Mirko Vucetich, il futurista dei villini di Riccione
20 Dicembre 2020 / Paolo Zaghini
Andrea Speziali: “Mario Mirko Vucetich (1898-1975). Architettura, scultura, pittura, disegno” – Silvana.
Vittorio Sgarbi, persona quanto mai sgradevole e sicuramente “capra” (epiteto a lui molto caro quando lo usa contro chiunque gli si opponga nel corso dei suoi furori iconoclasti) è però anche, quasi incredibile, una valentissimo critico d’arte, autore di saggi sull’arte italiana di grande valore. Per questo bellissimo libro sull’artista Vucetich del riccionese Andrea Speziali ha scritto la presentazione chiudendola con questa valutazione perentoria: “Questa resterà una monografia definitiva”.
Vucetich, artista eclettico, da tempo in un cono d’ombra, Speziali lo recupera e lo integra all’interno dei vari movimenti artistici italiani nati e sviluppatisi in Italia tra la fine della Prima Guerra Mondiale e gli anni ’60. Il volume, con uno splendido apparato iconografico, oltre a ricostruirne la ricca biografia, si sofferma sul Vucetich architetto, scultore, pittore, poeta, scenografo, regista e attore.
Figlio di un funzionario delle Ferrovie, nacque a Bologna nel 1898. Vucetich fu uno dei primi ad avvertire l’importanza del movimento futurista italiano e giovanissimo nel 1917 fondò il Movimento Futurista Giuliano. Artista di grande duttilità creativa e capace di declinare originalmente stili e tendenze artistiche passate e a lui contemporanee. “Non si faccia l’errore, però, di considerare Vucetich un artista soggetto alle mode. Egli in realtà è stato un indefesso e sperimentale ricercatore di nuove soluzioni. Ma sempre congeniali al suo sentire di artista autentico”.
“La sua attività è sempre stata in sintonia con i più rilevanti movimenti artistici del suo tempo, ma ciò non è il limite di chi insegue le mode per la mancanza di idee proprie, bensì la prova della sua curiosità, della sua capacità di vedere sempre oltre, di mettersi alla prova, sperimentando nuovi percorsi”.
Costruttore, pittore, scultore, scenografo, scrittore, regista, attore. Vucetich è stato tutto questo. E Speziali, come un investigatore, ne segue le tracce e le opere nelle tante città da lui vissute nel corso degli anni: Gorizia, Roma, Bologna, gli Stati Uniti, Vicenza, Catania, Marostica, Riccione.
Speziali a Marostica, per conto della famiglia Vucetich, ha allestito nella fascinosa cornice del trecentesco Castello di Marostica il Museo Vucetich (ospita i disegni progettuali e gli abiti originali della famosa “Partita a Scacchi” interamente progettata da Vucetich nel 1955 assieme a sculture in terracotta e bronzo), mentre la maggior parte delle sue opere (sculture, disegni e dipinti) è conservata nella Collezione Pozza-Breganze a Vicenza.
A Riccione Vucetich costruì due degli edifici liberty più belli di quella felice stagione artistica italiana. Speziali, classe 1988, ne aveva già raccontata in parte la storia in sue precedenti pubblicazioni: “Una stagione del liberty a Riccione” (Maggioli, 2010) e in “Romagna Liberty” (Maggioli, 2012).
Ora in questo volume Speziali, in un capitolo, ci mette di fronte all’intera produzione architettonica di Vucetich: Villa Margherita al Lido di Venezia del 1921, Villa del Meloncello a Bologna del 1922, Villa Lampo del 1922 e Villa Antolini del 1923 a Riccione, Palazzo Vucetich a Catania del 1930 (assieme al fratello Alessandro).
“Basta avventurarsi in un itinerario che spazia dall’Italia all’estero attraverso le dimore progettate da Mirko Vucetich per comprenderne la genialità e lo spirito di progettazione innovativo (…) edifici immortali quasi come le piramidi per l’anima, l’unicità, la passione e l’amore espresso in quelle pietre che ancor oggi tengono vive lo splendore dell’epoca”.
I fratelli Vucetich approdarono in Romagna, prima a Rimini e poi a Riccione, all’inizio degli anni Venti. Qui, nel 1922, costruirono un villino di famiglia per le vacanze, chiamato Villa Lampo, eretto “in soli sessanta giorni” in un lotto fra Viale Gorizia e Viale Milano in zona Abissinia, in stile giapponese. “Attualmente non ne resta traccia se non nelle foto in possesso degli eredi della famiglia Vucetich e nei progetti conservati presso l’Archivio Storico di Rimini”. Il progetto era di Alessandro, mentre le decorazioni e gli affreschi furono di Mirko. Questi ultimi erano affreschi orientali raffiguranti Buddha e cartigli scritti in giapponese che “invocavano protezione e buon auspicio per gli abitanti”. Il villino venne abbattuto negli anni ’60.
Villa Antolini i vecchi riccionesi la ricordano come la villa degli americani. Essa fu fatta costruire da Dante ed Egle Antolini nel 1923 per le loro vacanze estive, quando rientravano dall’America dove era situata la loro attività economica di import-export. Alla morte dei genitori ereditò la villa Brunilde Antolini che stabilitasi definitivamente in America, la vendette negli anni ’60 alla famiglia De Angelis di Modena, che a sua volta nel 2010 la cedette ad acquirenti di origine venezuelana. “Gli attuali proprietari hanno riportato la villa al suo antico splendore con un importante restauro”.
Villa Lampo fu una specie di biglietto di presentazione per Mirko Vucetich. “In questo mondo dorato di agiati villeggianti che investivano anche in sontuose residenze per le vacanze va inquadrata la costruzione di villa Antolini, la cui progettazione viene affidata al giovane architetto Mirko Vucetich con la richiesta di erigere una dimora dai caratteri moderni e differenti dalle tante altre presenti sul territorio”. Villa Antolini sorse sulla via Litoranea, con la parte dietro che si affacciava direttamente sul mare, nel cuore dell’Abissinia, “la zona di Riccione più esclusiva negli anni venti, a pochi passi dal Grand Hotel e dalle residenze di facoltosi imprenditori e politici del ventennio fascista, centro della vita mondana, ‘città giardino’ per le nobili famiglie che passavano le vacanze in riviera”.
E’ una delle poche dimore storiche rimaste a dar lustro a Riccione, “passata indenne attraverso la guerra, la speculazione edilizia a partire dagli anni sessanta e una certa smania di modernità, che spesso ha portato alla demolizione o a discutibili trasformazioni di molte architetture del passato, e costituisce una pregevole testimonianza della stagione novecentesca tra Liberty e Deco a Riccione”.
Paolo Zaghini