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Resistenza con la minuscola, senza comunisti e solo contro lo straniero, Chiara Bellini vicesindaco al maschile: passato e presente riscritti dal consigliere Fd'I di Rimini


Ma tutto questo Rufo Spina non lo sa


6 Maggio 2024 / Nando Piccari

Appena un attimo dopo la conclusione della manifestazione del 25 Aprile, Rufo Spina si era subito lasciato andare ad una pisciatina stizzosa contro la Vicesindaca di Rimini, rea di non aver riservato neppure una leccatina al Governo in tutta la sua orazione celebrativa, che avrebbe poi addirittura concluso a pugno chiuso.

Non pago di quella sua ridondante performance, egli l’ha successivamente replicata in Consiglio Comunale, dove è tornato a chiedere al Sindaco di cacciare dalla Giunta Chiara Bellini, che lui continua a chiamare «il Vicesindaco» perché convinto, sull’esempio della Meloni, che una donna che detenga una qualche funzione di potere debba obbligatoriamente assumere un’impronta virile: se no che potere sarebbe?

Udito l’arrogante arzigogolare dell’interpellante, il Sindaco gli ha risposto per le rime, diversamente da quanto avrebbe fatto se Rufo si fosse limitato ad esternare a cuore aperto le sue angustie, esprimendosi più o meno così:
“La prego di tener conto del mio travaglio interiore, Signor Sindaco. Come temevo, il farmi vedere alla manifestazione del 25 aprile mi ha reso ancora più inviso a quelli che nel mio partito già mi consideravano un “fratellastro d’Italia”, avendo io politicamente scelto la destra non perché ispirato dal molto che resta della truculenza neofascista, ma in quanto affascinato dall’allegra dissenteria barzellettiera di Silvio Berlusconi. Le lascio immaginare il disagio nel sentirmi ora dare quasi del pataca per essermi mescolato con quanti applaudivano le cattive parole del Signor Vicesindaco Chiara Bellini, per di più al cospetto del Signor Prefetto Rosa Maria Padovani. E quel pugno chiuso alla fine? Non che mi aspettassi di vedere in cima al braccio teso del Vicesindaco il palmo della sua mano aperta, per poi raccontarlo a Gioenzo Renzi, che avrebbe fatto due salti: uno di gioia e l’altro per l’invidia di esserselo perso.
No, mi sarebbe bastato che l’oratrice – pardon, l’oratore – avesse aggiunto al suo gridato Viva l’Italia una pur breve postilla di riconoscenza, tipo ‘viva pure Giorgia, la sua illustre dama di compagnia’.

A quel punto la replica di Sadegholvaad sarebbe stata di ben altro tenore:
“La capisco, caro Consigliere. E non sono sorpreso se fra le 1064 parole del suo comunicato non compare neppure una volta “antifascismo”. Immagino quanto sarebbe stato imbarazzante, ai limiti del masochismo, provare a scriverla circondato com’è da “portatori sani” di ben poche variabili politico-sentimentali: quelli “ancora neofascisti a 360 gradi”, quelli “un po’ meno neofascisti di prima”, i “non ancora a-fascisti del tutto”, altri “con appena un quinto di a-fascismo” e infine i tanti che se la cavano dicendosi “contro tutte le dittature”.
Vorrà dire che imporrò alla Vicesindaca – mi scusi se la cito al femminile – di fare ammenda per due settimane, obbligandola a guardare i Tg di Telemeloni più la trasmissione di Pino Insegno, oltreché ad imparare a memoria le esercitazioni lessicali nazional-corianesi della Spinelli ed a partecipare alle riunioni di Giunta tenendo in tasca quella sua colpevole mano sinistra.”

Rufo Spina circondato da celebri pugni chiusi

Già su Facebook Rufo Spina aveva scritto che l’orazione celebrativa della Vicesindaca è «una questione che non può finire qui. Il sindaco ci deve dare spiegazioni adeguate. E il Prefetto deve esercitare il proprio ruolo di garante istituzionale del territorio. I diretti interessati (vale a dire il Sindaco e la Prefetta, n.d.r.), nel frattempo si vergognino e si scusino».

Così in Consiglio Comunale gli è venuto naturale volare alto. Talmente alto che quando poi è caduto ha fatto una bella botta… nel ridicolo. Questa la sua narrazione, comica e insieme offensiva della Resistenza:
«La resistenza (minuscola? n.d.r.) di destra e centro-destra tramite i partiti monarchici (come si sa, erano ben tre partiti n.d.r.), liberali (non più di due, n.d.r.) e democristiani (invece i partiti democristiani erano tantissimi, n.d.r.) inizia l’8 settembre 1943. All’appello mancavano proprio i comunisti, che sono entrati pienamente nella resistenza (idem come sopra, n.d.r.) solo nell’aprile 1944».

Come si fa a non ridere, chiedendosi se la sua sia solo crassa ignoranza della storia o menzognera faziosità? Perché lo sanno pure i sassi che l’8 settembre 1943, alla vigilia dell’insurrezione, le formazioni partigiane comuniste e azioniste rappresentavano, già da sole, più del 70 per cento del totale, una percentuale che nelle formazioni di città era ancora più alta.

Così come è altrettanto risaputo che in Italia, durante il ventennio, vi fu una lotta accanita contro il fascismo, condotta soprattutto dall’avanguardia della classe operaia e dei lavoratori, con alla testa il Partito Comunista. Tant’è che su 4.671 antifascisti condannati dal Tribunale Speciale fascista per la Difesa dello Stato, i comunisti furono 4.040, condannati a complessivi 23.000 anni di carcere.

Ma tutto questo Rufo Spina non lo sa o finge di non saperlo. Così se la può cavare con la frasettina secondo cui il 25 aprile sarebbe soltanto «una festa nazionale per celebrare la riconquista della democrazia e della libertà dopo una sanguinosa occupazione straniera».
Chissà, forse gli piacerebbe poter completare la frase ricordando pure lui “i partigiani”, nominando “la Resistenza” con l’aggiunta dell’aggettivo “antifascista” e traducendo quel “sanguinosa occupazione straniera” nel modo dovuto, vale a dire “l’occupazione dell’Italia da parte dei criminali nazisti di Hitler, chiamati dall’altrettanto criminale Mussolini”.
Ma se Rufo Spina lo facesse, chi li sentirebbe poi i camerati Rampelli e Bignami?

Nando Piccari

Post Scriptum
Sembra dunque che ai “Giacinto Pannella detto Marco” e “Benedetto Craxi detto Bettino” del passato, seguiranno nelle elezioni del prossimo 9 giugno sia un bizzarro “Giorgia Meloni detta Giorgia” che un inquietante “Roberto Vannacci detto Generale”.
Secondo voci non confermate, analoga cosa potrebbe pure succedere a Misano, con la comparsa nella scheda elettorale di un “Marcello Tonini detto Voltagabena”.