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Perfino i terrapiattisti sono più utili dei no green pass


13 Novembre 2021 / Lia Celi

Ieri, passando vicino all’Arco, dove si erano raccolti i manifestanti «per la libertà» sfrattati dalle piazze dello struscio e dello shopping, ho finalmente potuto sentire dal vivo le loro proteste contro le restrizioni anti-contagio.

Ci vuole un bel coraggio a pretendere la sospensione delle misure che, almeno per ora, ci stanno risparmiando una quarta ondata violenta come quella che sta spaventando Germania, Francia e Olanda. Non mi sorprende solo il rifiuto per ogni tipo di vaccino e perfino della mascherina, vista come emblema di sottomissione e schiavitù, ma anche la voluttà nell’ammantarsi dell’aura di perseguitati e discriminati, tanto da paragonarsi agli internati nei lager nazisti.

Chi sono per loro gli aguzzini? Un’accolita di oscure entità identificate nel pronome «loro». «Vogliono chiuderci la bocca, vogliono toglierci la libertà», tuonava indisturbato l’oratore dell’Arco davanti a un centinaio di persone che evidentemente sanno chi sono «loro», i loro babau preferiti, i poteri forti, le banche, Big Pharma, Bilderberg, i rettiliani eccetera.

Temo proprio che ormai non ci sia più niente da fare: se queste persone finora non si sono convinte che i vaccini, ancorché non privi al cento per cento di rischi (come qualunque farmaco), e il green pass, ancorché fastidioso da portarsi sempre appresso (ma non più della patente quando si guida) sono il male minore rispetto a un nuovo lockdown e a nuovi lutti, non si convinceranno più.

Non mi è facile comprenderli, ma un po’ mi ha aiutato la visione di La Terra è piatta, un documentario sui militanti terrapiattisti americani, disponibile su Netflix. Sbeffeggiati dai media, ripudiati dagli amici e a volte perfino dai familiari, gli oppositori del sistema eliocentrico continuano a credere fermamente di vivere su un immenso disco immobile circondato da un muro di ghiaccio e coperto da una cupola dove il sole e la luna vanno avanti e indietro come pupazzetti in un orologio meccanico.

I terrapiattisti ritengono che la rotazione della Terra intorno al Sole sia una colossale fake-news confezionata da poteri tanto forti da poter stipendiare Copernico, Galileo, Newton, la Nasa e gli insegnanti di ordine e grado di tutto il mondo, e il fatto che la bufala circoli da mezzo millennio è solo la prova che dietro c’è qualcosa di veramente, ma veramente grosso. Così grosso che i babau più gettonati dai complottisti – Soros, Rotschild, Rockefeller e perfino il Vaticano (il processo a Galileo era tutta una finta) – sono solo paraventi.

Ma la parte più istruttiva del documentario è quella che mostra come il terrapiattismo dia senso e socialità alla vita di tutta questa gente – molti single di mezza età che spesso vivono ancora con i genitori -, che riesce così sentirsi parte di una comunità, consolidata proprio dalla diffidenza e dall’irrisione della maggioranza.

Sentirsi emarginati, non capiti, perfino bullizzati dal «pensiero unico» e da una scienza che per loro è solo una serie di diktat autoritari, è un piccolo prezzo da pagare in cambio della possibilità di essere accolti in un gruppo che dà loro identità e protezione, e addirittura li fa arrivare sulle prime pagine dei giornali e nei titoli dei tiggì.

In fondo per toccare con mano la non veridicità della loro tesi basterebbe aprire un libro e leggere qualche dato, ma cosa ci guadagnerebbero? Si disperderebbero di nuovo nella maggioranza silenziosa e avrebbero una vita molto meno eccitante. Credo che per i no green pass sia lo stesso. Alla fin fine l’unica vera differenza fra loro e i terrapiattisti è che la teoria geocentrica, alla fin fine, non manda la gente nelle terapie intensive e magari ti aiuta perfino a capire la Divina commedia.

Lia Celi