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L’ingegner Bettini, il “direttore buono” delle miniere di Perticara


16 Settembre 2019 / Paolo Zaghini

“La miniera di Perticara durante la Seconda Guerra Mondiale nei diari (1942-1945) dell’ing. Ciniro Bettini”
A cura di Cristiano Bettini e Carlo Colosimo –  Società di Studi Storici per il Montefeltro.

Ho assistito domenica sera 11 agosto alla presentazione di questo volume in Piazza a Perticara ed ho avuto conferma di quanto ancora la storia della miniera sia vissuta intensamente dalla popolazione di quel territorio. Una piazza gremita di pubblico e di autorità locali che hanno ascoltato con grande attenzione quanto i relatori andavano esponendo, in particolare il figlio del “direttore buono” Bettini, Cristiano.

In una proficua collaborazione instaurata ormai da tempo fra soggetti diversi (il Parco dello Zolfo delle Marche, la Società di Studi Storici del Montefeltro, la Pro Loco di Perticara, il Museo storico minerario di Perticara ”Sulphur”) in questi ultimi anni sono state editate diverse ricerche storiche sulle vicende della miniera di zolfo di Perticara.

Di alcune in questi anni ne ho anche parlato qui in questa rubrica (“Miniere sulfuree e carbonifere tra Sogliano al Rubicone, Repubblica di San Marino e Perticara” a cura di Cristina Ravara Montebelli edito da Bookstones – Società di studi storici per il Montefeltro nel 2015; “L’Ottocento nelle lettere della Società Anonima delle Miniere Zolfuree di Romagna. Imprenditoria nella lavorazione e nel commercio dello zolfo tra Rimini, Cesena e il Montefeltro” a cura di Silvia Crociati e Cristina Ravara Montebelli, con una nota di Carlo Colosimo e un contributo di Carlo Evangelisti edito da Società di Studi Storici per il Montefeltro nel 2018).

Ma come ricorda Roberto Monacchi, Presidente della Società di studi storici per il Montefeltro, “pressoché tutto da ricostruire era il capitolo riguardante la metà del XX secolo. Infatti, pur con l’acquisizione della miniera da parte della Montecatini, grazie a cui è diventata un polo produttivo inserito in un contesto più organizzato – e, quindi, documentato -, il periodo bellico rimaneva comunque piuttosto oscuro, perché carente dal punto di vista delle fonti documentarie superstiti. L’importanza dei diari dell’ing. Bettini va ben oltre l’intento con cui il compilatore pensò di redigerli ed essi ci permettono oggi di avere una visione privilegiata delle dinamiche con cui la miniera, il suo organico e il suo contesto sono sopravvissuti alla fase forse più critica della sua storia”.

Breve riepilogo storico: il 23 settembre 1755 nacque la prima società per lo sfruttamento dei filoni di zolfo. Nel corso dell’Ottocento diversi proprietari si succedettero nella gestione della miniera. Nel 1917 la Società Montecatini acquistò a prezzi fallimentari tutte le concessioni. Fra la prima e la seconda guerra mondiale la miniera divenne una delle più importanti d’Europa. Nel 1938 impiegava 1.600 dipendenti che lavoravano in un reticolo di gallerie di oltre 50 km tramite 7 pozzi e 4 discenderie. La miniera fu chiusa nell’aprile 1964, 55 anni fa.

L’ingegner Ciniro Bettini nacque a Cremona nel 1902 e morì a Viareggio nel 1974. Laureato in ingegneria meccanica mineraria, prestò servizio militare quale ufficiale di artiglieria contraerea. Fu assunto dalla Montecatini nel 1927, capo servizio a Perticara dal 1932 al 1935. Dal 1937 al 1941 fu in Africa per conto della Montecatini alla guida di spedizioni geologico-minerarie nell’Africa Orientale Italiana (dall’Etiopia al’Eritrea, alla Somalia). Dal 1941 al 1942 fu inviato in Albania. Dalla seconda metà del 1942 sino al 1951 fu designato a dirigere la Miniera di zolfo di Perticara.

