HomeAlmanacco quotidiano23 febbraio 1941 – Guerra o non guerra Rimini vuole ballare


23 febbraio 1941 – Guerra o non guerra Rimini vuole ballare


23 Febbraio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

“I romagnoli… ànno il ballo nelle vene. In Romagna il ballo è una religione, che sostituisce quella cattolica”; parola di Benito Mussolini (in “E ballando ballando: la storia d’Italia a passi di danza : 1815-1996” di Anna Tonelli, 1998). E siccome il Duce ha sempre ragione, non si sarà stupito troppo per quanto andava accadendo dalle sue parti in pieno conflitto mondiale. 

All’inizio del 1941, sette mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il bilancio delle operazioni militari parla da sé. In Libia si è iniziato con l’abbattere per errore l’aereo del governatore Italo Balbo, numero due del regime ma tanto inviso a Mussolini che nessuno crede alla tesi dell’incidente nel cielo di Tobruk, anche se forse fu effettivamente tale. Poi, dopo una scenografica avanzata nel desero del generale Graziani, gli Inglesi hanno contrattaccato e si sono presi quasi tutta la Cirenaica compresa la stessa Tobruk, facendo prigionieri 5.500 italiani; meno male che sta arrivando l’Afrikakorps di Erwin Rommell. La Regia Marina, certamente l’unica arma italiana in grado di sfidare gli Inglesi (ma senza radar e senza portaerei, grazie alle lungimiranti considerazioni strategiche dei vertici) ha subito un umiliante e disastroso attacco nella sua grande base di Taranto da parte di biplani aerosiluranti britannici; un’operazione tanto ben riuscita che i Giapponesi la prenderanno a modello per il loro attacco a Pearl Harbur. Sul fronte greco, gli ellenici non solo hanno resistito all’aggressione italiana, ma sono passati alla controffensiva e hanno invaso l’Albania. In Africa Orientale i britannici sono alle porte di Mogadiscio (che cadrà il 26 febbraio), ultimo caposaldo della Somalia italiana. E attaccano anche dal Sudan al passo di Cheren per entrare in Etiopia; gli Alpini resisteranno dal 2 febbraio al 27 marzo prima di essere sopraffatti.

L’Impero proclamato il 9 maggio 1936 va già in pezzi. “Vincere! E vinceremo!”; intanto in Italia continuano le restrizioni. Sospesa la fabbricazione di pasticceria fresca, panettoni, gelati al latte; la farina per il pane va miscelata con patate bollite; carne razionata, clienti registrati nelle macellerie; pasta autarchica; crema e burro vanno messi a disposizione del Ministero per “l’ammasso”.

In tale scenario non c’è spazio per le futilità. E’ vero, ci si può ancora svagare nei cinema; ma il successo dell’anno è “I promessi sposi” di Mario Camerini che svela il talento della riminese Dina Sassoli: guerre, pestilenze e prepotenze di chi comanda, l’unica salvezza sta nella Provvidenza. Oppure con le canzonette; però tutti fischiettano “Birimbo birambo” di Natalino Otto che è un pezzo in puro stile swing, quando “Critica fascista” aveva sentenziato: «L’America, con il suo jazz sta soffocando le nostre tradizioni». Ma con l’America per ora non siamo ancora in guerra, a patto di chiamarlo autarticamente “gezz”.

Quello che non si può fare è ballare. Severissime le norme in proposito e la stampa le sostiene a dovere. Come riporta Manlio Masini (“Ballando tra le macerie: Rimini negli anni Quaranta tra avventurieri e segnorine”, Panozzo, 2011), in prima linea dalle nostre parti c’è il Corriere Padano, fondato a Ferrara proprio dall’ormai defunto Italo Balbo.

Il 23 febbraio 1941 il quotidiano esulta: «L’appello lanciato da alcuni giornali perché quanti sono preposti alla tutela della legge intervengano energicamente a reprimere il mal vezzo di alcuni incoscienti, i quali infischiandosi delle giuste disposizioni relative alla sospensione di tutte le feste danzanti non possono assolutamente farne a meno, sembra ottenere buoni frutti».

