HomeIl corsivoSi dice che a Riccione gli uccelli non siano tutti uguali


Si dice che a Riccione gli uccelli non siano tutti uguali


19 Febbraio 2020 / Nando Piccari

Se nella bistrattata “prima repubblica” qualcuno, durante un comizio, avesse manifestato il suo disprezzo verso le donne costrette ad abortire usando le stesse frasi pronunciate da Salvini il giorno di San Valentino a Roma, si sarebbe senz’altro preso dell’idiota dai suoi stessi sodali politici.

I quali, pur pensandola come lui nel merito, avrebbero avuto almeno l’accortezza di documentarsi prima di aprire bocca, evitando così uno sfoggio di solenne ignoranza con quella ridicola frase: «Il pronto soccorso non è la soluzione a stili di vita incivili». Anche il più dozzinale dei chiamati a gestire la cosa pubblica dovrebbe invece sapere che la legge 194 esclude in modo inequivocabile che il pronto soccorso abbia un qualsiasi ruolo nel complesso iter sanitario per accedere all’interruzione di gravidanza.

Ho sempre considerato – anche se talvolta a fatica – che sia buona norma mantenere la spinta al civile disprezzo per qualcuno entro i limiti del sarcasmo. Per questo mi fa “morire dal ridere” il Salvini che, costruitosi a tavolino la parvenza del bigotto, va sventolando e sbaciucchiando quella strana catenella di perline, a lui sconosciuta fino a che Antonio Socci – uno che vorrebbe “dare fuoco” a Papa Francesco – non gli ha spiegato essere la corona del rosario.

Quando poi, forte del suo “curriculum”, arriva addirittura ad impartire lezioni di etica comportamentale, il sarcasmo s’infarcisce di compatimento: sarebbe come se Rocco Siffredi si mettesse a predicare la castità.

Ma non è solo l’Italia, bensì l’Europa nel suo insieme, a rischiare di ricevere la scomunica per scarsa religiosità dal Priore del Papeete Beach, che qualche settimana fa ha pontificato: «O l’Europa è cristiana o non è Europa».

Non essendo più Europa, il nostro continente si ridurrebbe dunque ad un prolungamento dell’Africa, come tale in grado di minacciare l’Italia. Ossia “la patria” che fino all’altro ieri Salvini irrideva e disprezzava, ma che da simil-ministro dell’Interno ha imparato a difendere strenuamente da orde di nemici feroci, immigrati da ogni dove a “fare la pacchia” nel nostro Paese.

A quell’Europa “orfana di se stessa” ogni “leghista doc” potrà finalmente sputare addosso senza falsi diplomatismi, allo stesso modo di quanto sta facendo in queste ore la repellente controfigura inglese di Salvini (e un po’ anche di Grillo): quel razzista di Nigel Farage, primattore della Brexit in combutta col buzzurro panzone che siede al numero 10 di Downing Street.

Verso costoro il caporione leghista nutre ammirazione e invidia: «Ragazzi, facciamo come gli inglesi! Così mi ha detto un pescatore di Bagnara Calabra». Una gradassata, quella, che ha procurato immensa gioia al suo “compare di merende” Savoini, che pare abbia commentato: “Se anche usciamo dall’euro, cosa sarà mai? Ci resta pur sempre il rublo!”

Tornando allo sproloquio di Salvini contro le donne, da cui siamo partiti, è chiaro come lui, a parte la fidanzata di turno, conosca ben poco dell’universo femminile. Di qui l’inevitabile curiosità di sapere cosa provino le donne della Lega ad avere un capo (o meglio, un padrone) tanto misogino.

Verrebbe voglia di chiederlo al manipolo delle più rinomate legaiole indigene, che però in questi giorni sono in altre faccende affaccendate.

La/il Sindaca/o di Coriano e l’ex collega di Montefiore sono tutte prese, se non ad elaborare il lutto per il misero bottino raccolto il 26 gennaio, quanto meno a rimuovere i cerotti per le unghiate che si sono scambiate in campagna elettorale.

La/il Sindaca/o di Riccione (che però come leghista… non è ancora del tutto sbocciata e per questo s’è offesa quando Bonaccini l’ha chiamata così) deve in questi giorni fronteggiare l’ira delle associazioni ambientaliste, che l’accusano – se a torto o a ragione si vedrà in seguito – di non trattare allo stesso modo tutti i volatili di Riccione, quando nidificano sulle piante. Alla solerzia verso gli uccelli la cui difesa le serviva per contrastare il taglio di alberi durante la costruzione del TRC, farebbe seguito l’odierna indifferenza per gli uccelli del defunto Arboreto Cicchetti, dove presto dovrebbe sorgere qualcosa con ingresso a pagamento.

Intanto però c’è a Riccione un ammiratore della Tosi, tale Pullé, che sta lottando da solo per cambiare “dal basso” la legislazione elettorale, il Diritto Amministrativo e se necessario anche la Costituzione, nel generoso tentativo di averla sindaca/o non per due mandati, come tutti, ma per tre.

A rendere ancora più solo il Pullé, in questa sua titanica impresa, è il supporto che gli proviene dall’Assessora/e leghista con delega al nulla, che essendo anche deputata, confida nel fatto che il Parlamento, dopo tante leggi “ad personam” pro-Berlusconi votate in passato anche dalla Lega, questa volta regali a lei una minuscola “leggina ad bagninam”, che le consenta finalmente di fare bella figura in qualcosa.

E pensare che ci sarebbe un modo semplice semplice per riportare una terza volta la Tosi in Comune. Basterebbe che alle prossime elezioni la destra presentasse come aspirante sindaco un “re travicello” – in Valconca dicono invece “e re ad codga” – tipo quell’assessore che candidatosi alle recenti elezioni regionali, ha fatto fatica a mettere assieme i voti del parentado.

Confidando che questa volta sia più fortunato, per dargli finalmente una soddisfazione lo terrebbero sindaco per qualche mese, dopodiché gli toglierebbero la fiducia che avevano fatto finta di accordargli. A quel punto le elezioni andrebbero rifatte e la Tosi potrebbe “tricandidarsi” senza bisogno di stravolgere l’ordine costituzionale.

Una strada più ardua, ma più redditizia nel caso andasse a buon fine, sarebbe quella di fare una o più macumbe per assecondare le “convergenze parallele” di Renzi e Di Battista (i “gemelli del gol” nella politica italiana), affinché continuino ad aiutare Salvini a tornare presto al governo. Però questa volta non solo come ministro dell’interno, ma come il ministro dell’interno che è prima ancora capo del governo: esattamente come cent’anni fa quel suo predecessore del quale copia spesso nei comizi la giullaresca mimica oratoria e le “frasi storiche” più cretine.

Ecco che allora Salvini, ottenuti i pieni poteri, potrebbe rivolgersi al Parlamento minacciandolo di «di fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli» se non approvasse una legge che consentisse a tutti i primi cittadini graditi alla Lega di poter restare in carica per tre mandati consecutivi: due da Sindaco e uno da Podestà.

Nando Piccari