Scrive nelle note biografiche il figlio Cristiano: “Durante il passaggio del fronte ha fatto occultare nei cunicoli della miniera quantitativi enormi di materiali e macchinari pregiati; i tedeschi nell’agosto del 1944 l’hanno prelevato e portato a Verona [dopo essere stato carcerato a Fossoli]; il 21 settembre fecero saltare tutte le principali attrezzature esterne della miniera e scapparono. Dopo la liberazione, verso la fine del 1945 l’ing. Bettini ritornava per ricostruire la miniera e portarla al massimo splendore. Riorganizzava il lavoro e assicurava pane e serenità a 1.500 minatori. Curava anche la vita sociale e ricreativa dei suoi dipendenti, provati dalla guerra e dal duro lavoro quotidiano. Veniva allestita una mensa per i lontani, la Cooperativa tra i minatori apriva diversi spacci, il campo sportivo si rianimava, il dopolavoro aziendale con sala cinematografica, biblioteca, il campo da tennis si ripopolava. Il concerto bandistico faceva risentire le sue armonie e, nel 1950 sorgeva anche una bella Chiesa alla Patrona S. Barbara”.

“In quei momenti di tanta confusione e tensione politica, con il suo equilibrio, con il suo prestigio, con la sua bontà ha saputo tenere l’unione, la tranquillità in mezzo alle numerose maestranze, che non furono turbate da discriminazioni e vendette politiche”.

Scrive Carlo Evangelisti, Presidente del Parco dello Zolfo delle Marche: “veniva richiesto al direttore una cultura tecnico-scientifica che spaziava dalle competenze meccaniche, elettromeccaniche, a quelle chimiche e geologiche, esercitate quotidianamente in contraddittorio con i collaboratori, nella valutazione di progetti, innovazioni e realizzazioni diverse (…). Un vero e proprio universo produttivo autonomo ed autosufficiente che ruotava attorno all’attività estrattiva dello zolfo. Un’attività a ciclo produttivo continuo, 24h su 24h per 365 giorni all’anno senza soluzione di continuità, da mantenersi tale ottimizzandone la resa in tutte le condizioni meteorologiche, sociali e politiche (…). E’ pertanto ragionevole sostenere che lo stesso carattere del ‘direttore’ era un elemento che influiva sulla vita della collettività tutta, e comprendere come la dizione di ‘direttore buono’ fosse molto più di una qualità personale”.

I curatori del volume hanno steso le pagine dei diari dal 1942 al 1945 di Bettini in forma discorsiva. I diari registrano gli eventi della miniera e personali quotidianamente, anche durante i periodi più critici.

Dalle pagine del diario del 1943: “Le domeniche perticaresi consentono a Bettini di mantenere legami di buone relazioni con lo staff, di dedicarsi a letture corroboranti, di proseguire lo studio di inglese e tedesco, allenarsi nel gioco del tennis”. Annota, senza commentarli, le vicende del 25 luglio e dell’8 settembre. Però “il 29 [luglio] il Direttore fa smontare l’effigie del Duce dal suo ufficio e la fa sostituire con l’immagine di S. Barbara”.

Dal diario del 1944 emergono tutti i difficili rapporti con i Tedeschi che “rubano” zolfo e macchinari. Il 3 aprile 1944 “giungono notizie che i partigiani hanno occupato S. Agata Feltria e che la prossima tappa sarà Perticara. La tensione, anche fra i dirigenti è palpabile (…). Contenere le emozioni, esercitando su di sé un forte autocontrollo faceva parte del suo stile ma era anche il modo migliore di interpretare il proprio ruolo in quei tempi incerti e difficili per gli idealisti”. Dà disposizioni affinché venga nascosto ai Tedeschi “il più possibile: macchine, cavalli, viveri e tutto insomma”. Cinque i bombardamenti alleati subiti dalla miniera di Perticara.

E poi, nella seconda metà del 1944, la drammatica vicenda del suo arresto il 30 agosto da parte dei tedeschi, insieme ad altri due funzionari, e il lungo calvario del trasferimento al Nord verso la Germania. Ma il 10 ottobre, grazie ad un forte interessamento della dirigenza nazionale della Montecatini vengono liberati a Verona.

Da quel momento, sino alla fine della guerra, Bettini lavorerà a Milano presso la Direzione Nazionale della Montecatini per tornare a dirigere la miniera di Perticara l’1 giugno 1945. Il 10 giugno annota nel diario a proposito della situazione che trova al suo arrivo: “Tutto quanto è nella realtà molto peggio di quanto mi aspettavo”. Ma da quel momento “la miniera riprenderà faticosamente ma con slancio, dopo le distruzioni belliche, attività e produzione”.

Paolo Zaghini