HomeCronacaNon vi piacciono le donne congelate? Alzate il termostato


Non vi piacciono le donne congelate? Alzate il termostato


28 Luglio 2019 / Lia Celi

Fra i tanti consigli che i media ci elargiscono per uscire vivi dall’eccezionale calura (eccezionale per modo di dire visto che, grado più grado meno, sono anni che in luglio e agosto va così), ne manca uno tanto prezioso quanto controintuitivo: tenere a portata di mano un golfino o una sciarpa uso scialle.

Perché è inutile riuscire a reggersi eroicamente in piedi bevendo acqua, mangiando frutta e verdura, aumentando l’assunzione di sali minerali ed evitando di uscire di casa nelle ore più calde (cioè praticamente tutte) per poi entrare in un negozio o al cinema e venire stroncati dall’aria condizionata a palla che in pochi secondi ti fa passare dall’Equatore al Polo Nord, e non quello odierno, intiepidito dal riscaldamento globale, ma il Polo di una volta, quello con gli iceberg e gli orsi bianchi.

Al pronto soccorso nei weekend le vittime del calore sono numericamente quasi pari a quelle del climatizzatore, che ti arriva sul collo tipo ghigliottina con una gelida lama aeriforme e dà lavoro ai virus che d’estate girellano disoccupati in attesa dei primi freddi. Ora, se ti piace che la tua temperatura interna faccia pendant con quella esterna, tutto bene; e in effetti una malattia da raffreddamento è il modo più economico ed ecologico per rabbrividire e battere i denti anche sotto il solleone, consumando solo le energie del proprio corpo anziché l’elettricità che aziona condizionatori e ventilatori, all’insegna della decrescita felice che piace tanto a uno degli alleati del presente governo.

Ma è una scelta un po’ estrema, e almeno non dovrebbe essere imposta dai negozianti e dai gestori delle sale cinematografiche. O dai datori di lavoro. Perché anche in molti uffici la temperatura viene mantenuta intorno ai 18-20 gradi, costringendo gli impiegati più freddolosi e la quasi totalità delle impiegate a tenere nel cassetto qualcosa per coprirsi.

Da noi la situazione non è così estrema come negli Usa, dove la climatizzazione sul posto di lavoro è diventata una questione di genere. Sì, perché è tarata su regole fissate nei primi anni Sessanta, quando nelle banche, negli studi professionali e nelle amministrazioni delle aziende lavoravano soprattutto uomini bianchi. I maschi caucasici americani fisiologicamente in media stanno meglio (e sono più efficienti) a temperature più basse, mentre per le donne è il contrario, una differenza che quasi ogni coppia ha toccato con mano in camera da letto.

In cinquant’anni le donne dietro le scrivanie sono aumentate, ma non i gradi centigradi negli uffici, e recentemente molte professioniste e impiegate americane postano su Instagram la loro tenuta da lavoro estiva, golfino, calze pesanti e plaid sempre pronto nel cassetto, per invocare temperature più inclusive. E sorge spontaneo un dubbio: e se il famoso «soffitto di vetro» che impedisce alle donne di scalare le gerarchie, non fosse di vetro, ma di ghiaccio? In tal caso, più che romperlo, bisognerebbe scongelarlo. Potrebbe essere uno degli aspetti positivi del riscaldamento globale.

Lia Celi