 luglio 1474 – Muore Isotta degli Atti, Signora di Rimini
9 Luglio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Il 9 luglio 1474 muore a Rimini Isotta degli Atti. Durante la signoria e dopo la morte del marito Sigsmondo Pandolfo Malatesta era stata lei a governare effettivamente Rimini. Il figliastro Roberto l’aveva progressivamente allontanata dal potere. Ma non aveva osato toccarla, tanto era unanime il suo prestigio.
Isotta era figlia di Francesco degli Atti, ricco mercante originario di Sassoferrato. I conti degli Atti, guelfi, ne erano stati signori, alleati dei Gabrielli di Gubbio e in perenne lotta con i ghibellini Montefeltro di Urbino e Tarlati di Arezzo. Già dal Trecento un ramo della famiglia si era trasferito nell’amica Rimini. Poi i Montefeltro li avrebbero definitavamente estromessi dalla terra natìa. Lo stupendo Crocifisso attribuito a Giuliano da Rimini e conservato ancora oggi nella chiesa di San Francesco nel Castello di Sassoferrato testimonia degli stretti legami fra le due città fin dai primi del Trecento.
Sigismondo Pandolfo Malatesta, 28enne signore di Rimini e sposato con Polissena Sforza, nota una sua vicina di casa mentre sono in corso i lavori per costruire Castel Sismondo e lui si è trasferito in affitto dai Roelli, proprio accanto agli Atti, nell’odierna via Gambalunga presso piazza Ferrari. E’ la tredicenne Isotta ed è amore a prima vista.
Amore vero, nonostante le calunnie subito sparse a piene mani dai nemici e incredibilmente ancora oggi accreditate da certi “storici”. Caso più unico che raro, certo, quello di un matrimonio per amore, dal momento che le unioni coniugali erano solo affari politici. Il papa “umanista” Pio II, Enea Silvio Piccolomini in persona, accusa falsamente Sigismondo di aver fatto uccidere Polissena per poter sposare la sua concubina Isotta. Ma Sigismondo celebra il matrimonio solo nel 1456, ben 7 anni dopo la morte, per peste, di Polissena; non si capisce perchè avrebbe aspettato tanto, se davvero era disposto al crimine pur di arrivarci. Ma forse l’aspetto più incomprensibile per i contemporanei era proprio quello: perchè mai sposarsi l’amante, quando tutti ne avevano alla luce del sole, Sigismondo ovviamente compreso. E soprattutto, perchè fare un tale passo senza ottenere il minimo tornaconto politico?
E invece Sigismondo lo fa e Isotta diviene la sua terza moglie. A lei dedica tutto quanto di immortale cerca di realizzare: il Tempio, le medaglie, le rime dei poeti della sua corte: la “letteratura isottea”.
Isotta gli dà un figlio, Giovanni, già nel 1447, ma muore dopo pochi mesi. Un’altra figlia sarà Antonia, nel 1481 sposa di Rodolfo Gonzaga; due anni dopo il marito la uccide accusandola di adulterio. Un’altra figlia sarà Margherita, sposa nel 1460 di Carlo Fortebracci figlio di Braccio da Montone signore di Perugia.
Durante le lunghe assenze del marito condottiero di professione, è Isotta a governare la città. Lo fa con tale saggezza e competenza da guadagnarsi la fiducia e il rispetto di tutti, perfino dei nemici. Come si usa allora, alleva i numerosi figli illegittimi assieme ai suoi, da Roberto a Sallustio a Valerio e altri ancora, prendendosi sulle spalle tutto il peso della casata. Che va progressivamente in rovina, con i fallimenti politici e infine militari del marito. Quando lui muore nel 1469, Isotta tiene testa al Papa e a Venezia, a Roberto e ai Montefeltro e agli Sforza, tutti accorsi ad azzannare gli ultimi brandelli della signoria.
Riguardo la morte di Isotta non manca chi pensa al veleno di Roberto. Ma prove non ce ne sono e anzi sembra poco probabile che Roberto, niente affatto un avventato, osasse sfidare apertamente il consenso di cui Isotta godeva a Rimini e fuori. Viene sepolta con i più grandi onori nel Tempio Malatestiano, deposta nel magnifico sepolcro che Sigismondo aveva fatto realizzare per lei.