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Santarcangelo, il Ciellino e la Pin Up


18 Aprile 2019 / Nando Piccari

Mentre a sinistra è una continua gara a chi si autoproclama “più di sinistra”, diventa sempre meno facile trovare un politico di destra disposto ad ammettere di essere tale. Perfino la Lega, che il 26 maggio si presenterà alleata col fascistume di tutta Europa, non sarebbe «né di destra né di sinistra», stando ad una grottesca affermazione di Salvini; la quale, in quanto a comicità, è superata solo dalla recente trovata dell’ex Papa Ratzinger, secondo cui la piaga della pedofilia nella Chiesa l’avrebbe introdotta il ’68.

Non c’è dunque da meravigliarsi se a questa sorta di “maquillage elettorale” tenta di ricorrere anche l’esimio Dottor Domenico Samorani, già due volte consigliere comunale d’assalto democristian-berlusconiano nella sua Rimini e oggi aspirante “sindaco in trasferta” a Santarcangelo, forte del fatto di conoscere della città non una ma ben due strade: il percorso tortuoso che dal parcheggio dell’ospedale arriva al casello dell’A14 e la SS 16, che invece lo porta dritto a casa, passando per Santa Giustina.

Una candidatura, la sua, arrivata sulla scia di una strumentale campagna di falsità orchestrata da un gruppo di seguaci, blateranti di inventate minacce “di sinistra” al reparto di senologia del Franchini, di cui lui è responsabile.

Consapevole del fatto che il suo “curriculum politico” non gli sia di gran aiuto, Samorani sta così cercando, come si dice, di nascondere la polvere sotto il tappeto, mediante un rumoroso gridare ai quattro venti la sua presunta “neutralità” di candidato civico, che “non è di nessuno, ma di tutti”; in ciò confidando nel fatto che, fuori dall’ospedale, pochi santarcangiolesi sanno chi sia e chi sia stato.

È per questa ragione che tanti di costoro, leggendo il 9 febbraio le cronache della sua “chiamata elettorale alle armi” per liberare la Città Clementina dal giogo comunista, si sono chiesti come mai a quel festante “ritrovo bipatrisan”, formato quasi esclusivamente da non santarcangiolesi, fosse presente l’intero stato maggiore berlusconian-melonian-salviniano, arricchito del servizievole contorno di due frustrati fuorusciti dal PD con alle spalle non poche gratificazioni ricevute da PCI, PDS e DS.

Quel giorno, a rendere omaggio a Samorani era infatti lì convenuto il ghota della destra riminese e provinciale: dal missino Renzi (so di fargli un complimento chiamandolo ancora così), al legaiolo Pecci accompagnato dalla sua deputata spiaggiaiola, costretta come sempre a fingere di capire cosa le stesse succedendo attorno; dal “berlusconiano mansueto” Mignani alle Sindache Tosi e Spinelli le quali, pur essendo un po’ le “gemelle Kessler” del centrodestra di governo della Zona Sud, si ostinano a voler essere chiamate “sindaco” come i colleghi maschi.

Quel simposio ha avuto due protagoniste femminili: una, scontata, la Sindaca bolscevica Alice Parma, contro cui si sono rivolti gli strali dei convenuti; mentre l’altra si è resa coprotagonista di un evento fino ad allora inimmaginabile, ossia il disinvolto scambio di effusioni fra il timorato ciellino, severo fustigatore di costumi, e la sua sponsor numero uno: la sex-symbol Serena Faggioli, alias quella Serena Grandi che – cito Wikipedia – «ha raggiunto la massima popolarità negli anni ottanta e novanta grazie alla partecipazione ad alcune delle più famose pellicole del cinema erotico nostrano, in cui ha modo di mostrare le proprie forme da pin up…diventata celebre interpretando “Miranda” di Tinto Brass», il regista a tutti noto per i suoi film… da educande.

Sulla linea della frivolezza il nostro ha poi costruito i due più impegnativi passaggi della sua campagna elettorale: la battaglia del vino e la diffusione dello zucchero.

Ben sapendo, da medico, che “il vino fa buon sangue”, Samorani ha prima “cazziato” il Comune Clementino per non saper valorizzare la preziosa bevanda; in ciò supportato dal suo concittadino riminese Alfredo Monterumisi, che nell’occasione abbiamo scoperto essere niente-popò-dimeno-che «Ambasciatore Città del Vino d’Europa», salutato nelle sue missioni dal ritocchino ad un celebre motivetto: “È arrivato l’ambasciatore / con la piuma sul cappello; / è arrivato l’ambasciatore / sbevazzando il suo vinello…” . (Ma se tanto mi dà tanto, al mio amico Enrico Santini non dovrebbero forse conferire il “Nobel dell’enologia”?)

Per conferire ancora più forza alla sua “difesa della vite”, Samorani ha poi deciso di farsi confezionare un tot di bottiglie di sangiovese, reclamizzanti la sua candidatura, da regalare in giro per la città. Ma, cosa da non credere, quel vino lo è andato a comprare a Longiano!

Molti hanno riso di quell’autogol, che invece va capito: lui pensava che Longiano fosse una frazione di Santarcangelo, non il Comune che vi confina a sud-est.

Impensierito da quella gaffe, per addolcire un po’ il clima all’interno del suo entourage, Samorani è quindi ricorso ad una trovata che io avevo già conosciuto in una delle mie “scorribande elettorali” siciliane, quando a Marsala un candidato democristiano – il nome non lo ricordo, ma guarda caso anche lui era medico e responsabile di reparto ospedaliero – riempì mezza città di bustine di zucchero a lui innegginti.

Lo sfottò del nostro volantino di allora credo sia applicabile anche a Santarcangelo: Elettrici ed elettori, Samorani sa bene che per votarlo occorre avere un bello stomaco. Per cui confida in quella canzone: “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù / e la pillola va giù / e tutto brillerà di più!”

Nando Piccari