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Isola delle Rose, più che libertà fu liberismo: selvaggio


20 Novembre 2022 / Paolo Zaghini

Giuseppe Musilli; “Isola delle Rose Insulo de la Rozoj – la libertà fa paura” – Interno4.

Giorgio Rosa: “L’Isola delle Rose. La vera storia tra il fulmine e il temporale” – Gruppo Persiani Editore.

Assieme al libro memoriale dell’ing. Giorgio Rosa (1925-2017) ideatore, progettista e creatore dell’Isola delle Rose, esce la terza ristampa del volume di Musilli pubblicato la prima volta nel 2009 (allora con un DVD allegato, visibile oggi in Internet digitando https://bit.ly/3EHysaq).

La storia è nota: tra la fine degli anni 1950 e il 1967 Rosa ideò, progettò e diresse i lavori per la costruzione dell’Isola delle Rose, una piattaforma artificiale di 400 metri quadri in Adriatico, a 11 km al largo di Rimini (di fronte a Torre Pedrera), al di fuori delle acque territoriali italiane.

Terminata l’isola nel 1967, il primo maggio 1968 Rosa l’autoproclamò Stato indipendente. La micronazione come si sa ebbe vita breve: “All’alba del 25 giugno 1968 i mezzi navali di polizia, carabinieri e guardia di finanza salpano dai porti di Venezia ed Ancona diretti verso Rimini. Lo Stato italiano ha deciso di occupare militarmente l’Isola delle Rose”. Tra novembre 1968 e febbraio 1969 l’Isola fu forzosamente demolita da guastatori della Marina Militare.

Con l’uscita del volume di Musilli nel 2009 la storia dell’Isola tornò a galla dopo quarant’anni. “Da quel momento, l’Isola delle Rose torna a vivere e diventa protagonista nei romanzi, nei cinema, nelle canzoni, nei teatri, in tv e alla radio”.

In una lettera (riportata nel volume) Walter Veltroni scrive a Musilli: “Le immagini di questo libro servono a dire che c’è stato davvero un tempo, un luogo in cui un sogno, forse una utopia si è realizzata. Potrebbe sembrare una storia inventata da un costruttore di fiabe. Un’isola in mezzo al mare – edificata non dallo scorrere dei movimenti della terra, una lenta progressione di milioni di anni – ma dalla fantasia e dal coraggio incosciente di un pacioso ingegnere bolognese”. E conclude: “Solo chi cerca il nuovo ha, in fondo, qualcosa da raccontare”.

Del resto Walter Veltroni con il suo libro/romanzo romantico “L’isola e le rose”, edito da Rizzoli nel 2012 consolida l’idea di un’utopia contrastata dal potere e di un sogno che valeva la pena vivere.

Un po’ anche quello che tenta di fare il film di Netflix del 2020 “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”, diretto da Sydney Sibilia, dove il personaggio di Giorgio Rosa è interpretato da Elio Germano. Ma i commenti su questa opera sono stati abbastanza critici.

Dichiara l’ing. Rosa: “Quei 55 giorni sulla ‘mia’ isola sono stati i più importanti e i più belli della mia vita”. L’unica nazione al mondo ad aver adottato l’esperanto come lingua ufficiale. Eppure in quell’estate 1968 “parte la ridda di ipotesi, sostenuta e alimentata dai media, giornali e rotocalchi in particolare, che sono ben contenti di vedersi servita su un piatto d’argento la storia dell’estate. Gli elementi ci sono tutti: un luogo evocativo, la Rimini del turismo di massa; un’accesa disputa, quella fra lo stato italiano e il governo dell’isola; la percezione di sicurezza, con quella piattaforma a minacciare i confini nazionali; un po’ di pruderie e di velato erotismo, con le foto di qualche bella ragazza in bikini”.

Ma come sostiene Rosa “la costruzione dell’isola non vuole essere un atto di ribellione individuale, ma una precisa scelta commerciale, nel nome della libertà”. Commenta Musilli: “Non c’è controcultura, anzi, se proprio di categorie politiche si deve parlare, allora bisogna pensare a un reazionario, a un liberista selvaggio che divide la società con le classi della Repubblica di Platone: da una parte quelli che pensano, dall’altra quelli che lavorano”.

Nel suo libro/memoriale Rosa è più brutale: “Sorse in me l’idea di fare un’isola dove ci fosse la vera libertà, dove le persone intelligenti potessero procedere e dove gli inetti fossero cacciati”.

Sulle modalità della conclusione dell’avventura “dirò solo che la libertà è una chimera e che chi ha il potere lo tiene a qualsiasi costo (…). Credo anche che l’ostilità del governo democristiano fosse soprattutto dovuta al fatto che si pensava ci sarebbe stato un casinò. Questo rappresentava per i democristiani, un rischio terribile a cui, come aveva fatto il lugubre Scelba nel ’52 con San Marino, volevano opporsi con tutte le forze anche contro il Diritto Internazionale”.

Scrive nella Prefazione del libro di Rosa l’editore Paolo Emilio Persiani: “Un uomo che era riuscito a realizzare un sogno romantico, anarchico e rivoluzionario”. Un sogno di uomini liberi che non volevano dipendere da nessuna organizzazione politica o statale. “Se il minimo comune denominatore delle correnti anarchiche era stata la necessità di annullare lo Stato o qualsiasi altra forma di potere costituito l’ingegner Rosa era riuscito paradossalmente a farlo tramite la costituzione di una nuova nazione di sua invenzione. E’ questa la vera chiave di lettura dell’avvincente storia dell’Isola delle Rose”.

Penso che le valutazioni divergenti sull’opera pensata e voluta dall’ing. Giorgio Rosa proseguiranno ancora per molto tempo.

Entrambi i libri hanno ricchi album fotografici, la riproduzione di numerosi articoli di stampa apparsi in quella lontana estate del 1968, la pubblicazione di molti documenti inerenti il caso.

Paolo Zaghini