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Bocciato il terzo mandato per i presidenti di Regione. Anche senza reddito di cittadinanza nel turismo manca sempre il personale


Il governo vieta ai liceali il lavoro stagionale in alberghi e ristoranti


25 Febbraio 2024 / Maurizio Melucci

Il governo vieta ai liceali di fare gli apprendisti in hotel e ristoranti

Premetto che io appartengo ad una generazione che ha fatto la “stagione” mentre si studiava. Si iniziava a 14 anni e si andava avanti anche durante l’università. Era un “aiuto” economico vero alle famiglie ed una scuola di vita unica per le ragazze e i ragazzi. Poi le leggi sono cambiate. Il limite di età è passato 16 anni. Dai 16 ai 18 anni non si può lavorare oltre le 10 di sera e chi fa l’attività di barista o cameriere non può servire alcool. Norme in parte condivisibili. Altre, a mio parere, sono troppo restrittive almeno per il comparto turistico.

Ma incredibile è la notizia di qualche giorno fa. Gli studenti del liceo non potranno fare gli apprendisti nel comparto del turismo. Infatti, il ministero del Lavoro ha stabilito che gli alunni non possono fare lavori diversi da quelli che il proprio percorso scolastico indica. Ad esempio, un liceale o uno studente di meccatronica non può fare il barista o il cameriere sfruttando il contratto da apprendistato, una tipologia contrattuale riservata a chi ha scelto quel percorso di studio. In sostanza, i ragazzi e le ragazze tra i 16 e i 18 anni liceali che speravano di fare un’esperienza lavorativa al bar, negli alberghi o nei ristoranti in estate dovranno riporre le loro aspettative.

Quindi che lavoro possono fare i liceali in tempi moderni (ai miei tempi i liceali erano tutti impegnati in bar, ristoranti ecc)? Oltre all’ovvietà di ripetizioni ad altri studenti, sarebbe interessante capire se un liceale può fare il pet-sitter, il baby sitter oppure l’addetto ad un autolavaggio. Ma forse più logico sarebbe ritirare questo provvedimento semplicemente demenziale.

Mancano i lavoratori nel turismo

Ci siamo. Manca poco più di un mese a Pasqua e si è aperto il dibattito sui lavoratori stagionali che non ci sono. Argomento che va avanti da anni. Una novità però c’è. Questa volta non è colpa del reddito di cittadinanza, abolito di fatto dal governo Meloni. Capisco che tanti rappresentanti del turismo locale siano rimasti spiazzati. Ma così è. Chi pensava che senza reddito di cittadinanza vi sarebbero stati centinaia di ragazzi pronti a fare la stagione turistica si è sbagliato, ma di molto. Negli anni passati andavano di moda giudizi dei nostri imprenditori turistici (per fortuna una parte) tipo:

  • I giovani preferiscono ristori e reddito di cittadinanza al lavoro stagionale
  • I giovani non hanno voglia di lavorare
  • Il reddito di cittadinanza produce lavoro nero (come se oggi fosse scomparso)

Ora la riflessione diventa per forza più seria. Si parla di numero inadeguato di permessi di lavoro per chi viene dall’estero.

Si inizia a dire che la stagione non attrae più ed è difficile trovare personale per pochi mesi di contratto.

Per queste ragioni si sta pensando di rivedere i contratti di lavoro, ridurre gli orari, dare il giorno di sosta settimanale, combattere il lavoro nero e lo sfruttamento di alcuni operatori senza scrupoli. Non è pensabile che, mentre si discute della settimana a 35 ore, nel settore alberghiero e della ristorazione balneare le ore di lavoro possano arrivare ad oltre 56 (8 ore per sette giorni settimanali).