Cos’è successo? Il fatto è che «non si riesce a comprendere come, mentre tanta gioventù affronta con fede e con eroismo i disagi e i pericoli della guerra per compiere un sacro dovere e conquistare l’immancabile vittoria, qualcuno non riesca proprio ad imporsi un piccolo sacrificio di tenere a freno le proprie gambe e senta l’assoluta necessità di “sacrificarsi” a… Tersicore. E’ triste dove notare qualche episodio anche in questa città, che pure tanti nobilissimi esempi ha dato, e dà tuttora, di alto patriottismo e di fede fascista, e che ha non pochi figli sui campi di battaglia, conta due medaglie d’oro tra i gloriosi caduti, una tra i viventi e numerosi decorati fra gli scomparsi e i viventi».

“Questa città” è Rimini. E Il Corriere Padano addita nomi e cognomi dei Riminesi protagonisti dei “tristi episodi”: «Verso le ore 18.30 del giorno 16 corr., in una casa di via Clodia, venivano sorpresi vari individui, in gran parte giovani, mentre stavano danzando al suono di una fisarmonica. Quali promotori e responsabili della festa da ballo venivano dichiarati in contravvenzione: Patrignani Matilde fu Filippo, di anni 37, Cappelli Mario di Enrico di anni 19 e Montanari Libero di Giuseppe di anni 17. Il Montanari Libero, inoltre, veniva denunciato per aver aggravato la propria posizione col rifiutarsi di fornire indicazioni precise circa le identità personali». 

Sarà che siamo in periodo di Carnevale, ma il Corriere Padano è poi costretto a tornare sul tema: «Dagli agenti di P.S. del commissariato di Rimini è stata elevata contravvenzione a tale Arlotti Armando, fu Alberto, nato a Venezia, residente a Rimini, per aver tenuto nella sua abitazione la sera del 22 corr. una festa da ballo al suono di una radio. La radio è stata sequestrata. Alla festa avevano preso parte le seguenti persone: Padovani Lina in Arlotti di anni 34, Magnani Ivonne di anni 32, Parci Giuseppina di ani 32, Rosetti Giacomo di anni 29, Giovagnoli Attilio di anni 29, De Angeli Vittoria di anni 28, Astolfi Rodecosia di anni 29, Chesino Elfio di anni 27, Grossi Antonietta di anni 28, Santini Giovanna di anni 25, Para Maria di anni 21, Corbelli Bruna di anni 18».

Finita? Macché. Il primo di marzo i lettori del Padano apprendono: «Siamo informati che il terzo caso di festa danzante abusiva è stato constatato dai carabinieri della Stazione principale durante un servizio di perlustrazione in piazza Giulio Cesare nell’abitazione di Augusto Rossi fu Ruggero, dove alcune persone ballavano al suono di un violino e di una chitarra. In seguito alle vigenti disposizioni di legge all’uopo emanate, il Rossi è stato dichiarato in contravvenzione, benché cercasse di scagionarsi».

Amaro il quesito sui destini di Rimini: «Si vuole forse raggiungere un niente affatto invidiabile primato in fatto di danze abusive, in barba alla legge e, ciò che più conta, a dispetto di ogni più elementare norma di civismo, e in contrasto con i più sani sentimenti che pur non mancano tra la nostra popolazione, così sollecita di premure verso i gloriosi feriti che abbiamo l’onore di ospitare?».

Perché ormai diverse colonie colonie marittime sono state riconvertite a ospedali militari e i mutilati fanno triste mostra fra i turisti, che pur continuano ad arrivare. Eppure si continuerà a ballare e più che mai durante la stagione estive del 1941 e ancora del 1942, quando lo stesso Mussolini sarà per l’ultima volta in vacanza a Riccione, mentre Claretta Petacci lo attende al Grand Hotel di Rimini.

(nell’immagine in apertura: Juarez Machado, “The last tango”, 1941)