HomeCulturaNoi di Bordonchio, nemmeno frazione e con più storia di tutti


Noi di Bordonchio, nemmeno frazione e con più storia di tutti


24 Luglio 2022 / Paolo Zaghini

Leonardo Neri: “San Martino di Bordonchio. Itinerari storici di periferia” –  Il Ponte.

L’ho già dichiarato più volte, in varie recensioni, che le storie di piccole comunità mi affascinano. E prendendo in mano questo volume mi aspettavo di trovarmi di fronte ad uno di questi lavori, dedicato a Bordonchio, una frazione del Comune di Bellaria-Igea Marina. Ma così non è, o meglio lo è solo in parte. Perché il lavoro di Leonardo Neri, classe 1945, insegnante per oltre trent’anni, consigliere comunale a Bellaria per la Dc dal 1980 al 1985, profondamente legato all’associazionismo cattolico e alla Parrocchia di Bordonchio, è anche molto altro: un bignami di quasi 400 pagine sulla storia del territorio riminese, dalla preistoria ai giorni d’oggi. E in mezzo Neri ci racconta anche storie, episodi, personaggi di Bordonchio.

E lo fa, facendo sue, le parole di Sergio Zavoli che, riflettendo sulla storia, scrive: “Passo dopo passo, la Storia esige non di scrivere e leggere un compendio, ma di raccontare un passato che, a veder bene, non è mai passato del tutto, e di ragionarvi sopra come si fa per le cose che mettono in moto altre cose, continuamente. La Storia, insomma, non è un epitaffio, ma il racconto di ciò che continuamente è sopravvissuto dell’esperienza umana, perciò, destinato ad essere, di continuo, anche il suo futuro”.

Da questa premessa Neri incrocia la storia internazionale, nazionale, riminese e locale in una narrazione che si dipana nei secoli. E’ difficile, se non impossibile, sintetizzare il suo racconto. Mi limiterò a sottolineare alcuni passaggi inerenti la storia locale di Bordonchio, una delle tre frazioni bellariesi, che ha una estensione di quasi due terzi del territorio del suo comune di appartenenza, Bellaria-Igea Marina. “Questa realtà territoriale pur avendo un’indubbia rilevanza storica, è un’espressione geografica che non ha neppure dignità di ‘frazione’ essendo una sorta di rincalzo delle due realtà turistiche di Bellaria e Igea Marina”.
Scrive nella Prefazione Emanuele Polverelli: “Ne esce un testo ricco di informazioni, che debordano in ogni direzione, e che è dura impresa contenere, chiarire, ordinare. Per fare questo, la scelta di Leonardo è stata quella di impostare l’intero libro in forma di domanda e risposta”.

Sui secoli del governo malatestiano Neri scrive: “Queste terre generose dal punto di vista agricolo, munite di mulini e di luoghi rafforzati di difesa, mitigate dalla presenza del mare, ricche di selvaggina e quindi ideali per le elette battute di caccia, risultavano essere le prescelte da molti personaggi della dinastia malatestiana”.

Soffermandoci sui secoli a noi più vicini, negli ultimi decenni del ‘700 i ceti possidenti di Bordonchio e Bellaria cominciarono una discreta bonifica del territorio per liberarlo dalle paludi e dall’intrico del sottobosco. Cominciarono così a moltiplicarsi i filari di viti sorretti dai gelsi (per il baco della seta), dagli olmi, dai pioppi. “I poderi di Bordonchio per la gran parte erano proprietà di facoltose famiglie nobili quasi tutti riminesi (nel 1884 risulteranno le seguenti: Bennicelli, Spina, Battaglia, Nadiani, Giorgetti, Belli, Lettimi, Facchinetti, Delpiano) poi c’erano diverse famiglie che disponevano di modeste proprietà”.

Nel 1824 la popolazione registrata, in 84 nuclei familiari, era di 630 persone: 309 uomini e 321 donne. Nel 1853 Bordonchio contava 804 abitanti e 102 famiglie, quasi tutti dediti all’agricoltura. Dei 43 grandi poteri 10 appartenevano al conte Spina, 19 al conte Bennicelli. Al momento dell’unità d’Italia, nel 1861, Bordonchio e Bellaria contavano 2.921 abitanti.

Nel 1917 il bolognese Ignazio Benelli, facoltoso imprenditore su cui si narravano infinite storie sulle modalità usate per arricchirsi, iniziò ad acquistare numerose possessioni dagli Spina, dai Nadiani, dai Cacciaguerra ed altri sino ad arrivare a possedere un latifondo di quasi 840 tornature, pari a 282 ettari.

Ampia narrazione è dedicata alla pieve di Bordonchio, esistente già nell’VIII secolo. L’attuale edificio di culto fu invece edificato, probabilmente in un luogo non lontano dalla antica pieve, dal parroco di Bordonchio don Antonio Mussoni durante il suo ministero che si svolse, per oltre 40 anni, dal 1765 al 1806. L’inizio della costruzione avvenne nel 1781.

Neri ha potuto accedere per la scrittura di questo volume al ricco archivio storico della parrocchia: “Molti elementi di questa storia passata sono ancora oggi ravvisabili consultando l’Archivio parrocchiale che a partire dal 1665 riporta l’elenco dei battezzati, dei defunti e dei matrimoni con nomi, cognomi e anche soprannomi così come da allora si usa in questi luoghi”.

Un’ampia scheda è dedicata all’opera dell’arciprete don Antonio Benedettini (1881-1997) parroco dal marzo 1913 al 1971.

In fondo al volume un’appendice: “Incontro con gli indigeni”, quattordici interviste a cittadini di Bordonchio che, in qualche modo (nel sociale, nella scuola, nella cultura), si sono segnalati. Fra questi “il pittore bancario: Secondo Vannini” (“Un artista che mentre guarda, non vede, interpreta. Di fronte alle sue opere non bisogna perdersi troppo nella ricerca di proporzioni e fattezze: in esse c’è il baluginare dei colori che crea atmosfere reali evocate come in un sogno e proposte con un candore che mena dritto all’essenzialità dei sentimenti”), “il tecnico per la ristorazione, poeta e attore dialettale: Lorenzo Scarponi” (“Perché hai scelto il dialetto? E’ il dialetto che ha scelto me: io prima di parlare penso in dialetto. Ogni volta che scelgo una parola mi chiedo come potrebbe tradursi quel termine nell’italiano corrente”).

Paolo Zaghini

(nell’immagine in apertura, mosaico raffigurante Bacco-Dioniso nella villa romana trovata a di Bordonchio  – inizio del IV sec. d.C.)