Niente terzo mandato per i presidenti delle regioni e per i sindaci

E’ stato respinto l’emendamento della Lega al decreto legge elezioni sul terzo mandato per i presidenti delle Regioni. In commissione Affari costituzionali, si sono espressi contro la proposta di modifica leghista, Fratelli d’Italia e Forza Italia sostenuti da Noi moderati, Pd, M5S, Avs. A sostegno della Lega ha votato solo Italia viva, mentre Azione non ha partecipato al voto. In tutto ci sono stati 4 voti favorevoli, 16 contrari, un’astensione.

La Lega aveva ritirato l’emendamento sul terzo mandato per i sindaci delle grandi città (oltre i 15mila abitanti).

Bene ha fatto il Partito Democratico a votare contro per elaborare una proposta di revisione più complessiva della legge che nel ‘93 istituì l’elezione diretta dei sindaci e la legge dei mandati dei presidenti delle regioni. «Un confronto nel merito», spiega il responsabile Enti locali Davide Baruffi, «che però non può essere schiacciato sul numero dei mandati, ma deve contemplare pesi e contrappesi, rafforzando la funzione e il ruolo delle assemblee elettive».

Il punto è proprio questo. In questi anni di elezione diretta del sindaco abbiamo visto uno spostamento dei poteri verso il ruolo monocratico del sindaco eletto. Poca dialettica in giunta. Se un assessore vuole discutere di una delibera o, peggio ancora, non è d’accordo sul provvedimento, rischia di vedersi revocare la delega dal sindaco (cacciato dalla giunta dalla sera alla mattina). Il consiglio comunale è chiamato a votare solo delibere di programmazione finanziaria, opere pubbliche e in materia urbanistica. In realtà con la maggioranza schiacciata sulle posizioni delle giunte comunali senza nessun confronto serio nel merito in molti casi. Le delibere vengono, normalmente spiegate con comunicati stampa, evitando i confronti con la cittadinanza. Se i sindaci vengono criticati si rischia il “reato” di lesa maestà. Se è vero che in Europa in molti Paesi non c’è il limite ai mandati dei sindaci, è anche vero che non è prevista in quei paesi l’elezione diretta, cosa che ne cambia molto la sostanza, ed un motivo ci sarà.

Per queste ragioni occorre prevedere pesi e contrappesi diversi del passato pur mantenendo la stabilità politica nel governo locale conosciuta in questi anni. In particolare:

  • Istituzione dei quartieri (elettivi) nelle città con più di 50mila abitanti. Oggi sono previsti solo per città oltre i 250mila abitanti. E’ necessario riprendere un percorso democratico e partecipativo tra amministratori ed elettori.
  • Ruolo più importante dei consigli comunali

Analogo ragionamento vale per i presidenti di Regione ormai comunemente per quanto erroneamente chiamati, all’americana, “governatori”. Faccio notare che il Governatore della California (importante stato degli Usa) rimane in carica per 4 anni rinnovabili per altri 4. Esattamente come il presidente Americano. Ora sinceramente, farsi chiamare governatori, senza che nessuno smentisca questo appellativo da parte dei diretti interessati, dimostra il tentativo di un cambiamento della nostra Costituzione verso il personalismo monocratico senza neanche i vincoli del sistema americano che si vuole copiare. Invece di discutere dei terzi mandati sarebbe molto più opportuna una discussione sull’incapacità di produrre una “classe dirigente” all’altezza della funzione politica e dei necessari ricambi. La domanda è: perché la politica oggi non attrae più le intelligenze, le motivazioni, le capacità necessarie? Purtroppo, prevale in molti casi un clima cortigiano, dove competenza e capacità di governo scompaiono.

Sinceramente non ho capito la polemica della corrente che fa capo a Stefano Bonaccini sul voto contrario in commissione. Infatti prima del voto è stata fatta una riunione del gruppo del Pd al Senato e la scelta di votare “no” è risultata largamente maggioritaria. Questa polemica mi pare solo un autogol, per altro prima delle elezioni in Sardegna che si svolgono oggi.

Maurizio Melucci

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