6 aprile 1797 – A Rimini viene innalzato l’Albero della Libertà
6 Aprile 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Il 6 aprile 1797 a Rimini si pianta l’Albero della Libertà nella piazza della Fontana, cioè l’odierna piazza Cavour. Un altro se ne innalza in piazza San’Antonio, oggi Tre Martiri.
Con l’arrivo dei francesi di Napoleone e il trattato di Tolentino, che aveva sancito il passaggio della Romagna, insieme ad altri territori (Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia), nella nuova Repubblica Cispadana, i provvedimenti sono: l’abolizione della giurisdizione temporale ecclesiastica, del tribunale dell’Inquisizione, dell’abito ecclesiastico; l’imposizione del calendario rivoluzionario; l’obbligo (anche per i religiosi) di portare la coccarda cispadana.
Seguiranno la soppressione delle case religiose con meno di 15 membri, l’alienazione dei loro possedimenti, il cambiamento dei nomi della porte della città che avevano recato sino allora i nomi di santi. A Rimini la statua di Paolo V, poiché rappresenta un pontefice, rischia di essere rifusa per farne cannoni; i cittadini se la caveranno “truccandola” da San Gaudenzo (mettendogli in testa una tiara vescovile al posto della mitria papale), poiché il culto dei patroni locali, espressione della storia civica, per i repubblicani francesi era accettabile.
Ecco come Carlo Tonini nel suo “Compendio della storia di Rimini” narra gli avvenimenti di quei giorni:
“Si vide finalmente innalzato nella città nostra il tanto celebrato Albero della Libertà. Ciò fu la mattina del 6 aprile. Erasi il giorno avanti scavata la fossa, ove piantarlo, pochi passi lontano dalla statua di Paolo V, sulla piazza della Fontana. Ma presosi a mal augurio l’osservarsi disotterrate ossa di morti, e specialmente uno straordinario teschio, si scavò il terreno più oltre verso la strada maestra, ed ivi l’albero fu innalzato”.
La macabra scoperta fu forse dovuta all’antica presenza della chiesa di San Silvestro (di lì a poco lo stesso Napoleone avrebbe proibito di seppellire i morti all’interno delle città e quindi nelle chiese e nei loro pressi, come si era sempre fatto in era cristiana) abbattuta nel ‘500 insieme all’intero isolato che occupava il lato della piazza verso il Corso.
Ma andiamo avanti: “Vi si leggevano in quattro separati cartelli i seguenti motti; «Libertà, Eguaglianza, Amor della Patrio, Premio alla virtù». I Municipali nello stesso giorno fecero dispensare ai poveri della città più migliaia di pagnotte: e le milizie coi patrioti qui dimoranti, dopo di aver percorsa la città stessa al canto del Ça ira e della Carmagnola, e colle grida di viva la Libertà, viva l’Uguaglianza, viva Bonaparte, muojano i tiranni, s’assisero a fraterno banchetto, diviso in due grandi tavole, all’aperto, innanzi al quartiere della Guardia civica, e al suono di armoniose bande musicali collocate in orchestre ivi stesso erette”.
“La sera si rinnovarono i tripudi con fuochi artificiali sulla piazza e con luminarie al palazzo pubblico. Tutti costoro partirono il giorno appresso, e in pari tempo giunsero seicento Polacchi a presidio della città. Si fecero poscia sollecitazioni ai vari ordini de’ cittadini rispetto al pagamento dì una contribuzione di recente imposta. Il 13 furono qui fucilati tre cispadani convinti di rivolta contro lo Stato. E poco appresso fe’ ritorno a questa sua residenza il vescovo M/ Ferretti, permettendoglielo le condizioni dell’ultimo trattato di pace: e quindi, sia per dimostrare la propria riconoscenza, sia per evitare ulteriori fastidi, diede al generale qui stanziato un sontuoso banchetto”.
Tante feste, ma per Rimini dal punto di vista amministrativo arriva una retrocessione: “Poco di poi venne l’annunzio che la residenza dell’Amministrazione centrale era stata trasferita a Forlì: e per conseguenza doveansi dirigere colà le relazioni e le lettere ad essa destinate”.
Rimini tornerà capoluogo del Dipartimento dl Rubicone il 27 luglio di quel 1797; il territorio comprendeva il Cesenate, il Riminese, il Montefeltro e il Pesarese. Ma il 5 settembre 1798, in seguito alla riorganizzazione territoriale della neonata Repubblica Cisalpina, il Dipartimento del Rubicone inglobò i territori del Dipartimento del Lamone che aveva per capoluogo Faenza. Vi fu quindi annessa tutta la Romagna con il confine settentrionale al torrente Sillaro. Nuovo capoluogo fu Forlì.