Tutti i mali del nostro turismo che il tutto esaurito non può curare
4 Giugno 2022 / Maurizio Melucci
Riviera piena per il ponte ma…
La stagione turistica è partita con il piede giusto. Complice il bel tempo, un ponte molto interessante e Rimini Wellness, molti turisti hanno affollato le nostre località. Come spesso succede in questi casi i rappresentanti del turismo (nel caso di Rimini sempre gli stessi negli ultimi 20 anni) “suonano la gran cassa del tutto pieno” e di tutti gli alberghi aperti.
Questa volta al coro, scontato, del “tutto va bene” si contrappone la voce, fuori dal coro, di Mauro Santinato consulente esperto di turismo da oltre 30 anni. Non contesta tanto i dati quantitativi, ma la qualità del nostro turismo.
Dice Santinato: “Smettiamola di riempirci la bocca con il ’tutto esaurito’. La verità è che la città ha perso troppe posizioni nell’indice di turisticità internazionale. Non è vero che gli stranieri non viaggiano, semplicemente scelgono soprattutto altre destinazioni. Da noi invece vengono orde di ragazzini, basta guardare in stazione in questi giorni, mi dicono amici albergatori, per vedere che i saccopelisti abitano qui, persone con bassissima capacità di spesa, quando non gente che viene qui solo per fare danni. Credo che sia tempo di aprire un confronto serio sul futuro del nostro turismo” (dal Carlino 3 giugno).
Non è questo il momento per aprire un confronto sul turismo nelle nostre località, ma va fatto. Sono troppi anni, da prima della pandemia, che ci siamo limitati ai dati quantitativi, talvolta gonfiati, per consolarci e auto complimentarci. In realtà ci serve un profondo salto di qualità nel prodotto turistico. Innovazione e riduzione delle strutture alberghiere, riqualificazione degli stabilimenti balneari, ex colonie, aree di confine, servizi collettivi, parcheggi, formazione del personale e rispetto dei contratti di lavoro, solo per citare alcuni aspetti. Un dibattito serio coinvolgendo tutti gli attori pubblici e privati. Lo si dovrebbe fare il prossimo autunno. Ma dubito che succederà, più facile limitarsi ai dati quantitativi autocelebrativi.
Non si trovano stagionali: alcune vere cause
Accertato, come hanno dimostrato numerose inchieste, che la mancanza di personale nel settore del turismo non dipende dal reddito di cittadinanza, come sostengono qualche presidente di associazione di categoria e qualche politico, vediamo di capire quali possono essere le cause reali. Sono più di una, alcune che provengono da lontano.
- La pandemia ha obbligato personale impegnato nella ristorazione e nell’alberghiero ha cercare altre soluzioni lavorative; oppure, se immigrati, una parte ha fatto ritorno nei paesi d’origine. In entrambi i casi le soluzioni trovate dai lavoratori sono evidentemente migliori di quello stagionale nella filiera del turismo.
- I superbonus in edilizia hanno drenato manodopera non specializzata da molte filiere produttive con stipendi talvolta superiori a quelli contrattuali.
- Persone potenzialmente interessate provenienti da altre regioni italiane vi rinunciano per i costi da sostenere per vitto e alloggio, altissimi rispetto allo stipendio.
- I ragazzi possono lavorare solo dopo i 16 anni di età, ma con restrizioni tali che sconsigliano l’assunzione: obbligo del riposo domenicale, divieto di lavoro dopo le 23 e prima delle 6 del mattino, divieto di maneggiare alcoolici. Queste restrizioni a mio parere andrebbero riviste, almeno per il settore turistico.
- E’ peggiorata l’indennità di disoccupazione per il periodo invernale (Naspi) per chi ha fatto la stagione nel turismo.
- E’ diminuito il numero di immigrati in assoluto e in cerca di lavoro. In compenso è sempre difficile avere permessi di lavoro per gli immigrati. Troppa burocrazia.
- Formazione limitata nei numeri.
- Mancato rispetto dei contratti di lavoro.
Da queste situazioni nascono le difficoltà per la filiera del turismo. Inutile accanirsi su singole cause, ma occorre agire nel loro insieme.
I pescherecci ritornano in mare… forse
Si chiude la settimana senza pesce del mare Adriatico. La protesta dei pescatori è proseguita anche questa settimana contro il caro gasolio. Il carburante costa 1,20 euro al litro dai circa 70-80 centesimi dello scorso inverno, triplicato rispetto agli 0,40 di un anno fa. Il profitto lordo nel 2022 è sceso di circa il 28% rispetto al 2019 e al 2020, al punto che, non riuscendo più a rientrare dei costi del carburante, per molti è diventato più conveniente lasciare i pescherecci fermi in banchina.
A seconda della tipologia e della dimensione un peschereccio consuma in media tra i 700 e i 1.700 litri di gasolio al giorno, per un totale di circa 250 mila litri l’anno. Ai costi del gasolio bisogna aggiungere quelli per l’equipaggio e per i materiali di consumo. Facendo i conti, la spesa giornaliera per una battuta di pesca può arrivare fino a 7mila euro.
Per la filiera della gastronomia e per il mercato coperto lo sciopero dei pescatori è stato un colpo durissimo.
Ora la protesta sembra rientrare e da lunedì i pescherecci ritorneranno in mare. Il condizionale è d’obbligo. Non solo su quanti pescherecci ritorneranno in mare, ma anche per quante giornate. Infatti il problema caro gasolio solo in parte è stato affrontato dal Governo. Ha sbloccato 20 milioni di euro di aiuti per gli armatori e confermato il credito d’imposta del 20% sul carburante per il mese di giugno. Molto poco rispetto alla perdita del settore e soprattutto rispetto agli impegni che si era preso il sottosegretario alla pesca Francesco Battistoni (Forza Italia).
Le concessioni sul Financial Times
La proposta di riforma delle concessioni demaniali approvata dal Senato ha fatto talmente rumore da travalicare i confini italiani. Il prestigioso quotidiano londinese di economia e finanza, Financial Times, ha dedicato un articolo alla riforma delle concessioni demaniali. “Le riforme Draghi fanno scalpore sulle spiagge italiane. Sotto la pressione di Bruxelles, Roma metterà all’asta le concessioni balneari”. Questo il link https://www.ft.com/content/7d0458d7-c99d-44e0-8690-be916a127558