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Adesso sì che la pace è in buone mani


4 Giugno 2022 / Nando Piccari

Ma come si fa a non capire che Salvini aspira solo ad essere riconosciuto come un pacioso paciere pacificatore? I quotidiani di ieri riportavano la notizia secondo cui Putin a marzo sarebbe scampato ad un attentato, mentre avrebbe tuttora un cancro che a breve potrebbe portalo a raggiungere il suo degno precursore Hitler.

Se c’è chi intenda rammaricarsi per la prima delle due notizie e gioire per la seconda, lo scongiuro vivamente di non farlo, per doveroso rispetto verso Salvini, che poveretto sta da un po’ di tempo in qua testimoniando quanto sia vero che se comincia a correrti dietro la sfiga, pian piano gira il vento e non te ne va più dritta una..

Diventato il 1º giugno 2018 Ministro dell’Interno e Vicepresidente del Consiglio, dopo una prima fugace apparizione al Viminale aveva subito iniziato a girare in lungo e in largo l’Italia, impegnatissimo a riscuotere il consenso di frotte di cocaloni estasiati dalle sue gesta. I più truculenti gli facevano il coro nel maledire gli immigrati. Quelli super-cazzuti lo ammiravano vedendolo brandire una mitragliatrice, un revolver o addirittura un micidiale fucile a pompa.

Ai più delicati d’animo pareva quasi di condividere con lui le fetta di pane e Nutella che sui social mostrava di addentare compiaciuto. Per non parlare dei bigottoni lefebvriani e dei nostalgici di Ratzinger, con le lacrime agli occhi nel vederlob sbaciucchiare il Rosario o esibire la maglietta con la presa in giro a Papa Francesco.

Ma ad estasiare più di tutto, fino all’invidia, il suo citrullo codazzo legaiolo erano le bcarnevalate estive che si godeva al Papeete.

Evidentemente fu quell’ostentazione a mostrarsi emulo di Fracchia a fruttargli il coglionesco consenso elettorale del 26 maggio 2019, che portò la Lega al 34,3%, sopravanzando di ben 11,6 punti il PD e doppiando di gran lunga la somma delle briciole che aveva lasciato alla restante destra: 8,8% a Forza Italia, 6.4 a Fratelli d’Italia.

Ma parte proprio di qui la parabola discendente del Capitano, il quale comincia a montarsi la testa come spesso succede a quei pataconi che, gasati da talune circostanze fortunate, pensano di potersi camuffare da eroi. Auto convintosi di essere oramai il più amato dagli Italiani, Salvini osa perfino indispettire La Russa, Storace e un po’ anche la Meloni, mettendosi ad assumere toni e movenze da erede del pelatone di Predappio, di cui imita la postura oratoria e ripropone l’imbecillità sloganistica: «Memento audere semper», «Chi si ferma è perduto!», «Tanti nemici, tanto onore!», «Chiedo agli italiani pieni poteri».

Ma almeno il Duce una parvenza di mossa per impossessarsi del potere l’aveva fatta, arrivando nella Capitale in vagone letto subito dopo che Re Pipetta aveva calato le brache di fronte al pattume umano della cosiddetta “marcia su Roma”.

Invece Salvini no. In quell’agosto afoso si sente talmente forte da immaginarsi la conquista di Palazzo Chigi pur restando comodamente al Papeete, a puntare il sedere – e… quacos’altro – delle cubiste che ballano l’Inno di Mameli, mentre sbevazza un mojito dopo l’altro in tutta tranquillità, sapendo il figliolo al sicuro sulla moto ad acqua che i poliziotti gli hanno messo graziosamente a disposizione.

Si compiace inoltre dell’appoggio che avverte provenirgli da suoi sostenitori in altre parti del mondo: il fascistoide Orban, la fascistona Le Pen, il repellente Trump ed altri trogloditi politici stranieri, di rango inferiore. Ma Salvini spera ardentemente che a tifare più di tutti per lui sia Putin, di cui è da sempre il fedele piazzista in Italia e in Europa.

Chi non ricorda Salvini che, indossata la maglietta col ritratto di Putin, girava per Mosca, tessendone le lodi? «Città pulita, non c’è un mendicante, non c’è un lavavetri, non c’è un rom, non c’è un clandestino». O quando nel porto di Sebastopoli si faceva fotografare sulle navi da guerra della Crimea appena conquistata dalla Federazione russa? E annunciava nell’occasione «l’appuntamento col ministro della Crimea per venire in Veneto, in Lombardia, in Piemonte per lavorare insieme»? Suo motivo di vanto è sempre stata anche «la totale sintonia con i colleghi russi per dire no alle sanzioni economiche contro la Russia. Totale collaborazione, sia a Strasburgo che a Bruxelles tra la Lega e Russia Unita e ci saranno delle sorprese. Con Putin si dialoga, non si gioca alla guerra».

Purtroppo però il 24 febbraio Putin, smentendo Salvini, ha dato ordine che alla guerra si cominciasse a giocarci in Ucraina. A modo suo, facendo massacrare cittadini inermi con il tiro al bersaglio nei corridoi umanitari, bombardando le scuole con i bambini dentro, stuprando le donne.

Brutto colpo per Salvini. Nella speranza di far dimenticare la sua ammirazione per l’amico divenuto scomodo, è riuscito a non citare mai il nome di Putin in ben 600 fra dichiarazioni o comunque riferimenti all’Ucraina. Però a un certo punto ha dovuto darsi una mossa, anche perché nel frattempo i sondaggi cominciavano a stimare più che dimezzato il passato consenso elettorale.

Così si è inventato pacifista.
Lasciato nel dimenticatoio Ratzinger ha iniziato a fingersi seguace del fino a ieri detestato Papa Francesco (“Santo Padre qui, Santo Padre là…”). Dopo esserne stato il compiaciuto e plurifotografato ammiratore, si è scoperto ostile detrattore delle armi, contrario dunque ad inviarne all’Ucraina aggredita.

Ma visti gli scarsi risultati della sua conversione pacifista ha deciso di alzare il tiro, utilizzando a suo favore le ben note convergenze fra la Lega e Russia Unita: andare lui di persona a Mosca, ad incontrare Putin. “Almeno lì la maglietta con l’effigie di Putin non me la tireranno addosso per sputtanarmi”, deve avere pensato.

Viste però le risate e le spernacchiate con cui è stata accolta quella sua macabra goliardata, sdegnato ha ritirato la proposta: «Se devo creare divisioni sto con i miei figli».

Così li porta in pizzeria e con solo qualche rublo per tre pizze passa la paura.

Nando Piccari