HomeCulturaA Rimini pubblicati i tesori di Sant’Agostino come non li abbiamo mai visti


A Rimini pubblicati i tesori di Sant’Agostino come non li abbiamo mai visti


18 Novembre 2019 / Paolo Zaghini

“Il Trecento riscoperto. Gli affreschi della chiesa di Sant’Agostino a Rimini” A cura di Daniele Benati – Silvana Editoriale.

Ho accolto l’invito del Vescovo Francesco, posto alla fine del suo intervento nel volume curato da Daniele Benati, di visitare la Chiesa di Sant’Agostino, la più grande e tra le più antiche chiese di Rimini, unico esempio cittadino di edificio sacro in stile gotico giunto fino ai nostri giorni. Nel suo intervento il Vescovo scrive che il suo intento è quello “di far nascere e crescere nei lettori un desiderio intenso. Quello di visitare e contemplare dal vivo l’itinerario iconografico della Chiesa di Sant’Agostino”.

L’ho fatto. Devo dire che erano tantissimi anni che non entravo più in quella chiesa, ma la meraviglia che mi ha colto, anche se ateo, è stata grande. Non la ricordavo così splendida. Ha ancora ragione il vescovo Francesco: “la chiesa di Sant’Agostino non solo presenta una ‘quantità’ considerevole di capolavori, ma offre un autentico cammino di fede: organico e completo. E rappresenta un felicissimo tentativo di annunciare il messaggio cristiano attraverso il mirabile linguaggio dell’arte cristiana”.

In questo volume, voluto dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose Alberto Marvelli e dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Rimini, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio e da Credit Agricole Italia, se ne ricostruisce tutta la potenza simbolica.

Gli affreschi, coperti alla fine del 1500 e riapparsi sotto uno strato d’intonaco in seguito al terremoto del 1916, rappresentano una delle testimonianze più alte della cosiddetta scuola riminese del Trecento. A partire da tali testimonianze, che coniugano l’influenza di Giotto, attivo in città negli ultimi anni del 1200, con l’ascendente di una più antica cultura adriatico-orientale di matrice bizantina, Rimini si configurò ben presto come un importante centro di produzione artistica, in grado di irradiare la sua influenza in un contesto geografico che, oltrepassando i confini locali, dalla Romagna si estese alle Marche e al Veneto.

Il volume, frutto di una meticolosa campagna fotografica realizzata dal fotografo riminese Gilberto Urbinati che documenta nella loro interezza gli affreschi e di una duplice rilettura critica sotto il profilo sia storico-stilistico sia teologico-simbolico, costituisce un invito a conoscere e a contemplare, oggi, tutta la mirabile bellezza di quello che appare come un vero e proprio “Trecento riscoperto”.

Scrive Antonio Paolucci nella sua Introduzione: “La magnifica campagna fotografica condotta da Gilberto Urbinati è la restituzione per immagini degli affreschi di Sant’Agostino più completa e più affascinante fra quante ne ha prodotte la moderna editoria storico-artistica”.

La pubblicazione si avvale sia di un’ampia e rinnovata analisi storico-critica degli affreschi proposta da Daniele Benati (Università degli Studi di Bologna), sia di un’approfondita quanto contestuale interpretazione teologico-simbolica e liturgica degli stessi indagata da Alessandro Giovanardi (ISSR “A.Marvelli”). Proprio questo «doppio registro analitico: quello filologico tipico della scienza storico-critica e quello dell’interpretazione simbolica», osserva Paolucci nella sua Introduzione, costituisce “l’originalità” più feconda di questo lavoro.

Ancora Paolucci: “Tutto nasce dal cantiere di Assisi. E’ da Assisi che prende forma, sul finire del 13° secolo, sotto il segno di Giotto, la lingua figurativa degli italiani”. I maestri e le botteghe di Rimini reagirono velocemente alle innovazioni moderne ispirate da Giotto. E’ dalla sua influenza che nacque la scuola riminese con Pietro da Rimini e la sua scuola (a cui si devono gli affreschi in Sant’Agostino), Neri da Rimini, Giuliano da Rimini, Giovanni da Rimini, Giovanni Baronzio ed altri mai chiaramente identificati. Una scuola che condensò la sua attività artistica in quasi mezzo secolo nella prima parte del Trecento.

“La pittura riminese è raffinata, spesso squisita, scriveva Cesare Brandi nel catalogo della mostra del 1935, indicando nella qualità il primo dei suoi caratteri distintivi” annota ancora Paolucci. Le fotografie di Urbinati che ci mostrano figure, racconti, simboli, dettagli ornamentali, ci consentono di vedere come mai sarebbe stato possibile i dettagli, i particolari, ma nello stesso tempo la bellezza complessiva degli affreschi, uno dei capolavori assoluti dell’arte medievale europea.

Scrive Natalino Valentini, direttore dell’ISSR: “Ciò di cui ora disponiamo è uno strumento di fondamentale importanza nell’ambito della conoscenza e degli studi storico-artistici sulla scuola pittorica riminese del Trecento. Esso è altresì un modello per l’attivazione di buone pratiche tra comunità ecclesiale e comunità civile per una strategia coordinata e integrata di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiale, materiale e immateriale, in vista della sua fruizione, della crescita di un turismo religioso e culturale sostenibile e di qualità”.

Paolo Zaghini