HomeLia CeliQuesti fascisti che non conoscendo nemmeno Mussolini si credono sansepolcristi


Questi fascisti che non conoscendo nemmeno Mussolini si credono sansepolcristi


24 Marzo 2019 / Lia Celi

L’avete vista, la foto dei camerati che ieri al cimitero Monumentale di Milano hanno celebrato il «centenario» del fascismo al motto di «Cento anni di giovinezza»? E c’erano anche da noi: “con la deposizione di diverse rose rosse, ai caduti riminesi per la Rivoluzione Fascista. Il dott. Carlo Bosi, Mario Zaccheroni, ed in particolare Luigi Platania, quest’ultimo reduce della Grande Guerra con tre Medaglie d’Argento e due Croci di Guerra nonché tra i fondatori del primo nucleo dei fasci di combattimento locali, sono ricordati nel sacrario interno al Tempio Malatestiano di Rimini dove i militanti forzanovisti si sono dati appuntamento per celebrarne il ricordo”.

Sembrava l’anticamera di un provino per il ruolo di ultras da stadio per un film di serie zeta: decine di pelati con bomber, anfibi, tatuaggi e facce truci d’ordinanza. Più che una militanza, sembra un patetico quanto ripugnante gioco di ruolo impersonato da uomini adulti che negli orpelli, ancora simbolicamente potenti, di una dittatura condannata dalla storia, hanno trovato l’unico modo per riempire una vita altrimenti vuota di senso, valori, cultura. E solo rasandosi i capelli, sporgendo la mascella e gridando slogan si sentono qualcuno, quel qualcuno lì, per il quale provano un genere di sentimenti che non sarebbe fuori posto in un Gay Pride.

Se ci fate caso, i nostalgici di Adolf Hitler non si conciano tutti con il ciuffo impomatato e i baffetti; quelli di Benito invece non si accontentano di condividerne l’ideologia, ma vogliono proprio diventare uguali spiccicati a lui, nella versione anni ‘30, con il crapone pelato, un po’ di pancia, gli occhi spiritati e il broncio perenne.

Vabbè, non ci vuole molto, vista la generale tendenza del maschio italico alla calvizie e al sovrappeso, specie dopo una certa età; anzi, viene da pensare che forse una delle spinte a diventare neofascisti sia giustificare e, perché no? rendere temibili i tratti più meschinelli dell’italiano medio.

Sto perdendo i capelli, sono tarchiato e ho dei lineamenti non esattamente apollinei, come posso attirare l’attenzione delle donne e mettere paura ai miei simili? Via, elimino quel che resta della chioma, sporgo il mento in fuori e comincio a blaterare di patria e onore, quando magari non pago le tasse, parcheggio regolarmente in doppia fila e credo che le paludi pontine stiano vicino a Campobasso.

Figuriamoci se il neofascista sa che i Fasci di combattimento fondati da Mussolini il 23 marzo del 1919 in piazza San Sepolcro a Milano c’entravano ben poco con quelli che fanno sognare lui, quelli della marcia su Roma: predicavano la «democrazia politica ed economica», il suffragio universale e il voto alle donne, la confisca del beni del clero e dei profitti di guerra e l’avversione a ogni forma di dittatura.

Quel fascismo era così «avanti» che nelle elezioni di quell’anno fu votato da quattro gatti, tipo oggi Più Europa, dopodiché il futuro duce fu considerato un “cadavere politico”. E invece resuscitò poco dopo, però armato di manganello e olio di ricino.

Come osservava lo storico Emilio Gentile sul Sole24Ore, a voler essere precisi per celebrare i cent’anni del fascismo che piace ai Beniti de noantri bisognerebbe aspettare il 10 novembre 2021, centenario della trasformazione dello squadrismo in Partito Nazionale Fascista. Con questi chiari di luna, fra due anni e mezzo la ricorrenza potrebbe non venire celebrata semiclandestinamente e fra le proteste dei democratici, come la pagliacciata del cimitero Monumentale, ma apertamente e solennemente, alla presenza delle autorità. Per quel giorno speriamo di essere riusciti a fuggire in tempo in Svizzera.

Lia Celi